Spiaggia accessibile ma battigia vietata: cosa dice la legge e come tutelare il proprio diritto al bagno in mare senza pagare

Scritto da Gaetano De Luca il 27-07-2012

Ogni anno con l’arrivo dell’estate e delle vacanze le nostre spiagge vengono invase da migliaia di turisti desiderosi di trascorrere qualche giorno di relax al sole.
In queste ultime settimane molti giornali e diversi notiziari televisivi hanno riportato la notizia che in quasi tutte le spiagge italiane non viene consentito il libero utilizzo della battigia.
Sarebbero diversi i casi segnalati in cui i bagnini avrebbero invitato le persone presenti nella parte più vicina al mare a non sostare con teli, a non appoggiare i propri indumenti e quindi a spostarsi. Ciò in virtù di regolamenti regionali e comunali che proibirebbero di occupare con ombrelloni, sdraio e accessori simili la fascia di spiaggia destinata al libero transito.
Queste norme regionali e comunali si basano peraltro su direttive di sicurezza emanate dalle Capitanerie di Porto e sono finalizzate a evitare che il tratto di spiaggia più vicino al mare sia occupato da persone e cose che impediscano o intralcino l’eventuale soccorso a chi si trovasse in difficoltà in acqua.
Questi divieti hanno quindi un senso e possono essere comprensibili perché tendono a tutelare e prevenire situazioni di pericolo per gli stessi bagnanti, garantendo al personale di sicurezza presente nelle spiagge di intervenire tempestivamente e senza ostacoli nel caso di bisogno.
Occorre però tenere conto che il loro impatto è molto differente a seconda che vengano applicati su tratti di spiaggia libera oppure spiagge date in concessione a privati per la gestione di stabilimenti balneari.
In Italia infatti oramai le nostre spiagge sono sempre più frequentemente date in concessione ai privati mentre i tratti di spiaggia libera stanno diventando sempre meno.
Questo significa che in molte località turistiche la contemporanea presenza di stabilimenti balneari privati e divieti di utilizzare la battigia pubblica, di fatto, comporta l’impossibilità di godersi la spiaggia a meno che uno decida di pagare i servizi proposti dai gestori dei bagni.
Infatti nei tratti di costa occupati dagli stabilimenti balneari questi divieti rischiano di vanificare il diritto di accesso alla battigia riconosciuto da normative europee e nazionali.
La normativa (art. 11 comma 2 lettera d Legge 15 dicembre 2011 n. 217) ci dice chiaramente che i concessionari devono riconoscere e garantire “il diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione” a tutti e quindi anche a chi non è il proprio cliente.
La formulazione della norma se da una parte è molto chiara e non lascia alcun dubbio sul diritto di attraversare lo stabilimento balneare per raggiungere il tratto di spiaggia più vicino al mare senza dover essere costretti a pagare un biglietto di ingresso, dall’altra crea delle incertezze interpretative rispetto a cosa sia possibile fare una volta raggiunta la battigia. l’espressione “anche ai fini di balneazione“, infatti, lascia intendere che l’accesso alla battigia possa essere effettuato non solo per fare un bagno ma anche per altre attività. Quali? La norma non ce lo dice e questo “vuoto normativo” unito ai vari divieti disposti dalle singole amministrazioni comunali sta creando non poche tensioni sulle nostre spiagge a causa di regolamentazioni comunali molto restrittive che arrivano a vietare in alcuni casi perfino la “sosta”, oltre a ombrelloni, sedie, castelli di sabbia, teli e in generale attrezzature mobili.
Questa contemporanea presenza tra norme che garantiscono l’accesso libero alla battigia e norme che ne vietano la concreta utilizzazione creano una situazione paradossale: una persona rischia di arrivare di fronte al mare senza potersi nemmeno spogliare e appoggiare gli indumenti per godersi un bagno.
