“L’effetto domino”
Isabella Cicciola
La Storia
“Papà, lo sai vero che cosa ti ho preparato per cena stasera?” chiede la signora Isabella al padre ancora turbato per la scomparsa della moglie. E’ passato un anno ma la ferita non si rimargina. Il maresciallo dei Carabinieri in pensione guarda curioso la figlia. “Papà: la focaccia di Altamura ti ho preparato” “Io sono nato ad Altamura” fa il maresciallo. “Mio padre non riesce ancora a riprendersi del tutto.” – mi dice la signora. “D’altra parte è stato lui che ha trovato mia madre, sua moglie, addormentata su questa poltrona. Serena, in pace, composta con la copertina sulle ginocchia. Ma se n’era andata”.
La signora Isabella è un’ostetrica che opera in un ospedale pediatrico da 30 anni. Secondo me il suo è il mestiere più bello del mondo. Glielo dico e aggiungo: “Lo sa che una delle mie figlie è nata con l’assistenza di un’ostetrica maschio? Eppure, per quanto allora pensassi che la cosa fosse un po’ buffa, ho un ricordo bellissimo di quella persona che s’era totalmente dedicato a mia moglie. Perorava la sua causa meglio di un avvocato in tribunale!”
“Guardi, le donne sono forti, formidabili. Tuttavia durante il parto hanno bisogno di essere circondate da un po’ d’attenzione che solo persone con decise capacità empatiche e comunicative sanno fornire. Una volta bastava tanta esperienza, tanta pratica. Oggi in tutto il mondo si pretende, a ragione, una preparazione teorica e scientifica universitaria seguita poi da un lungo periodo di specializzazione”.
“Dov’è nata signora? Si ricorda chi l’ha fatta nascere?”
”Sono nata in Sardegna: ad Orosei. Non dimenticherò mai quell’ostetrica locale che aiutò mia madre a partorire. Non aveva nessun titolo di studio, nessuna qualifica professionale. Aveva solo l’esperienza d’aver fatto nascere migliaia di bambini”.
“Orosei? Ma suo padre ha appena detto di esser originario di Altamura e anche lei non ha affatto un accento sardo”.
“E’ vero. Mio padre però era maresciallo proprio lì. E lì mia madre era rimasta incinta. La prima volta che le successe volle tornare a partorire a casa, in Puglia. Purtroppo a causa dei disagi della traversata fatta al nono mese, ormai prossima al parto, perse il bambino. Sicchè quando rimase di nuovo incinta, decise che io sarei nata ad Orosei.”
Isabella mi mostra la foto di sua mamma: bellissima, incinta di pochi mesi, abbigliata con un abito tradizionale sardo. Nonostante la signora m’abbia prima esplicitato le origini di Altamura di entrambi i suoi genitori, la foto che mi mostra, in bianco e nero, appena ingiallita, mi porta là, in quel magnifico golfo di Orosei. “Non so, nel cuore di certo ho conservato qualcosa di quella terra magnifica: lo sa che mentre nascevo, la figlia di quella meravigliosa ostetrica che aiutava mia madre, nella stanza accanto festeggiava le proprie nozze? Sono nata nel bel mezzo di un grande festeggiamento. E qualcosa di quell’atmosfera gioiosa, scandita dai loro canti, mi piace pensare che mi sia rimasto dentro al cuore”.
“In fondo ha ragione. C’è qualcosa di sardo che risuona dentro di me. Quando mi sono sposata sono andata in viaggio di nozze proprio ad Orosei. E lì ho incontrato la ragazza, ormai diventata donna e madre, che si stava sposando mentre io nascevo.” “E l’ostetrica?” faccio, curioso. “Era diventata cieca, molto anziana e malandata. Ma c’era ancora. E l’ho abbracciata forte forte.” Adesso la Signora Isabella riprende la foto della madre. La somiglianza fra le due donne è incredibile. “Non è strano” chiedo “che i sardi, così orgogliosi, tradizionalisti, riservati abbiano concesso a sua madre che proveniva da un altro mondo, d’indossare un abito proprio della loro tradizione?” “Non so,” – mi risponde cortese la signora Isabella: “Vede, mia madre aveva una grande capacità di adattamento, di amalgamarsi in qualunque ambiente. Dove andava, sembrava ci fosse nata. Tutti l’accoglievano e lei, di suo, sapeva legarsi al prossimo con tanta semplicità e calore. Non si sentiva straniera mai, da nessuna parte. ”
“Se capisco bene, signora” m’inserisco “ c’era come un circolo virtuoso che s’instaurava fra sua madre e i suoi, come chiamarli, ospiti? Quanto più loro l’accoglievano e le facilitavano il radicamento nel territorio, tanto più sua madre di dimostrava aperta e disposta a farsi penetrare dagli usi e costumi di un’altra cultura, diversa dalla propria d’origine.” “Sì, è proprio così” mi conferma la signora Isabella: “ Mia madre è stata una donna di grande sensibilità. Aveva pazienza, sapeva ascoltare con gli occhi e sentire l’altro non solo con gli orecchi ma con tutta se stessa. Era capace di creare legami profondi, intensi, di lunga durata. Per me è sempre stata un grandissimo punto di riferimento, una base sicura”.
