La meta è partire. Storia di un viaggiatore

Famiglia e dintorni

“Mia madre si è sempre raccomandata che in tutte le occasioni sociali fossi garbato, ammodo, educato. Mi ha sempre detto: ‘Sii modestino’” Michele ha proprio un bell’aspetto: un bel granatiere. Sa riempire la scena, tuttavia, il precetto materno deve averlo introiettato profondamente perché, ormai uomo fatto, non incombe mai nella relazione. “Qual è stato – secondo te – il messaggio che la mamma voleva inculcarti?” “Non esporti” “Non darti delle arie, intendi?” “Esatto” “Sì, questo l’ho capito; Ma che c’è di male a cercare d’essere un protagonista?” “Secondo mia madre avrei potuto mettere in difficoltà un’altra persona, magari meno attrezzata, meno fortunata di me” “Uhm; è un’ipotesi. C’è dell’altro, secondo te?” “Forse sì. Magari voleva insegnarmi l’autonomia e l’indipendenza dal giudizio degli altri. Una persona vale per sé, a prescindere dall’approvazione degli altri” “Molto interessante. Brava mamma” “Bravissima, non discuto. Però sono un pochino rimasto condizionato da questa spinta, da questo stimolo tante volte reiterato. Oggi per lavorare, a causa della pandemia, bisogna fare ricorso massivo ai social” “Ebbene? Tu fai spessissimo ricorso a filmati in cui ti auto intervisti e porti il pubblico che ti guarda affascinato ora in Polinesia, un’altra volta in Grecia o in Africa, tanto per citare qualcuna delle mete che proponi” “Lo faccio perché devo, se voglio lavorare ma, credimi faccio una gran fatica a parlare di me, a comparire in video, a organizzare quelle riunioni da remoto che servono ad illustrare le meravigliose mete che suggerisco ai miei clienti” “Pensa alle bellezze che ci regali e gioisci con noi. Ma raccontami, com’è nata in te questa passione?”

Sì viaggiare…

“Mi permetti una citazione? ‘I veri viaggiatori – diceva Baudelaire – partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre ‘Andiamo’, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole’. Questi versi mi appartengono, li sento vibrare dentro di me” “E ti credo. Sono meravigliosi … desideri che hanno forma delle nuvole … che bellezza! Capisco che tu possa provare questa emozione così intensa. Ma da dove comincia? Quando s’avvia la passione per i viaggi?” “Io ho sempre viaggiato, ho imparato dai miei genitori, grandissimi viaggiatori. È in famiglia che nasce il mio amore per i viaggi. Da bambino adoravo tutti i libri di geografia: li consumavo letteralmente, tanto li sfogliavo. Li leggevo a occhi chiusi ormai: li conoscevo a memoria. Immagini e parole si formavano nella mia mente solo sfiorando quelle pagine. E poi ero in grado di recitare tutte le capitali dei Paesi del mondo e sapevo anche riconoscere le bandiere di ogni Stato” “Quali altri libri ti piaceva leggere?” “Soprattutto il Milione della De Agostini di Novara: dentro c’erano vecchissime foto di un mondo che non esiste più. E poi naturalmente i libri di avventura di Verne. Fra questi i miei preferiti sono stati sicuramente Il giro del mondo in 80 giorni e Michele Strogoff il mio mito, e poi ovviamente il divoratore di atlanti e dizionari, Emilio Salgari” “Lui però a differenza tua non viaggiò mai in quei posti esotici che seppe descrivere così bene” “Ma è anche grazie alla sua immaginazione che sì è arricchita la mia, spingendomi a cercare nuovi paesaggi”

L’iniziazione

“Parlami allora dei tuoi primi viaggi” “Nel 1977 ero un giovanottino di 12 anni. A quell’età faccio il mio primo viaggio incredibile” “Dove?” “In Africa Orientale. Più precisamente in Somalia per le vacanze scolastiche.

Papà medico con l’università ebbe vari mandati in Somalia”. “Cominci subito ‘ardito’ eh? L’Africa come prima meta dev’essere stata un bel cazzotto nello stomaco” “No guarda, non me ne parlare. I primi tre o quattro giorni mi faceva schifo tutto. Ho fatto lo sciopero della fame e … della vista. La Somalia è uno dei paesi più poveri del mondo. Tutto quello che vedevo mi faceva stare male.
Avrei voluto disporre di un razzo partorito dalla fantasia di Verne per scapparmene via. Poi, non so come sia stato possibile, all’improvviso sono rimasto fulminato” “Ma com’è successo?” “Come faccio a spiegarmi? Forse m’ha sconvolto quella terra sconfinata con la consistenza di una spiaggia della Versilia e in certe zone sfoggiava un colore rosso” “Come un enorme campo da tennis?” “Macché. Una terra rossa come il fuoco che quasi non potevi azzardarti a guardare senza occhiali. Paesaggi senza orizzonti, popolati da una quantità indescrivibile di bambini e tutt’intorno una luce d’oro. La notte il cielo appariva come non l’ho mai più visto da nessuna altra parte: milioni di stelle, miliardi di stelle, un’infinità luminosa, ammiccante, e ho perso la testa” “e hai trovato il cuore, la passione irrefrenabile”

