Nacque “Secondo” ma non lo fu a nessuno

Secondo Ghelli raccontato da suo figlio Mirco

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La Storia

“Mio padre Secondo Ghelli nacque a Medicina il 18 agosto 1920” “Era il secondogenito, vero?” “Proprio così mio padre nacque subito dopo suo fratello e a sua volta ne precedette altri tre” “Le famiglie d’una volta erano davvero numerose” “In campagna questa era l’unica possibile ricchezza. La famiglia di mio padre era poverissima” “Anche nella condizione dei mezzadri toscani c’era bisogno di braccia ma quando il podere non era grande abbastanza, troppi figli significavano ancora più miseria” “Già, ed è per questo forse che nelle nostre campagne ogni tanto s’incontra qualche persona che si chiama Ultimo. Un nome che è un programma, non le pare?”

“Ah di sicuro! Chiamare Ultimo per l’appunto l’ultimo nato voleva proprio significare un basta grosso come una casa. Una volta capitò, perlomeno così m’ha raccontato mia nonna, che a un suo zio dopo Ultimo nacque ancora un figlio” “Ah sì? E come l’ha chiamato?” “Daccapo!” “Certo che voi toscani …” “Come diceva Malaparte, i toscani non son buoni nemmeno da fumare. Bisogna spezzarli a metà” “Beh, anche qui in Romagna si trovano tipi bizzarri e pieni di fuoco” “Ci credo: le tradizioni anticlericale e socialista con un po’ di vena anarchica hanno dato vigore e colore a questa terra. E suo padre com’era?” “Papà era un uomo tranquillo, vigoroso, deciso ma pacato. Era anche molto ascoltato per la sua saggezza”.

Cosi comincia a raccontarmi di suo padre, il signor Mirco, papà di Massimo a cui devo questo incontro. Mi riceve nel salotto della sua bella casa da dove scorgo nello studio a fianco, vicino ad un’arpa, una chitarra ed un banchetto per i primi disegni dell’adorata nipotina. “L’arpa. Accipicchia: uno strumento davvero impegnativo. Chi la suona?” “Mia moglie” “E lei suona la chitarra?” “Sì ho cominciato a studiarla. Tutti e due cantiamo, siamo andati tanto in giro a fare concerti. Oggi però riserviamo queste esibizioni solo a nostra nipote”

“Guardi, le ho preparato un breve riassunto della vita di mio padre. E ho anche raccolto delle foto, dei diplomi e delle testimonianze su di lui. Ma andiamo con ordine. A 19 anni mio padre deve andare a fare il soldato” “Che anno era?” “Il 1939” “Ma c’è la guerra!” “Per gli italiani ancora no. Mio padre lo richiamano a novembre per fare il militare in artiglieria e lo mandano a fare il CAR a Modena” “Un paio di mesi prima però era scoppiata la guerra per l’attacco tedesco alla Polonia e l’Italia già in aprile aveva invaso l’Albania” “Sì e a marzo i tedeschi avevano occupato la Cecoslovacchia. Poco dopo Mussolini firma il Patto d’Acciaio con Hitler. Mio padre, senza nemmeno ripassare un momento da casa, lo mandano a Napoli da dove parte per il Nord Africa.

Qui inquadrato in un reggimento di artiglieria con il grado di caporale, deve presidiare la colonia italiana. Purtroppo la “guerra farsa” ovvero quel periodo che va dalla fine della campagna di Polonia terminata ad ottobre del 1939 all’avvio delle operazioni in Francia nel maggio del 1940, termina bruscamente con la nostra entrata in guerra il 10 giugno. Fra luglio ed agosto le truppe italiane attaccano gli inglesi in Somalia e nel Kenya e a settembre Graziani attacca l’Egitto puntando a Suez ma fermandosi a Sidi el Barrani”

