Panche che volano e frigoriferi in salotto
Fabio Spinelli
La Storia
Negli anni ’60 l’Italia pare in preda ad una festosa euforia. Modugno canta “Volare” e quelle enormi banconote da 10.000 lire sembrano accumularsi più in fretta.
In questi anni tumultuosi un operaio già con dodici mensilità riesce a comprarsi la Nuova Fiat 500. Questa accessibilità fa sì che il parco automobilistico circolante praticamente raddoppi in pochi anni grazie alle utilitarie per la famiglia appena lanciate dalla Fiat.
Mia nonna smette di comprare la mortadella a 50 grammi per volta: non lo faceva per tirchieria, ma solo perché il barrocciaio che le portava la losanga di ghiaccio avvolta nella balla di juta, veniva solo una volta la settimana. Il ghiaccio, ridotto poi in barre più piccole, veniva riposto in una cassetta di zinco, la ghiacciaia di casa, in cui ci poteva conservare il panetto di burro e mezzo litro di latte al più. Ma un bel dì di maggio del 1961 la nonna compra il frigorifero, luccicante e cromato. E’ talmente contenta che lo mette in salotto.
Tutto il Paese è in fermento. La produzione industriale per la prima volta sorpassa la produzione agricola: il “triangolo del nord” attira masse di immigrati da tutto il Meridione. Milano e Torino in pratica raddoppiano la popolazione attiva. La lira proprio in questi anni viene premiata per essere la moneta più stabile nel mercato comune europeo. Il Presidente della Repubblica Gronchi inaugurando la 37° fiera internazionale di Milano esprime la profonda soddisfazione per il miracolo economico che stiamo vivendo.
Questa grande dinamicità si esprime in tutti i settori produttivi del Paese: le nuove disponibilità permettono alle famiglie di mettere più cura nell’arredare il proprio nido. Dappertutto sorgono mobilifici in grado di accogliere questa domanda, che si fa via via più intensa.
Sicché la concorrenza in questo settore diventa ben presto formidabile e agguerrita. Figuriamoci in Brianza, dove lo spirito imprenditoriale è ben diffuso.
La lungimiranza di un signore di queste parti, diventato poi imprenditore, favorisce il grande successo di un’impresa che si affaccia a un mercato tranquillo, ecumenico direi. Un’oasi di pace dove, ai pur intensi ritmi produttivi interni per soddisfare la domanda, fa riscontro una dinamica commerciale più serena fra gli unici due attori che vi operano. Qual è questo mercato così singolare? E’ quello costituito dalle oltre ventiseimila parrocchie e dai sessantamila circa edifici religiosi: chiese, santuari, cappelle.
E così il Signor Fabio si trova a guidare un’impresa avviata dal padre che aveva cominciato impagliando sedie e offrendo i propri servizi in giro nella zona. Si fa un nome, è molto bravo, affidabile, preciso e soprattutto instancabile. E’ a questo tipo di persone che capitano le occasioni, poi gli invidiosi diranno: “Sai quello lì ha avuto una fortuna sfacciata.” Ma la fortuna, in verità, la trova chi la cerca. Ed ecco che al padre del Signor Spinelli si presenta l’occasione della vita: rileva uno stabilimento in Friuli di un’azienda che chiude e con suo fratello si mette a costruire sedie.
Il Signor Spinelli senior assicura gli ordinativi, mentre il fratello si occupa della produzione. Ben presto la ditta prospera: cento operai si affaccendano alle macchine per realizzare sedie belle, comode e funzionali. Passa il tempo; i fratelli Spinelli si separano e il padre di Fabio acquista uno stabilimento a Carate (un ex cotonificio) lo ristruttura e parte alla grande con due specifici reparti: la falegnameria e la carpenteria per costruire a questo punto tutti gli arredi che ogni venti – trent’anni i parroci decidono di sostituire.
Quando il signor Fabio prende le redini dell’azienda, appunto nei primi anni ’60, circa settanta operai assicurano la produzione di sedie, panche e confessionali mentre una ben collaudata rete di artigiani locali realizza gli arredi da sagrestia.
In tutta Italia i rappresentanti della Spinelli portano in giro i cataloghi che mostrano ai parroci e con cui si accordano per definire gli ordini.
