Una casa di prima classe...

Scritto da Giovanni Del Zanna il 19-01-2011

I “primi della classe” hanno sempre destato una qualche attenzione: stimati dai professori, ammirati e invidiati dai compagni. Così è anche per la “Casa in Classe A”, la prima della classe per quello che riguarda il risparmio energetico.
Benché sia oggetto di ricerche tecniche da più di vent’anni, il tema dell’energia è diventato di stretta attualità grazie alle recenti normative in materia di certificazione energetica (si veda il primo box in basso). Oggi, quindi, che si debba costruire, vendere o affittare una casa, è necessario dotarsi dell’apposito documento, il cosiddetto ACE, sigla che sta per attestato di certificazione energetica.
Capiamo quindi che è importante che una casa abbia una “buona” classe di certificazione, meglio ancora se è in “Classe A“. Questo dovrebbe significare – il condizionale è d’obbligo! – che la casa in questione sia costruita meglio, consumi meno energia e ci faccia risparmiare.
Così, dovendo comprare casa, se ne acquistiamo una di classe “alta”, non solo facciamo una scelta attuale, di “moda”, ma scegliamo una casa di maggior valore, perché nel tempo richiederà costi minori per il riscaldamento.
Per contro, però, chi fa fare la certificazione di una casa esistente (per venderla o per affittarla),
spesso scopre, non senza sconcerto, di averla in classe
G o, al meglio, in classe F.
Come mai? Perché le nostre abitazioni sono spesso così scarse?
Se è ovvio pensare al fatto che edifici “vecchi” non siano dotati di soluzioni tecniche di qualità per l’isolamento, non è altrettanto semplice capire il meccanismo con cui vengono definite le classi energetiche e, concretamente, cosa indicano, quale riscontro concreto possono avere.
Dobbiamo dire anzitutto che il nostro territorio è suddiviso in zone climatiche (si veda la foto a destra e il secondo box in basso),
ovvero in zone calde e fredde. Ovviamente una casa in alta montagna in Trentino, avrà bisogno di più energia, per essere riscaldata, di una casa analoga posta in Sicilia a livello del mare. La classificazione, giustamente, prevede che una casa in “classe A” in montagna possa “consumare” più energia della sua corrispondente al mare.

Un altro elemento importante da conoscere è l’indicatore di “fabbisogno energetico” che viene espresso in “kWh/m2 anno” (kilowatt-ora al metro quadro per anno): unità di misura con la quale indichiamo il consumo annuale di energia (espressa in Kwh come per la corrente elettrica) per ogni metro quadro di casa.
Quando parliamo di classi energeticheda A a G – parliamo infatti di sette soglie in cui viene suddiviso il fabbisogno energetico della casa (per metro quadro): una casa in Classe F consuma indicativamente 5 volte più di una casa Classe A, il triplo di una Classe B e più del doppio di una casa in Classe C.
Prendendo a riferimento la classificazione di Bolzano – una delle prime e al momento quella più diffusa – una casa in classe A deve consumare meno di 30 kWh/m2 anno, quella di classe B meno di 50 kWh/m2 anno, di classe C meno di 70 kWh/m2 fino ad arrivare alla classe G che classifica tutti gli edifici che consumano più di 160 kWh/m2 anno.
Per render più comprensibile e tangibile questa classificazione, possiamo dire che, in termini indicativi, una casa in classe A di 100 metri quadri (con consumo inferiore a 30 KWh/mq anno) comporta un costo (per il riscaldamento) di circa 200/350 euro. Quella in classe F almeno 5 volte tanto: 1.000/1.750 euro.
Indubbiamente l’argomento è alquanto tecnico e per approfondirlo ulteriormente sarebbe necessario entrare nel merito di parametri di consumo energetico, fattori di dispersione e di isolamento, coefficienti di forma del volume della casa e i tanti altri che influenzano la classificazione della certificazione energetica.
Sarebbe importante, però, che tutti riuscissimo a percepire, non solo in termini numerici astratti, ma in modo reale e concreto, le classi energetiche.
E’ questo, infatti, l’obiettivo delle direttive europee che, attraverso la certificazione, vogliono stimolare nei consumatori la sensibilità verso un prodotto – la casa, ma anche un elettrodomestico – che presenta prestazioni energetiche migliori (come nel complesso poco distante da Torino chiamato Casa energia),
in modo che anche i costruttori, e il mercato, si orientino nella stessa direzione, realizzando oggetti con prestazioni energetiche sempre migliori e, quindi, più rispettosi dell’ambiente.

La normativa sulla Certificazione energetica
La certificazione energetica degli edifici è istituita da alcune direttive dell’Unione europea (2002/91/CE 2006/32/CE) recepite in Italia in modo completo nel 2008 (dal Dlgs 115/2008). Il loro obiettivo è di migliorare l’efficienza energetica degli edifici e di ridurre i consumi (viene stimata una riduzione del 9%).
L’attestato di certificazione energetica deve essere redatto in fase di costruzione, compravendita o locazione e deve riportare i dati di riferimento che permettono al consumatore di confrontare il rendimento energetico dell’edificio.
A livello nazionale le normative di riferimento sono:

Le zone climatiche d’Italia
Il territorio nazionale è suddiviso in diverse “zone climatiche” che non dipendono tanto dalla posizione geografica, ma dalla temperatura del luogo. La classificazione è definita in funzione al contenimento dei consumi di energia degli impianti di riscaldamento in base al periodo dell’anno e al numero massimo di ore giornaliere in cui è consentita l’accensione degli impianti.

L’unità di misura che viene usata per identificare la zona climatica di ciascun comune è il “grado-giorno” che equivale alla somma (riferita al periodo di riscaldamento) delle differenze giornaliere tra la temperatura media esterna giornaliera e la temperatura ambiente di 20 gradi.
In particolare:
– zona A: minore di 600 gradi-giorno;
– zona B: minore di 900 gradi-giorno;
– zona C: minore di 1.400 gradi-giorno;
– zona D: minore di 2.100 gradi-giorno;
– zona E: minore di 3.000 gradi-giorno;
– zona F: maggiore di 3.000 gradi-giorno.

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