Maitunata Molisiana

Antonio Tonti

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La Storia

La settima storia che vi raccontiamo, presente nel libro di Marco David Benadì “Su e giù per la vita. Storie di uomini e donne straordinariamente ordinari”, è dedicata ad Antonio Tonti, uomo di sorriso e di ironia, classe 1929.

Antonio è “…come l’ha definito il suo genero, il Benigni del Sannio, e anche se è un po’ segnato dai suoi ottantasei anni, ha una rapidità di battuta e di parole incredibili.”

L’intera famiglia di Antonio accoglie l’autore nella sua casa a Rionero Sannitico, un piccolo paese aggrappato alla montagna, non lontano da Castel di Sangro, Isernia. Si accomodano in salotto, dove Tonino, vestito a festa, inizia il racconto della sua vita tra aneddoti, storie, battute e canzoni:

“… ha una tale voglia di raccontare e cantare che mi fa pensare avrebbe potuto fare il comico o l’intrattenitore se non avesse preso un’altra strada di vita, altrettanto impegnativa, di lavoratore e padre di famiglia. Dietro il suo abito formale si nasconde uno straordinario giullare che mi travolge, mi entusiasma e mi commuove.”

Antonio racconta di essere sposato con Rosa da sessantuno anni: si è fidanzato quando la moglie era quindicenne, negli anni cinquanta, e oggi hanno tre figli, sei nipoti e due bisnipoti. È questa la sua felicità: l’affetto della famiglia, per la quale ha sempre lavorato molto, facendo sempre tutto per amore.

Il racconto prosegue con alcuni aneddoti legati alla sua giovinezza, al suo matrimonio con Rosa, ai suoi tanti mestieri:

“Fa il venditore di mobili e il falegname […] poi il macellaio e il portalettere, come suo padre Edoardo. Si ricorda anche di un altro mestiere, in cui è stato particolarmente bravo e per il quale non ha mai avuto nessun problema con i clienti, come dice sorridendo: «Nessuno si è mai lamentato, ma mai, mai. Andava molto bene il lavoro quando vendevo le casse da morto».”

Con la sua voce e il suo spirito Antonio riesce a creare sempre un’atmosfera divertente intorno a sé, tanto che è difficile accorgersi della sua maculopatia, una patologia progressiva che provoca la perdita della visione centrale. È infatti lui stesso a rivelarlo:“«…Io non leggo, non scrivo, non riconosco la gente e non guido la macchina, sono praticamente cieco, ma non si vede».”

Chiacchierando ancora, il discorso si sposta sulle tradizioni e le usanze più importanti del Molise, come ad esempio la Maitunata:

“…una tradizione folkloristica che si celebrava la notte di Natale oppure a Capodanno: gruppi di paesani cantavano per le strade e portavano gli auguri alle famiglie in cambio di qualcosa da mangiare o per qualche soldo. ‘E cantacela, cantacela’, incitano tutti […] Che bello, quando entra è travestito con cappotto, cappello e sciarpa che gli copre metà viso come se fosse dicembre, con la neve e gli orsi polari fuori. E quando improvvisa la Maitunata, inserisce nel testo tutti i personaggi e i nomi della sua famiglia. Si faceva così ed è molto bello.”

Oltre alla Maitunata, Antonio racconta che la cosa più caratteristica del Molise è l’ospitalità, un’attitudine rimasta integra nel tempo, nonostante nel suo paese siano rimasti ormai in pochi:

“…«Qui a Rionero non c’è più nessuno» dice Antonio. Dopo la guerra molta gente è emigrata per lavorare altrove. «Eravamo duemilacinquecento, ne siamo rimasti nemmeno mille», quasi tutti anziani.”

Antonio è un cuore contento, sembra che niente lo turbi, ma in realtà è così sereno perché ha un segreto:

“«…non devi mai pensare a quello che è successo, devi lasciarlo andare, non ci pensare; se ci pensi, non vai mai avanti, noi invece con la preghiera e la volontà siamo sempre andati avanti.» Si vede che la fede gli ha fatto bene, insieme alla saggezza e all’ironia. […] In questi cuori si sente la pace che viene da una fede profonda. Sì, questa casa è in pace.”

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Tra aneddoti e canzoni, il tempo insieme ad Antonio e alla sua famiglia scorre veloce, e arriva anche questa volta il momento dei saluti:“Quando alla fine cominciamo a salutarci e abbracciarci, Antonio mi chiede di avvicinarmi e porgergli il palmo della mano. […] Ci disegna sopra con un pennarello e mi dice:
«Questa colomba è un ricordo dei tempi in cui mio padre andava a portare la posta, durante la guerra. Ogni settimana arrivavano le lettere dal fronte, dei padri, dei mariti, e se non arrivavano le madri con i bambini erano preoccupate. Così mio padre disegnava questo uccellino sulle loro mani ed era l’augurio e la speranza che la lettera sarebbe arrivata presto». […] Non avevo idea che anche qui, nella nostra Italia, qualcuno mi potesse salutare in questo modo così personale e significativo. […] Ci salutiamo così. Come gli indiani. Come molti anni fa. Vieni, dammi il tuo palmo.”
L’intera storia dedicata ad Antonio Tonti è nel libro “Su e giù per la vita. Storie di uomini e donne straordinariamente ordinari” di Marco David Benadì, edito da Baldini&Castoldi.
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Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.

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