Le esperienze personali s’avviano e s’intrecciano con il lavoro

“E’ così. Allora mi son detto: Michele tu devi trovare un lavoro in cui il viaggio costituisca il tuo unico impegno professionale” “E ce l’hai fatta in fretta a realizzarlo questo tuo sogno?” “Da quando avevo 24 anni fino al compimento dei miei primi 45, ovvero dal 1989 al 2010 ho fatto i cosiddetti ‘lavori seri’: per le Assicurazioni Generali ho lavorato come venditore; successivamente sono stato impiegato nell’ortopedia – sanitaria di famiglia a Roma, andando a fare sopralluoghi nelle case per trovare soluzioni alle difficoltà che le persone avevano a casa propria” “Non sarà stato facile viaggiare con tutti quegli impegni” “In un modo o in un altro sono stato capace di organizzarmi per fare lo stesso dai 3 ai 4 viaggi l’anno” “Così hai posto le basi della tua impresa ‘Viaggia con Michele’?” “Piano, piano da viaggiatore solitario ho cominciato a accompagnare gruppetti di persone” “Dove?” “Capiscimi bene. Viaggiare è sempre un’esperienza meravigliosa. Ma se tu viaggi ‘protetto’, ovvero andando in luoghi in cui non c’è più niente da scoprire ed in cui l’unico disagio potrebbe essere sorbire un caffè meno gradevole di quello a cui sei abituato, non avverti quell’adrenalina, quella sorpresa che ti procurano posti più selvaggi, quelli ‘dove mai mano umana mise piede’. M’intendi?” “Certo. Quindi accompagnavi gruppi di gente avventurosa, che voleva provare il brivido senza però rischiare eccessivamente?” “Ho fatto anche quello, naturalmente. Se sei attratto da mondi per te culturalmente lontani, devi essere pronto a sopportare un po’ di scomodità” “Qualche meta?” “Presto detto: in Africa, nelle Americhe, in Oriente. Posso dire ormai di conoscere benissimo tutto il Medio Oriente” “Come vi spostavate?” “Soprattutto a piedi o con mezzi di trasporto naturali, quali il cavallo, il mulo, in cammello o altri animali, la barca a remi o a vela, e senza servirsi mai di mezzi meccanici” “Insomma, viaggi sfidanti” “Diciamo da ‘turismo avventuroso’”

L’hobby diventa un lavoro

“Nel 2010 metto a frutto la mia esperienza di accompagnare gruppi. E organizzo tutto da solo: al di là, ovviamente della biglietteria aerea per la quale dovevo per forza ricorrere alle compagnie. Gli itinerari da percorrere, in quali strutture sistemarsi, come viaggiare è sempre stata una mia precisa e specifica prerogativa. Un vero lavoro fatto tailor made. Conoscere il cliente, capire dov’è già stato, da che cosa è attratto, qual è la sua idea di vacanza. Così mi potevo rendere conto se per questa persona, o per questo gruppo di viaggiatori, andare dove di solito la maggior parte delle persone non andava avrebbe potuto, o meno, costituire un’attrattiva” “Mi dici qualche meta?” “Siria, Giordania, Laos, Vietnam. Ci andavo ben prima che questi paesi venissero ‘sdoganati’ ed inseriti negli itinerari per turisti. Paesi scomodi da percorrere, con vie di collegamento spesso impervie. Desideravo che i miei viaggiatori alloggiassero non in alberghi ma in ‘Funduk’ ..” “Abbi pazienza ma non so che cosa sia un … come hai detto?” “Il funduk è un alloggio. L’origine di questo termine è araba. Ma questa istituzione presto si diffuse in tutte le grandi città mercantili per offrire riparo ed alloggio ai mercanti stranieri” “Insomma: una sorta di bed and breakfast antesignano?” “Se proprio vuoi …” “Quello che voglio, caro Michele, è che adesso tu mi faccia sognare con qualche racconto di viaggi fra i più interessanti, stimolanti, curiosi che hai fatto …“ “Va bene, provo a suddividerli per mete e parto dallo Yemen”