“Le ha raccontato qualcosa suo padre di questi primi tempi in Africa?” “Mio padre era un uomo molto schivo e non parlava volentieri della guerra. Un paio d’aneddoti però me li raccontò. Il primo è questo: il suo reparto catturò un giovane soldato inglese e il comandante ordinò di trattarlo con durezza. Ma senza farsi notare mio padre riuscì a procurargli da bere e da mangiare. L’altro aneddoto riguarda l’uccisione di Italo Balbo” “Fu la nostra contraerea ad abbattere Balbo vero?” “Sì e ci furono un sacco di ‘ipotesi complottiste’, come le chiameremmo oggi. Si sapeva che a Mussolini Balbo non andasse troppo a genio.

Negli anni ’30 con le sue imprese aeree stava diventando l’uomo più famoso d’Italia. Mussolini non voleva nessuno che gli facesse ombra. Sicché nel 1934 lo nominò governatore della Libia per toglierselo di torno” “Però Balbo la guerra l’aveva presa sul serio. Fin dai primi giorni effettuava ricognizioni per attaccare battaglia con gli inglesi. Il 28 giugno volò da Derna verso Tobruch con due trimotori. Era a caccia di autoblindo nemiche. Su Tobruch s’era appena concluso un attacco inglese. Colonne di fumo s’alzavano dall’aeroporto colpito. Balbo volle andare a vedere di persona la situazione ma non avverti la base che era in allerta proprio per l’attacco appena subito e che non era chiaro se fosse bell’e finito o meno. Sicché la contraerea italiana vedendo degli aerei approssimarsi, uno dei quali in particolare molto basso, sparò all’indemoniata colpendo uno dei due trimotori. Fu proprio quello di Balbo ad essere colpito e incendiato. Morì tutto l’equipaggio”

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“Ho letto che Badoglio che era col Duce quando arrivò la notizia della morte di Balbo, disse che Mussolini non mostrò il minimo turbamento. Mentre gli inglesi, un paio di giorni dopo la sua morte, paracadutarono sul campo italiano una corona d’alloro con un biglietto di cordoglio” “Mio padre era in tutt’altre faccende affaccendato e di sicuro la teoria del complotto messa in giro dalla vedova di Balbo non lo raggiunse mentre era in Africa a combattere. Lo so che si diceva che Balbo non avrebbe voluto la guerra e che s’era opposto a Mussolini. Ma sono cose che si leggono oggi, sui libri di storia. I soldati come mio padre, sbattuti loro malgrado a fare la guerra, non ne sapevano di sicuro proprio nulla di tutte queste beghe fra i caporioni”

“Intanto in Africa nel primo anno di guerra italiani ed inglesi se le danno di santa ragione. Gli italiani avrebbero voluto arrivare a Suez mentre, partendo dalla Somalia e attraversando il Kenya avrebbero voluto attaccare l’Egitto da sud” “Sì, gli italiani avanzarono fino a Marsa Matruth mentre gli inglesi si trincerarono a El Alamein. Quella di El Alamein fu una battaglia infinita che durò mesi in cui le truppe italiane e l’Afrika Korps si logorarono definitivamente. Nel mese di luglio gli attacchi inglesi fallirono e anzi, aspettavano la controffensiva che avrebbe dovuto puntare alla conquista di Alessandra d’Egitto e poi di Suez. Arriva però un nuovo generale inglese: Montgomery che fra ottobre e novembre giungerà alla vittoria.” “Nelle sue memorie Winston Churchill riassunse la battaglia, il 10 novembre 1942, con la famosa frase: “Tutto ciò non può essere considerato come la fine; potrebbe essere il principio della fine, ma è certamente la fine del principio”

