Hai parcheggiato in divieto e non lo sapevi? Ti tocca pagare...

Scritto da Gaetano De Luca il 21-11-2008

non vedo non sento non parloAlzi la mano chi nella propria vita non si sia mai trovato in difficoltà, non abbia commesso degli errori, sfruttato un’opportunità, creato magari anche dei pregiudizi ad altri oppure sia stato lui stesso danneggiato a causa della mancata conoscenza della legge applicabile in un determinato contesto.
A tutti noi qualche volta può capitare di adottare un comportamento contrario alla legge non con dolo ma inconsapevolmente, perché non sappiamo che agire in un certo modo sia sanzionabile. Nella vita non sono poche le possibilità di essere sanzionati per un comportamento che sino a poco tempo prima non costituiva un illecito e che invece lo è diventato in virtù di una nuova legge che però non abbiamo avuto il modo di conoscere.

Gli esempi possono essere tanti: si pensi alle persone che non sanno che si deve timbrare il biglietto del treno prima di partire, a quanti non conoscono i regolamenti comunali per la raccolta differenziata, le sempre più dettagliate norme del Codice della strada che regolamentano la circolazione dei veicoli.
Il rischio di essere sanzionati è alto anche perché la maggiore complessità della vita moderna ci porta ad affrontare questioni che richiedono la conoscenza di norme sempre più difficili da capire e applicare.

In tutti questi casi, è importante sapere che nel nostro ordinamento vige il principio “Ignorantia legis non excusat”.
Che cosa significa in concreto e di quali regole dobbiamo ricordarci per evitare brutte sorprese?

L’ignorantia legis non excusat comporta semplicemente che ogni norma di legge si reputa conosciuta e diventa obbligatoria per tutti, anche per chi in realtà non ne abbia conoscenza. Ciò significa in parole più semplici che si può essere sanzionati anche in mancanza di una vera e propria volontà di infrangere la legge.
Anche senza dolo o colpa, insomma, non esistono giustificazioni per potersi sottrarre ad un comportamento imposto da una legge.
Per esempio, se una norma introduce da un giorno all’altro il divieto di circolare in una determinata zona e io non lo so, non potrò evitare in alcun modo l’eventuale sanzione anche se la mia “ignoranza” dipendeva dal fatto che nei giorni in cui entrava in vigore il nuovo obbligo ero all’estero.
Il principio ci impone pertanto un vero e proprio obbligo di informazione sulle norme che regolamentano una determinata attività.

Ma come facciamo a conoscere tutte le norme esistenti e che vengono emanate periodicamente?
l’unico strumento autorevole di conoscenza è la Gazzetta Ufficiale in cui vengono pubblicate tutte le leggi dello Stato.
Occorre infatti sapere come la presunzione di conoscenza di una legge (e quindi la sua obbligatorietà) nasce con la sua formale entrata in vigore, che si concretizza con il decorso di un periodo di tempo (la cosiddetta “vacatio legis”) dalla pubblicazione della norma sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Se la legge pubblicata in Gazzetta non riporta un termine specifico, per capire il giorno nel quale entrerà in vigore occorre applicare il termine di 15 giorni (come stabilisce l’articolo 10 delle disposizioni preliminari del Codice civile).

Trascorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione, quindi, qualsiasi legge diventa obbligatoria e in base al principio generale “ignorantia iuris non excusat” nessuno potrà invocare a propria discolpa, per evitare una sanzione, di aver ignorato l’esistenza di una disposizione di legge (come recita l’articolo 5 del Codice penale).

Esistono però obiettivamente delle situazioni in cui il cittadino non è posto nelle condizioni di capire davvero quale sia il comportamento illecito da evitare, come quando un Tribunale si pronuncia in modo disomogeneo a seconda delle differenti interpretazioni date al testo normativo.
Sarebbe impossibile pretendere che tutti i cittadini conoscano tutti i diversi orientamenti dei Tribunali, oppure pretendere il rispetto di una norma la cui interpretazione è poco chiara agli stessi organi pubblici che dovrebbero promuoverne l’applicazione, come quando vengono emesse delle circolari interpretative poco chiare o perfino contrastanti.
In questi casi sarebbe profondamente iniquo e ingiusto applicare delle sanzioni.

Proprio per questo motivo, il principio della inescusabilità della ignoranza della legge è stato “alleggerito” e reso meno rigido da una sentenza della Corte Costituzionale nel 1988 (sentenza 364/1988) che ha stabilito che l’ignoranza della legge è scusabile quando l’errore di un soggetto sull’esistenza o sul significato di una legge sia stato inevitabile, ad esempio per l’assoluta oscurità del testo legislativo o per un disomogeneo atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari.

Ma quando l’ignoranza può essere considerata inevitabile?
Sicuramente non quando è dovuta a un difetto di informazione, in quanto ciascuno di noi – in ossequio ai doveri inderogabili di solidarietà sociale – è tenuto ad informarsi ogni volta che intraprende un’attività.
l’ignoranza è invece inevitabile quando è dovuta a caso fortuito o forza maggiore, quando cioè ricorre un’impossibilità oggettiva ed invincibile di conoscenza o quando ricorre un errore scusabile (per colpa, per esempio, di un ente pubblico che ha sbagliato nell’emanazione di una circolare). In questi casi la persona non ha infatti nessuna possibilità di rendersi conto della illiceità della sua azione, per cui il fatto non gli è attribuibile psicologicamente.

Questa deroga al principio della inescusabilità della legge è stata introdotta in campo penale ma può essere applicata anche in via analogica alle sanzioni amministrative (multe).

Quanto al settore civile, vale la stessa regola: la mancata conoscenza di una determinata normativa in via generale non può costituire una valida giustificazione per sottrarsi ai suoi effetti.
Ad esempio, nessuno può sottrarsi al precetto che vieta la vendita di beni demaniali (come stabilisce l’articolo 823 del Codice civile) allegando il difetto di conoscenza della norma.
Oppure chi ha venduto una cosa non può sottrarsi alla responsabilità per i difetti o i vizi che essa ha, argomentando con la mancanza di conoscenza della disciplina legislativa contenuta nell’articolo 1490 del Codice civile.

Del tutto diversa è, invece, l’ipotesi in cui una persona conclude un contratto in base ad un’erronea valutazione di una situazione giuridica (ritenendo erroneamente ad esempio che si possa costruire su un suolo che ha appena acquistato dove in realtà vige un divieto di costruzione).

In questo caso, il nostro Codice civile attribuisce una certa rilevanza al cosiddetto errore di diritto consentendo a chi è caduto in errore di chiedere l’annullamento del contratto, sottraendosi così agli effetti giuridici vincolanti nascenti dal contratto appena concluso. Qui l’ignoranza sull’esistenza di una legge acquisisce una certa rilevanza perché pregiudica la corretta formazione della volontà di uno dei contraenti. In termini giuridici, si dice che in questo caso l’errore di diritto costituisce un vizio della volontà (come l’errore sulle qualità essenziali della cosa acquistata, il dolo o la violenza).

In ogni caso, perché l’errore di diritto (come qualsiasi altro errore) possa giustificare una richiesta di annullamento del contratto è necessario che esso sia riconoscibile dall’altro contraente (in base all’articolo 1431 del Codice civile) e sia essenziale, ovvero quando sia stato la ragione unica o principale della conclusione del contratto (articolo 1429).

A prescindere dal campo giuridico in cui ci si muove, rimane comunque sempre valido il solito consiglio di informarsi adeguatamente prima di compiere ogni operazione importante, utilizzando non solo i siti internet specifici, ma anche rivolgendosi per un consiglio alle diverse associazioni di tutela.

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