Yemen

“Organizzai un viaggio in quella terra posta laggiù in fondo alla penisola arabica, affacciata sull’oceano Indiano; dall’altra parte del golfo di Aden c’è la Somalia. Corremmo un rischio. Ci fu un tentativo di rapimento. Vedevamo attorno a noi un sacco di auto che ci giravano nei pressi con dentro un sacco di gente armata di kalashnikov. Apprendemmo in seguito che alcune persone di un altro gruppo di turisti erano state rapite” “Mamma mia che spavento!” “Abbastanza. Un altro episodio curioso fu quella volta che, ovviamente non invitato, m’imbattei in un matrimonio. M’era già capitato di partecipare a queste cerimonie nello Yemen, di solito però ero stato invitato perché avevo conosciuto qualcuno che m’aveva favorito l’accesso. In questo caso avevamo bisogno di aiuto perché avevamo bucato una gomma della jeep sulla quale viaggiavamo e così fummo costretti a fermarci in un paesino nemmeno indicato sulle mappe. Attorno a noi c’erano tante case bianche con l’intonaco a calce. Provavo una sensazione strana: c’era una luce particolare. Era pomeriggio e dal deserto stava salendo la nebbia. Sento una musica, il suono è forte, lo seguo, e un po’ sconsideratamente entro in una casa e piombo letteralmente dentro una stanza. Rimango basito: mi sento all’improvviso addosso lo sguardo di una cinquantina di uomini, tutti armati, seduti in terra sopra un vero e proprio tappeto di Kat” “Che cos’è?” “Il kat sono foglie che gli indigeni masticano per non sentire la fatica e la stanchezza” “A quel punto che succede?” “Mi presento e partecipo alla cerimonia. Era un matrimonio importante. Lo sposo era un figlioccio del presidente dello Yemen” “Tutti quegli uomini armati? Neanche una donna?” “Gli uomini in quelle cerimonie, in ogni circostanza pubblica, sono separati dalle donne” “Restarono separati anche quando si aprono le danze?” “Sì. Comunque, fu bellissimo”

Vietnam

“In Vietnam mi successe di dover andare a recuperare un mio viaggiatore che s’era cacciato in un bordello di infimo ordine, al confine con la Cambogia. Il pazzerello era in fregola e nonostante tutti gli avvertimenti di stare attento ad avventurarsi da solo in posti assai poco raccomandabili, voleva a tutti i costi sperimentare l’ebbrezza del sesso con un’orientale. Ma s’era andato a cacciare in un bel guaio. L’ho trovato che stava in un posto dove sorgevano capanne di paglia, gremite da persone macilente, sulle rive del Mekong, dove quel tizio, una volta derubato di tutto, avrebbe potuto andare a finire se non l’avessi recuperato” “Qualche altra esperienza questa volta udibile anche da orecchie virginee?” “La straordinaria esperienza dei massaggi fatti da ciechi, a Saigon” “Vedi. Tu l’hai sperimentato di persona. Io l’ho solo letto in un bellissimo libro pubblicato da Sellerio. ‘I maestri di tuina’” “A proposito di libri, proprio in quel viaggio lessi Terzani: Pelle di leopardo. Lì descrive i tunnel dove i vietcong si nascondevano e talvolta li trasformavano in trappole mortali, riempiendoli di esplosivi e altri marchingegni micidiali. Io li ho visti. Agghiaccianti”

Laos

“In questo paese bellissimo ho sostato in occasione di un viaggio, in un barettino, un semplice chioschetto. Pensa che fantasia che ha avuto il gestore di quel locale!” “Che ha fatto? T’ha offerto uno spritz?” “Spiritoso! Da bombe inesplose aveva ricavato dei divani dove mi sono seduto comodamente a riposare sorseggiando in pace la mia bibita. Sempre in quel paese m’è capitato di risalire in barca un affluente del Mekong. Ad un certo punto m’imbatto in un villaggetto davvero magico, dimenticato da Dio e dagli uomini. Veramente affascinante. Ci abbiamo passato due giorni”

Nepal

“Un altro paese indimenticabile è il Nepal. Qui mi porto dentro il ricordo del canto dei monaci che ti risvegliano al mattino. Poi, sorseggiando un improbabile caffè, però bello fumante, in quel gran freddo, appoggiato al terrazzino, vedo il sole sorgere mentre i monaci continuano a cantare. In quel viaggio ho visto l’Everest e mi son commosso” “Ma come, un uomo grande e grosso si commuove così? Ti facevo più forte e rude” “Caro mio: per me la commozione nasce dall’essermi accostato a tanti posti così incredibili, così remoti rispetto al nostro quotidiano” “Che bello: tu allora non ti commuovi, ti muovi!” “Non ho capito” “Chi scoppia a piangere, sopraffatto dalla commozione, spesso resta immoto. A te questo non capita. Anzi t’attizza verso nuove avventure”

