Il servoscala quale strumento per eliminare le discriminazioni nei condomini

Scritto da Gaetano De Luca il 05-11-2013

97774837Di fronte alla sempre maggiore necessità di rendere accessibili le parti comuni degli edifici condominiali costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche e considerato che la recente Riforma del Condominio – entrata in vigore pochi mesi fa – ha innalzato le maggioranze assembleari per poter installare un ascensore o effettuare altre innovazioni, occorre chiedersi quali siano le migliori soluzioni progettuali e giuridiche per garantire anche alle persone con difficoltà motorie la possibilità di uscire di casa e di utilizzare i servizi condominiali.

Sono sempre più numerosi i casi in cui all’interno dei condomini le esigenze di poche persone con difficoltà motorie non trovano alcuna risposta da parte del resto dei condomini oppure trovano difficoltà di ogni tipo ad essere soddisfatte.

Capita spesso infatti che quando uno dei condomini in una determinata fase della propria vita comincia ad avere difficoltà motorie, fa fatica a trovare l’appoggio dei vicini di casa nella ricerca di una soluzione per rendere accessibili le parti comuni.

Ci si rende quindi conto di essere spesso soli di fronte alla necessità di superare le barriere all’interno del palazzo in cui si vive.

Se è comprensibile che alcuni interventi possano sollevare mille dubbi rispetto al loro costo e al loro impatto sulle parti comuni e quindi incontrare maggiori resistenze (si pensi all’installazione di un ascensore), diventa invece più difficile capire le resistenze che spesso si incontrano di fronte alla proposta di installare un servoscala, specialmente quando il costo della sua installazione viene sostenuto direttamente da chi ha un immediato ed urgente bisogno di rendere accessibile alcune parti comuni.

L’installazione di un ascensore, pur se costituisce la soluzione progettuale migliore per garantire una completa e universale accessibilità di molte parti comuni, comporta spesso la necessità di superare molte difficoltà tecniche e questioni giuridiche complesse.

Inoltre da giugno del 2013 per la sua installazione occorre (anche solo per avere la “semplice” autorizzazione a eseguire l’intervento) ottenere il consenso della metà dei condomini. Insomma non è più sufficiente la maggioranza di 1/3 che era prevista dalla normativa originaria (Legge 13.1989).

Tenendo conto della spesa necessaria, non sempre si riescono a trovare condomini disponibili a farsi carico del costo della realizzazione di un ascensore. Inoltre questo tipo di intervento ha spesso un impatto non indifferente sul decoro architettonico e sull’utilizzo di alcune parti comuni e quindi può creare delle resistenze che si riflettono sull’ottenimento della maggioranza assembleare necessaria.

Insomma, nel caso in cui si scelga di superare l’inaccessibilità delle parti comuni attraverso la realizzazione di un ascensore, il rischio concreto è quello di non ottenere la necessaria autorizzazione dell’assemblea condominiale.

Ecco allora che molti si orientano verso l’installazione di un servoscala. La ragione principale sta proprio nel fatto che per la sua installazione non è necessario ottenere alcuna autorizzazione dal resto dei condomini (art 2 Legge 13.1989).

Questa importante e preziosa agevolazione normativa è bene ricordare come non sia stata in alcun modo modificata dalla recente Riforma del Condominio.

Pertanto oggi l’installazione di un servoscala per superare le barriere presenti nelle parti comuni di un condominio costituisce non solo la soluzione progettuale più rapida ma anche lo strumento giuridicamente più semplice.

Occorre peraltro tenere conto che purtroppo l’installazione di un servoscala non significa la risoluzione di tutti i problemi. Vi sono casi in cui la sua presenza (nonostante la sua installazione sia avvenuta a spese della persona interessata) continua a essere vissuta dagli altri condomini  come un peso. Si pensi ad esempio a tutte quelle situazioni in cui qualche condomino ne contesti la sua pericolosità, arrivando perfino a pretendere che la sua installazione sia accompagnata dalla sottoscrizione di un assicurazione che copra il rischio di eventuali danni a terzi. Oppure si pensi alla pretesa di alcuni condomini di addebitare il costo dell’energia elettrica utilizzata per il funzionamento del servoscala alla persona con difficoltà motorie che lo utilizza.