.” “ Ha studiato Bowlby?” “ Sì davvero.” – esclama e continua: “ John Bowlby, proprio lui che ha elaborato la teoria dell’attaccamento. La pediatria, la psicologia dello sviluppo evolutivo hanno, grazie a lui, avuto un grande e significativo sviluppo.” “Sì anch’io ho studiato il suo libro intitolato così efficacemente “Una base sicura”. Anch’io ho imparato quali devastanti effetti abbia crescere e diventare adulti senza avere avuto accanto una madre accudente.”
Lo studio certamente: questo è stato la grande maniglia a cui la signora Isabella s’è attaccata per sviluppare un percorso di crescita e sviluppo molto spesso attraversato da lutti strazianti e dolorosi. Non s’è certo limitata allo studio della propria disciplina. Ha studiato ginnastiche mediche e pratica le arti marziali. Oggi è laureanda in psicologia con una tesi che discuterà la prossima estate sulla medicina tradizionale cinese. La sua focalizzazione consiste nel valorizzare l’incontro fra le terapie occidentali e quelle orientali. E qui la signora Isabella mi parla della self efficacy e delle convinzioni limitanti e di come sia importante trasformarle in convinzioni potenzianti. A me, uomo di formazione, mi s’allarga il cuore. Il tema del cambiamento ha reclutato un’altra protagonista, una straordinaria professionista.
“Vede” mi fa convinta “Più della lotta fa l’accoglimento, l’accettazione. Questo non significa che mi faccio mettere i piedi in testa, che accetto l’opinione del più forte. Ma è nel confronto e non nel conflitto che trovo gli spunti necessari per progredire, per crescere. Se assecondo il mio interlocutore invito lui e me stessa a ricercare il cambiamento, che è condizione di crescita e sviluppo.” Non ha finito: “L’equilibrio è fonte di benessere. L’equilibrio è dinamismo: non è possibile mantenerlo se non applicando impercettibili e continui movimenti. L’equilibrio è l’opposto della staticità, dell’immobilismo. Equilibrio è avventurarsi verso la scoperta di territori inesplorati.”
Per l’appunto il suo dinamismo ha fatto sì che questa donna minuta, apparentemente fragile, in realtà di ferro, diventasse Vice presidente della lega italiana per la lotta contro l’aids cama lila. “L’Aids è una piaga terrificante: i suoi effetti sulle coppie che hanno messo al mondo bambini sieropositivi sono fonte di grande preoccupazione. Alcuni dei bambini infettati muoiono presto, altri molto di più. Addirittura potranno condurre una vita normale pur con qualche precauzione. La sieropositività ha compromesso il loro sistema immunitario che potremmo dire è in questi soggetti molto provato. Tuttavia la scienza oggi permette di stabilizzare queste persone a patto che prendano farmaci per tutta la vita. Morranno d’altro, non più di Aids. Una vita comunque sempre all’erta.”
“La famiglia in questi contesti” – continua “è il nucleo fondamentale dove si radica l’accettazione profonda dell’attenzione alla cura. Ma l’Aids rispetto ad altre problematiche invalidanti, conserva una squalifica sociale enorme. E’ questo l’aspetto su cui noi operatori, fra l’altro, dobbiamo porre attenzione. Educhiamo le famiglie sieropositive a parlare con i propri bambini infettati. Le esortiamo ad avere con loro un atteggiamento esplicito che sia in grado di motivare il senso della cura. Senza questo impegno, sovente con l’adolescenza, i giovani rischiano di perdersi”
La signora Isabella interpreta in profondità il senso della sua disciplina. Alla fine della nostra chiacchierata mi dice: “Vede, il lavoro dell’ostetrica è un privilegio. Socrate attraverso domande apriva la porta ad altre domande. In questo modo permetteva al suo interlocutore di crescere. Così la partoriente mette al mondo un nuovo individuo che potrà beneficiare della sapienza passata solo nella misura in cui, venuto nudo al mondo, saprà imparare ad imparare.” L’ottimismo di fondo e la benevolenza verso tutto il creato che questa donna sa ispirare fanno nascere in chi l’ascolta la voglia d’imitarla.
Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.