Giro del Messico, Guatemala, Belize

“Da vedere assolutamente è tutto il centro America. L’ho percorso tutto coi mezzi locali. Ho attraversato la foresta del Peten in Guatemala: è un’immensa pianura tropicale ricoperta da una foresta lussureggiante e attraversata da fiumi e laghi. È qui che si trova il famoso Parco Nazionale di Tikal, dalla straordinaria vegetazione che in parte nasconde e in parte protegge le vestigia maya. Una volta percorrendola in autobus, fummo bloccati dall’esercito che cercava terroristi. Ci perquisirono tutti e non c’era da fare tanto gli stupidi. Quei soldati avevano troppa dimestichezza col grilletto del mitra ed erano fin troppo esasperati per la guerriglia. Ci urlano di tenere le mani in alto, di tirare fuori i nostri passaporti ed i documenti di viaggio. L’atmosfera, ti assicuro, era piuttosto pesante. Io riesco a mantenere un atteggiamento scanzonato in modo ‘giusto’, senza eccessi, quel tanto che è bastato ai soldati per guardarci con un po’ di simpatia e a permetterci di proseguire il nostro viaggio senza alcun problema. Un’altra volta, e questa te la devo dire per forza, siamo italiani, per noi il mangiare è un piacere, ebbene, arrivati a Playa del Carmen, in Messico, affacciata sul Mar dei Caraibi, siamo andati a pesca di barracuda che poi abbiamo regalato ad un ristorante sulla spiaggia e li ha cotti alla brace. Una squisitezza!”

E per finire qualche chicca

“Ho visto una volta una cerimonia di guarigione di una curandera in Guatemala: aveva disposto davanti a sé Coca Cola, candele e un galletto da sgozzare per il sacrificio. Una specie di rito sincretistico: cristiano precolombiano. Ah, e poi ti voglio raccontare questa che è proprio divertente: a san Juan de Jamura, nelle Filippine, ho visto dei fedeli disgustati dal non essere stati esauditi nelle loro preghiere, voltare le statue dei santi con la faccia contro il muro. Come dire: non avete voluto vedere la nostra sofferenza? Ebbene: d’ora in avanti restate a fissare il muro davanti a voi”

“Dovresti andare una volta in un’oasi del deserto e provare a staccare i datteri dall’albero, così, semplicemente mentre cammini” “Li conosco i datteri” “Sì, quelli delle scatolette. Tu prova a mangiartene uno, staccato dalla pianta, in quel contesto lì, poi dimmi se è la stessa cosa” “Com’è dormire nel deserto?” “Dipende: quando infuria la tempesta di sabbia che rischia di portarti via, con la sabbia che entra dappertutto, sei terrorizzato. Quando splende la luna e tutto è silenzio attorno a te, solo qualche miliardo di stelle a farti compagnia è una cosa meravigliosa” “E al risveglio? Cappuccino e brioche?” “No, molto meglio: pane non lievitato cotto sotto la sabbia, da mangiare con l’olio e il peperoncino, come fanno i cammellieri. Credimi, davvero molto ma molto meglio!”

“Dopo colazione una volta partimmo per un trekking sulle dune. Il percorso durava dieci giorni. Ad un certo punto arrivammo ad un vecchio fortino della Legione Straniera: da lì scorgiamo l’oasi laggiù in fondo, ecco che ci appare la nostra meta. Sostiamo pieni di suggestione, pensa, dagli spalti di un fortino della Legione. Come non sentirsi col kepì in testa un po’ Jan Paul Belmondo che scruta nel deserto e predispone l’ultima difesa contro i berberi avanzanti? Persi in questo sogno, dapprima impercettibilmente poi via via più deciso ci arriva il rumore, il frastuono prodotto da motorini scoppiettanti. Dopo tanto silenzio, vengo strappato via dal sogno in cui m’ero perso e mi sento scaraventato nel centro di una nostra metropoli”
“Mi chiedi se ho mai visto un miraggio durante i miei trekking nel deserto? Se percorri quelle dune a piedi o ancor di più, seduto mica tanto comodamente sopra un cammello, sei sopraffatto dal moto ondulatorio sussultorio del suo procedere, non è un caso che i cammelli siano chiamati ‘navi del deserto’: ci si ballonzola su come su una barca in tempesta! Perdi in fretta la consapevolezza di chi tu sia e di dove tu ti trovi. Sei in preda a un torpore, tutto fasciato dal turbante, ben coperto tutto il corpo con grandi occhiali da sole che ti proteggono dal riverbero, sei in una sorta di dormiveglia. Il calore fa danzare le immagini davanti a te, tutto sfuma….” E il naufragar m’è dolce in questo mare di suggestioni di viaggi meravigliosi.