“Per mio padre fu di sicuro l’inizio di un periodo durissimo. Prima lo sbatterono con altri 35.000 suoi compagni in qualche campo di concentramento in Egitto e poi, con un lungo viaggio per nave trasferirono i prigionieri italiani in Sud Africa a Pretoria e successivamente nel campo di concentramento inglese di Zonderweater. Qui ebbe la fortuna d’incontrare un suo compaesano che gli donò un poco di cibo per sfamarlo sennò probabilmente, stremato com’era, non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere.” “ Zonderwater: ho letto qualcosa di questo enorme campo di concentramento poco lontano da Pretoria” “Sì, distava una quarantina di chilometri da quella città mentre era un po’ più lontano da Johannesburg. Zonderwater fu il più grande campo di prigionia degli alleati. Era composto da 44 campi che contenevano 100.000 prigionieri” “Praticamente una città” “Proprio così: all’inizio i prigionieri erano alloggiati in tende; col tempo trasformarono quella tendopoli in alloggiamenti costruiti con mattoni rossi e legno” “Insomma qualcosa che ricordasse un po’ di più la vita normale e contrastasse nostalgia e tristezza”.

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“Per dare un senso alla propria esistenza i prigionieri furono capaci d’inventarsi un mondo: crearono scuole di lingue e lì mio padre imparò l’inglese mentre insegnava l’italiano agli analfabeti. Per far godere della lettura e impiegare il tempo in modo proficuo furono allestite biblioteche. Addirittura istituirono il giornale del campo “Tra i reticolati” e perfino premi letterari. E poi diedero vita al teatro. Pensi, ne costruirono diciassette. Ma anche musica e naturalmente dettero un grande impulso all’attività sportiva. Sedici campi da calcio con piste e tribune e altrettanti campi di scherma. Solo sei campi da tennis e innumerevoli altre strutture per fare gare di pugilato, pallacanestro e pallavolo. Non mancavano i campi di bocce: addirittura ottanta ne allestirono!” “Ma come fu possibile tutto questo?”

“Il comandante sudafricano del campo era dotato di grande umanità. Il colonnello Hendrik Prinslooera un appassionato di musica e pugilato, fu lui a favorire il proliferare delle arti e dello sport, convinto che la dignità di una vita normale valesse più di ogni forma di controllo. Non a caso, una volta finita la guerra, fu insignito dal governo italiano della Stella d’Italia per meriti di solidarietà. E Pio XII gli conferì l’Ordine di Benemerente. Poi Enti quali l’Associazione Cristiana dei giovani (l’YMCA), la Croce Rossa dettero un grosso sostegno. Un altro fattore decisivo fu la presenza d’una collettività italiana numerosa e prospera” “E’ vero: mio padre mi raccontava sempre di un mitico suo cugino che era emigrato negli anni ’30 in Sudafrica e aveva fatto fortuna. Era un ragazzo che aveva imparato a fare l’orafo a Firenze e emigrato laggiù era diventato una celebrità”

“Anche mio padre conobbe una famiglia di italiani che viveva a Pretoria che saltuariamente lo ospitava a casa loro per un pranzo ‘tra italiani’” “Ma come? Erano prigionieri e potevano uscire dal campo?” “Sì. Per il fine settimana. D’altra parte c’è anche chi uscito da Zonderwater in Sud Africa è rimasto” “A chi allude?” “Al babbo di Fiasconaro, per esempio” “Fiasconaro chi?” “Marcello Fiasconaro che nel 1973 fece il record del mondo correndo gli ottocento metri”“Insomma anche in questa terra così lontana da casa il ‘genio italico’ è emerso prepotente” “Bah: fatto si è che a Zonderwater c’era della gente capace di escogitare espedienti, inventarsi mestieri come successe a Gregorio Fiasconaro, un grande baritono che restò poi in Sud Africa a fare l’insegnante di musica” “Sa se per caso fra tutti quegli internati c’è stato qualche altra figura di spicco nello sport?” “Mio padre m’ha raccontato che c’era Giovanni Vaglietti un calciatore del Grande Torino. A diciotto anni giocava nelle riserve nel 1937 – 1938. Non fa in tempo a mettere piede a Zonderwater e la voce si sparge per tutto il campo: “È arrivato un fenomeno”. Perché saranno tanti i campionati giocati, fino a 12 le squadre in lizza, tra cui Juventus, Diavoli Neri (ma anche Rossi), Andrea Doria, Savoia, Duca D’Aosta, Tevere. Non mancheranno il calciomercato e le zuffe tra tifosi (la Juventus sarà multata di 500 sigarette)”

