Opere pubbliche: di tutti, per tutti!

Scritto da Giovanni Del Zanna il 15-09-2008

Spesso siamo siamo circondati da cantieri: ampi spazi, pezzi di città, di territorio vengono sottratti per anni, per decenni alla nostra vista, alla nostra fruizione.

La sensazione di disagio, solitamente reale e tangibile, non sempre è associata alla consapevolezza di un’opera pubblica realizzata da tutti e a vantaggio di tutti. CALATRAVA_REGGIO_EMILIA.jpgOrmai abbiamo una visione privatistica: penso solo a casa mia, ciò che è pubblico è “altro”, non mi riguarda, non porta vantaggi alla mia condizione.

Eppure le opere pubbliche – per natura e per definizione! – dovrebbero essere a vantaggio di tutti: migliorano i servizi, i trasporti, le stazioni, le dotazioni della città. Diventano elementi visibili, emblematici del nostro paesaggio (si pensi al ponte di Calatrava sull’autostrada del Sole all’altezza di Reggio Emilia, come si vede nella foto in alto a sinistra).

In ultima istanza dovremmo avere tutti una tangibile sensazione di benessere, di miglioramento della città con servizi e spazi pubblici più fruibili e di migliore qualità.
Tutto questo accade o è un sogno?

Per sognare, ad occhi aperti, a volte basta viaggiare un po’ all’estero.
Anche senza andare troppo lontano – Francia, Spagna, Germania, Austria, Slovenia, per citare solo alcuni Paesi – si scoprono, in modo immediato, piacevole e facilmente percepibile spazi urbani, strutture di uso pubblico in cui stare, sedersi, riposarsi, chiacchierare: spazi puliti, accoglienti, in cui si viene ospitati e non ci si sente estranei. Quale differenza rispetto alla nostra mentalità dove le cose sono “di tutti e di nessuno” e, quindi, vengono tenute in stato di abbandono.

Questa riflessione può essere posta come importante premessa ad un argomento di attualità: l’appena avvenuta inaugurazione del ponte di Santiago Calatrava a Venezia.

Si tratta di un’opera pubblica eccezionale: un ponte moderno, a Venezia, il quarto ponte sul Canal Grande, realizzato da un architetto di fama internazionale in una città unica al mondo.

Eppure, una visione miope della fruibilità per tutti, ha fatto sì che il ponte sia stato concepito in modo da essere non accessibile a tutti, anche in contrasto con le leggi dello Stato.

Colpa dell’architetto! Hanno subito pensato tutti, ma l’architetto Calatrava ha fatto ponti accessibili in tutto il mondo, basta pensare al ponte di Bilbao.

Ma allora, cosa è successo? Di chi è la colpa? Fin dall’inizio – da quando si è visto il progetto del ponte – associazioni e progettisti esperti in tema di accessibilità hanno denunciato il problema, ne è nata una vera e propria campagna di opinione.

La macchina burocratica ha travolto tutto: idee, progetti, riflessioni. Ci sarà un'”ovovia” (una specie di montascale a cabina) che non risolve il problema : perché impiegherà troppo tempo ad attraversare il ponte, perché non permette a tutti di fermarsi alla sommità per vedere il panorama della città.

Quali considerazioni trarre alla fine di questa triste vicenda che vede comunque sconfitta la cultura dell’accessibilità, dell’integrazione dei cittadini, dell’attenzione a tutti, del design for all?
Perché in Italia l’accessibilità continua ad essere una “toppa” da aggiungere, a posteriori al progetto solo per dirsi in regola con le norme e non per realizzare soluzioni fruibili?

Perché le scuole superiori e le università non formano progettisti, tecnici, manager, amministratori, sensibili e formati per mettersi al servizio dei cittadini?
Perché, a differenza di quanto succede all’estero, non sono coinvolti, nei progetti, gli utenti e gli esperti che hanno competenza tecnica?
Molte domande che, come al solito, cadono nel vuoto.

D’altronde quando le opere pubbliche non nascono a servizio dei cittadini, quando le norme sono viste solo come un vincolo, come un impedimento e non come uno stimolo a ragionare in modo diverso, quando l’accessibilità diventa solo un problema di chi usa la carrozzina e non di tutte le persone che possono avere qualche difficoltà, allora abbiamo già perso del tutto il senso del pubblico e non riusciremo più a realizzare spazi e strutture per tutti, di cui si possa dire davvero che sono belle e fruibili.

E voi che cosa ne pensate? Diteci la vostra!

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