Raccontare l’arte: non metterla da parte

Un incontro singolare

Sto per incontrare una persona – m’ha invitato a farlo il mio amico Samuele che s’era incuriosito riguardo a questo ‘diario elettronico’ di Stannah Racconta. “Devi conoscere mio padre. Resterai affascinato.” “Volentieri. Di che si occupa?” “Ha un blog su cui scrive e disserta d’arte e letteratura.” “Tuo padre usa i social per parlare d’arte, di letteratura e del bello in genere?” “Proprio.” Sono davvero stuzzicato non solo dallo specifico tema che questo signore tratta – la pittura esercita su di me un’attrazione irresistibile, mi colpisce il fatto che si occupa di divulgare questa ricchezza nata più di trentamila anni fa e, per farlo, si serve d’una metodologia contemporanea, sorta proprio in questo nuovo secolo. “Va beh – fo fra me e me – i giovani, si sa, sono più predisposti di noi ‘senili’”, come m’ha descritto – impietoso – un amico di mia figlia.

Contentissimo, m’avvio ad incontrare – m’immagino, un giovane signore. Stupore, meraviglia, sorpresa! Il garbatissimo personaggio in questione è un mio coetaneo, niente affatto un giovane di per sé strutturato ed avvezzo, dato il privilegio dell’età, a servirsi della tecnologia attuale. “Sei nato il 28 dicembre del 1950? Perbacco! Se la tua mamma avesse resistito ancora un pochino, avresti scavallato l’ultimo cinquantennio del secolo scorso.” “Cosa credi? – mi fa – “Non sono mica un’automobile! La differenza, caro mio, non la fa di certo l’anno di immatricolazione.”

Letterio: un nome e un destino

Con un po’ di sforzo cerco di uscire da questo clima seicentesco ma non c’è versi: adesso lo stupore ha un’altra fonte. “Letterio ti chiami: perbacco. Un nome davvero ardito.” “T’ho già detto che sono nato a Messina, no? Non la conosci la storia della lettera che la Madonna avrebbe scritto ai miei conterranei nella prima metà del primo secolo dopo Cristo?” “Qualcosa mi sembra di ricordare, ma fammi luce!” “San Paolo venne a Messina a fare apostolato” “Ah sì, mi ricordo.” “C’eri?” “Dai, fai il bravo. A quell’epoca la Madonna era ancora viva a Gerusalemme, no?” “Parrebbe. Fatto sì è che la comunità cristiana messinese volle rendere omaggio alla Vergine e Madre.” “Ah, ecco. Così decisero di scriverle?” “No, niente affatto. I messinesi le mandarono un’ambasceria. A scrivere la lettera – pare – sia stata proprio la Madonna. Essa aveva gradito così tanto la conversione al Cristianesimo della gente di Messina che volle rallegrarsene con loro, assicurando alla popolazione la sua protezione da ogni male.” “Sì, hai ragione. È infatti la Madonna della lettera e tu, da bravo messinese, devi il tuo nome alla Santa protettrice della città.” “Già.” “Chissà, forse questo nome t’ha anche condizionato nello sviluppare questo tuo approccio alla narrazione, al racconto dell’arte. Può essere?” “Davvero non saprei, però ti posso dire che durante il Covid, tutti costretti come siamo stati agli arresti domiciliari, m’è venuto in mente di commentare un’opera d’arte al giorno.” È stata un’idea bellissima che continua tuttora, vero?” “Si ancora oggi, ogni mattina, su WhatsApp mando il buongiorno a tutta la comunità degli iscritti che mi seguono.”

“Sì, tuo figlio Samuele m’ha raccontato di questa tua iniziativa. Me ne parli un po’?”“Molto semplicemente ti posso dire che sono un grande appassionato di storia dell’arte. E poi mi piace collegare, intrecciare, combinare insieme pittura, letteratura, musica e teatro, tutte discipline fra di loro naturalmente connesse dallo strumento sensoriale della vista e dell’udito. Certi dipinti, puoi negarlo? parlano a chi li ammira, così come certe pagine risuonano nel cuore del lettore e certa musica accende immagini e visioni in chi, in platea o in loggione, vede proprio perché ha chiuso gli occhi.”