Si tratta di situazioni che esprimono efficacemente l’atteggiamento di chiusura e pregiudizio che circonda coloro che si trovano ad avere una disabilità di tipo motorio. Questo atteggiamento ha come effetto di creare situazioni di discriminazione all’interno dei condomini, in quanto una persona per poter uscire dal  proprio appartamento e per poter utilizzare le parti comuni è costretto a sostenere costi e a farsi carico di adempimenti,  a differenza degli altri condomini.

Sino a poco tempo fa questa situazione veniva considerata come normale. Anzi si pensava di essere di fronte ad un trattamento di favore nei confronti delle persone con disabilità motorie in quanto gli si consentiva di intervenire sulle parti comuni senza dover ottenere il consenso degli altri.

Oggi però l’introduzione nel nostro ordinamento dei principi di diritto antidiscriminatorio (attraverso la Legge 67.2006 e la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con disabilità) assegna alle persone con disabilità una maggiore tutela, consistente nel diritto di vedersi riconosciuti i c.d. accomodamenti ragionevoli da parte di chi entra in relazione con loro.

Questo significa che il Condominio nel suo complesso dovrà fare il possibile (in termini di ragionevolezza) per venire incontro alle esigenze delle persone con disabilità, predisponendo qualsiasi accorgimento o strumento che possa garantire a queste persone la possibilità di usufruire pienamente dei servizi condominiali e delle parti comuni.

In altre parole il nuovo approccio antidiscriminatorio impone alla società (e quindi anche alle persone che compongono un condominio) di farsi carico delle esigenze delle persone con disabilità. La disabilità viene pertanto considerata come una condizione di cui deve farsi carico il contesto sociale, evitando che i problemi che essa pone siano ritenuti problemi individuali.

Ecco quindi che l’installazione di un servoscala – alla luce dei principi di diritto antidiscriminatorio – può ben qualificarsi come uno degli strumenti (accomodamento ragionevole) che il contesto condominiale è tenuto a predisporre per venire incontro ai bisogni di una persona con disabilità, per evitare che la stessa venga emarginata e discriminata.

La conseguenze di questo nuovo approccio giuridico e culturale sono molto rilevanti. Si potrebbe infatti cominciare a sostenere che non sia più sufficiente semplicemente autorizzare l’installazione di un servoscala, ma che debba essere anche economicamente sostenuta da tutti i condomini, proprio in un ottica di ragionevole accomodamento.

Il servoscala diventa quindi oggi uno degli strumenti per poter ridurre la condizione di svantaggio in cui versano i condomini con disabilità e quindi per poter contrastare la possibile condizione di discriminazione in cui vengono a trovarsi.

Questo nuovo modo di vedere la disabilità (modello sociale) introdotto dalla Convenzione Onu peraltro ci aiuta a trovare la soluzione giuridicamente più corretta in tutti quei casi in cui la normativa speciale è poco chiara o non è sufficiente a fornirci le risposte più adeguate alle esigenze dei condomini con disabilità.

Si pensi ad esempio al caso in cui la persona che ha proceduto all’installazione del servoscala muoia. Cosa fare? Ci sono state situazioni in cui il condominio riteneva legittimo imporre agli eredi la rimozione dello stesso, visto che la persona interessata non c’era più.

Ora, pur se attualmente non esiste una normativa precisa che consenta di tenere il servoscala anche dopo il decesso della persona con disabilità che ne usufruiva in modo diretto, ritengo comunque che, dal punto di vista giuridico, se vi sono dei condomini interessati al mantenimento del servoscala sulle parti comuni, il resto dei condomini non può imporne la rimozione.

Questo mio parere si basa in primo luogo sulla “ratio” dell’intero specifico sistema normativo anti-barriere che consente l’installazione senza il consenso del resto dei condomini, e quindi a maggior ragione ne dovrebbe consentire il mantenimento.

In secondo luogo è proprio il diritto antidiscriminatorio a fornire un ulteriore sostegno normativo in quanto è interesse di tutti i condomini avere un edificio che sia accessibile e non discriminante.

Alla luce di queste brevi considerazioni risulta quindi importante che tutti coloro che abitano in un condominio comincino a sviluppare una nuova consapevolezza, ovvero quella di rendersi conto che non si può più ritenere la disabilità solo un problema di chi vive questa condizione, ma un problema del più ampio contesto sociale, che pertanto deve cominciare a farsene carico.

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