Ovviamente questa situazione paradossale può essere superata solo se si decide di diventare clienti dello stabilimento balneare, affittando sdraio e ombrellone o quanto meno una cabina.
Tenendo conto che in molte località marine italiane le spiagge libere non esistono o sono posizionate in luoghi difficilmente raggiungibili e che i prezzi degli stabilimenti balneari sono sempre più alti e inaccessibili  in particolare in una situazione di crisi economica nella quale stiamo vivendo, vi sembra giusto impedire l’utilizzo dell’unica fascia davvero pubblica di spiaggia?
È chiaro che questi divieti sarebbero più comprensibili e meno iniqui se le nostre spiagge fossero libere come in tutte le coste del mediterraneo non italiane. In questo caso, infatti, le persone possono non solo accedere liberamente alla spiaggia ma possono anche concretamente usufruirne rispettando allo stesso tempo l’esigenza di lasciare libera la battigia per motivi di sicurezza.
Purtroppo le nostre spiagge al contrario delle spiagge francesi, spagnole e greche sono quasi tutte “privatizzate” e questo indubbiamente comporta di fatto l’impossibilità spesso di fare un semplice bagno nonostante la legge ne riconosca ugualmente l’accesso libero e gratuito.
Questa situazione peraltro penalizza particolarmente le fasce più fragili della popolazione, come le persone anziane, le persone con disabilità, le mamme in stato di gravidanza, le mamme con bambini nel passeggino, e così via, cui sarebbe ugualmente impedito di sostare con la propria carrozzina, il proprio telo o altra attrezzatura.
È evidente che una persona con problemi di deambulazione ha maggiormente necessità di altre di stare seduta o di fermarsi in riva al mare prima di fare un bagno. Questi divieti valgono anche per loro? Le norme non prevedono particolari deroghe, per cui sta al buon senso dei bagnini fare delle eccezioni e consentire a una persona anziana o disabile di sostare nella battigia tenendo conto della sua particolare condizione.
Se ciò non avvenisse e il bagnino è convinto che tali divieti devono essere applicati indiscriminatamente senza alcuna eccezione, un prezioso strumento legale di tutela è la normativa antidiscriminatoria che in Italia è costituita dalla Legge 1 marzo 2006 n. 67 che espressamente vieta le discriminazioni (dirette ed indirette) in pregiudizio delle persone con disabilità.
In virtù della legge antidiscriminatoria e anche della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità una persona si considera discriminata non solo quando riceve un trattamento diverso e a lui pregiudizievole, ma anche quando viene trattata come gli altri nonostante la sua particolare condizione di fragilità richiederebbe un particolare trattamento che gli consenta di non essere emarginata ed esclusa da un determinato contesto sociale.
Ecco quindi che l’eccezione e la deroga a determinati divieti diventa non solo giustificata ma anche imposta dalla normativa antidiscriminatoria.
È molto probabile che però i bagnini non conoscano bene questa nuova normativa e quindi facciano fatica a comprenderne il senso e la sua concreta applicazione. Occorre quindi esserne consapevoli e avere molta pazienza nel far presente l’esistenza di questi nuovi principi giuridici e culturali.
Nel caso in cui ci si senta discriminati per non aver ottenuto la possibilità di accedere alla battigia e di sostare con la propria carrozzina, la persona interessata può tutelare le sue ragioni utilizzando gli strumenti legali previsti dal nostro ordinamento denunciando il fatto al Comune e chiedendo l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 23 Legge 5 febbraio 1992 n.104, che prevede una multa e la chiusura dell’esercizio da uno a sei mesi nei confronti di qualsiasi pubblico esercizio che discrimini una persona con disabilità.
Nella speranza che nessun nostro lettore debba essere costretto a procedere per vie legali ma che il clima vacanziero e l’ambiente marino possano portare una ventata di buon senso e tolleranza auguro a tutti voi di passare delle serene e felici vacanze.
Buon bagno per tutti!