Il signor Fabio dopo aver acquisito il diploma di ragioniere, si dedica anima e corpo all’azienda. Spesso “chiusa bottega” alla sera scambia lunghe telefonate con i rappresentanti alla ricerca di soluzioni per risolvere contingenze specifiche. Talvolta il telefono non basta e bisogna andare di persona. Si, ma quando? Il sabato e la domenica ovviamente, quando la fabbrica è chiusa. “E poi” – dice sorridendo il signor Fabio – “ la domenica il prete lo trovi per forza!”
Così per trentacinque lunghi e laboriosi anni la Ditta Spinelli prospera, cresce e si sviluppa superando anche le incertezze economiche che sul finire degli anni ’80 cominciano a farsi sentire anche in questo settore così di nicchia. In pieno vigore fisico, desideroso forse di prendersi un po’ di respiro, il signor Fabio passa la mano a tre soci che ancora oggi portano avanti la gloriosa Ditta Spinelli.
Occuparsi di arredi per le chiese significa identificare un mercato esclusivo, particolare, assolutamente fuori dal comune. Ebbene, una personalità capace di scegliersi un’attività così esclusiva non poteva non voler coltivare anche una passione altrettanto elitaria e selettiva, qual è il volo. Non ha conseguito il brevetto di pilota, solo perché temeva di sottrarre troppo tempo all’azienda. Sicché, ha volato con l’istruttore fino ad avere la piena dimestichezza con il mezzo, con cui ha sorvolato anche da solo tutto il settentrione.
La passione di galleggiare nell’aria l’ha portato, più di recente, a cimentarsi anche con l’elicottero, la cui guida l’ha coinvolto ed emozionato ancora di più del piccolo aereo. Questo particolarissimo velivolo, capace di farti sentire davvero il gusto e la bellezza del volo, è ben complesso da pilotare.
Gli elicotteristi dicono che la conduzione di un elicottero è del tutto differente da quella di un aereo. Non ci sono le ali, che possano assicurare la portanza. “Per guidare l’aereo si usa sostanzialmente una mano per garantirsi l’assetto orizzontale e laterale” – mi dice il Signor Fabio – “Naturalmente i piedi li adoperi per mantenere la direzione che vuoi. Quando invece piloti un elicottero, una mano ti serve per regolare la potenza del motore e l’inclinazione delle pale, l’altra ti serve per mantenere l’assetto. Insomma, per farla breve con due mani e due piedi bisogna coordinare cinque movimenti. Nell’aereo i movimenti da coordinare son solo tre. Ma non è finita qui: di solito l’aereo è stabile e può proseguire il volo orizzontale da solo, ma con l’elicottero è tutto un altro film. Appena molli i comandi la macchina tende ad inclinarsi o ad alterare la posizione”.
La storia si ripete: va bene fare il mobiliere in Brianza, ma il Signor Fabio si distingue individuando un cliente a cui non ha pensato (o saputo) indirizzarsi praticamente nessuno. Nella passione sportiva, il piacere del volo attrae, al giorno d’oggi, discrete folle di seguaci. L’elicottero, invece, seleziona e screma molto di più la compagine dei praticanti. Quindi, che dire, la scelta del Signor Fabio anche in questo campo mi sembra perfettamente in linea, coerente col suo carattere.
Il signor Fabio ha un carattere fermo, risoluto e tranquillo. Mi racconta una storia che solo a sentirla raccontare fa venire i sudori freddi; figuriamoci, com’è capitato a lui, a viverla! Un giorno, sorvolando in elicottero i cieli della Brianza al fianco dell’istruttore, sentirono un boato alle loro spalle: s’era rotto il motore. Entrambi mantennero un perfetto aplomb, consapevoli che in quella contingenza solo il sangue freddo e la concentrazione può salvarti la vita. Con estrema tranquillità si divisero i compiti: uno di loro avrebbe osservato con attenzione tutt’intorno, per evitare i cavi della luce. L’altro avrebbe tentato di accompagnare a terra, il più dolcemente possibile, la macchina. Quando il suolo sembrò essere a meno di mezzo metro, decisero di atterrare. Erano sopra a un campo di granturco: le spighe davano l’illusione di essere davvero basse. Invece, sorprendentemente, erano spighe gigantesche. Il risultato è che precipitarono da un’altezza ben maggiore al mezzo metro stimato.
L’elicottero si capovolse e si frantumò, senza causare, per fortuna, alcun danno ai passeggeri. Sorge spontanea una domanda: fu solo fortuna, o ancora una volta il merito è di aver predisposto e attuato con coscienza e consapevolezza il miglior piano possibile? Conoscendo il signor Fabio, ormai, possiamo affermare: buona la seconda.
Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.