“Quando è tornato a casa suo padre?” “Il 16 aprile del 1946 dopo un viaggio avventuroso attraverso il Mar Rosso ancora minato. Dopo un anno dalla fine della guerra. Dopo sei anni e mezzo dalla sua partenza.” “Ma la sua famiglia sapeva di qualcosa di lui?” “Niente assolutamente. Sei anni e mezzo di silenzio” “Mamma mia. Suo padre le ha raccontato qualcosa di questo ritorno così inatteso e incredibile?” “Al di là della gioia di riabbracciarsi i motivi d’angoscia erano tanti. Dalla magrezza estrema di tutti per la fame patita, al paese completamente distrutto dai bombardamenti” “Ma qui il fronte era lontano” “Ma che dice: proprio qui il 13 aprile del 1945 avvenne una delle più cruente battaglie fra i gurka e i tedeschi” “I gurka? Sembra di leggere Sandokan” “Dopo lo sfondamento della Linea Goticae lo sfondamento delle truppe tedesche sul fiume Senio, gli alleati furono bloccati lungo il torrente Gaiana, dove i paracadutisti tedeschi fortificarono gli argini del torrente costituendo la ‘Linea Anna’. Il 18 aprile un tentativo di assalto da parte dei gurka nepalesi venne sconfitto con grandi perdite. La notte stessa i due eserciti si fronteggiarono con bombardamenti di artiglieria. All’alba del 19 aprile il II Corpo d’armata polacco attaccò in forze ma riuscì a sfondare soltanto al calare della sera”

“Medicina e Villafontana quindi erano tutto diroccate” “Si ma mio padre non si perse d’animo e cominciò a lavorare, divenne responsabile sindacale di zona, consigliere comunale e successivamente assessore.” “Non avrà pensato solo a lavorare questo benedetto uomo” “No infatti. Nel 1953 si sposa con Loredana” “E nacque anche lei, no?” “Sì, esatto. Un’altra cosa importante che successe a mio padre fu quella d’esser nominato, nel 1954 ‘Presidente della Partecipanza’ di Villafontana” “Perdoni l’ignoranza: che cos’è una Partecipanza?” “E’ una forma molto antica di gestione della proprietà collettiva” “Insomma un’altra iniziativa dei comunisti” “Ma che dice? La Partecipanza cominciò a diffondersi nel Medioevo: il patrimonio fondiario viene ripartito fra tutti gli aventi diritto” “Chi sono costoro?” “Sono i discendenti in linea retta maschile delle antiche famiglie partecipanti e debbono risiedere sul terreno (tenere casa aperta e camin fumante). Gli aventi diritto a 18 anni ricevono una quota di terreno da coltivare come meglio credono nel rispetto del regime di vincoli imposti dallo Statuto. Discostarsene comporta la perdita del diritto di godimento” “Insomma suo padre aveva uno straordinario spirito d’iniziativa” “Credo proprio di sì. L’essere stato Presidente fino al 1978 della Partecipanza, collezionando in questi anni innumerevoli riconoscimenti ed apprezzamenti, ha testimoniato quanto importante fosse per lui mantenere coesa la popolazione, migliorare il territorio e rendere il più possibile felice la vita della gente”

E’ così forte la presenza di questa bella figura di Secondo nella narrazione del signor Mirco che quasi mi sembra di scorgerlo, qui accanto a noi, seduto su questo divano. Di certo è accanto a Mirco e a Massimo e chissà con quali occhi ridenti osserva la sua bellissima bisnipotina che non è certo seconda a nessuno nell’amore della sua famiglia.

stannah

Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.

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