Come avere una pinacoteca in tasca

“Dai, spiegami più in dettaglio che cosa fai in pratica” Letterio prende il suo telefono cellulare, va sul suo blog e mi mostra il suo racconto di oggi 4 aprile u.s. “Sorolla! – esclamo felice – c’è adesso a Palazzo Reale una sua mostra. Voglio assolutamente andare a vederla.” “E fai bene. Sorolla non è molto conosciuto in Italia. Ricordati, la mostra durerà fino al 26 giugno. Prenota per tempo.” “Lo farò senz’altro. Ma raccontami di questo pittore, ti prego.” “Lo sai che Sorolla soggiornò a lungo in Italia? Qui conobbe anche Boldini.” “Chi? Il pittore fiorentino?” “Macché fiorentino. Boldini era nato a Ferrara, venne poi a iscriversi, questo è vero, all’Accademia di Belle Arti a Firenze e lì frequentò i Macchiaioli” “Di loro conservo negli occhi e nel cuore una meravigliosa mostra che si tenne nel 1976 al Forte Belvedere a Firenze.” “È giusto che tu la conservi nel cuore perché loro si proponevano d’emozionare chi guardava le loro opere. Avevano tutto un gioco di luci e ombre che confermavano il principio dell’ottica: l’occhio può vedere solo attraverso stimoli luminosi.” “Le famose macchie!” “Appunto. E questa bella gente Sorolla frequentò quando venne in Italia. Paese fra l’altro che l’ispirò anche attraverso le opere di Capuana e di Verga, scrittori veristi.” “Certo. In pieno positivismo, in opposizione alla metafisica, si celebrano e si narrano fatti nudi e crudi. E per dare risalto al realismo cui ci si voleva rifare, pittori, scrittori, artisti dell’epoca si ispirano agli ambienti e alle classi più povere.” “Questo è un tratto dell’opera di Sorolla. Non l’unico. Se da un canto dipinse sulle spiagge atlantiche il frangersi delle onde sulle sponde e miserabili pescatori, dall’altro ritrasse scene mediterranee.  In questo blog, per esempio, parlo del paesino basco di Biarritz: ne narro a grandi linee le vicende storiche attorno alla prima metà dell’Ottocento. A quell’epoca era un piccolo paese di pescatori di balene. Lo sapevi che anche Victor Hugo …” “L’autore dei Miserabili?” “Sì, certo, proprio lui, vi soggiornò? E che qualche anno dopo la moglie di Napoleone il Piccolo, Napoleone III, visitandolo ripetutamente, seguita poi da altri aristocratici, ne decretò la fama che dura tuttora?” “Eh già adesso Biarritz chi non la conosce? ‘La regina delle spiagge e la spiaggia dei re’ si legge su Wikipedia.”

“E poi, guarda, ho scritto questo riguardo a Sorolla, nato a Valencia, importante porto mediterraneo. Il pittore valenciano ne decantò il mare, tema fisso, questo, della sua ricerca del grande pittore che lo raccontò diffusamente e qui permettimi l’autocitazione: ‘in diverse ore del giorno, cogliendone le luci e le vibrazioni di colore nonché i riflessi nei toni, nelle sfumature, nelle gradazioni luministiche’.”

Letterio mi passa il cellulare su cui mi invita a ‘scrollare’ per seguire il testo. Ahi lui! È costretto suoi malgrado a scrollare solamente le spalle quando si rende conto della mia imperizia e mi mostra come si fa. Così leggo un assunto di Sorolla: “Non potrei dipingere affatto se dovessi dipingere lentamente. Ogni effetto è così transitorio, deve essere dipinto rapidamente” e poi continua: “Niente è più vero della verità. Tutti gli errori commessi dai grandi artisti sono dovuti al fatto che si sono separati dalla verità, credendo che la loro immaginazione sia più forte. Niente è più forte della natura. Con la natura davanti a noi possiamo fare tutto bene.”

E non ha bisogno di altre parole Letterio per farmi sentire la verità di questo concetto: continuando a ‘scrollare’ mi mostra tre quadri che per quanto piccini nello schermo del telefono, mi invitano al sorriso per il puro piacere di guardarli. Le dita mi permettono di ampliare la dimensione del dipinto. “Ma questo vuol dire avere una pinacoteca in tasca! Macché una! Quelle di tutto il mondo!”  È davvero meraviglioso. Posso avvicinarmi a mio piacimento al quadro senza sentirmi addosso lo sguardo preoccupato di un custode che teme voglia danneggiare l’opera. Basta un lieve tocco del dito sull’immagine piccola che questa prende vita e posso scorgere tre figure femminili, vestite una di rosa, l’altra di bianco ed una figuretta più piccola, davanti a loro che indossa una morbida giacca rossa. Tutte si tengono appena sollevate le lunghe gonne perché stanno immergendo i loro piedini là dove il mare si frange e una morbida schiuma si solleva.

In un altro dipinto posso scorgere una giovane signora biancovestita con su un cappello su cui è appuntata una lunga veletta che le scherma il viso e le scende leggera dietro le spalle. Questa figura sembra quasi in posa, posta com’è sul ciglio della scogliera sovrastante il mare, laggiù in basso.

L’altro quadro qui accluso è quello forse che m’intriga di più: in primo piano, campeggia sulla destra, seppur di sguincio, l’asta di un ombrello grande la cui tela ruvida sovrasta tutta la parte alta del dipinto. In perfetta corrispondenza con la parte terminale di una stecca dell’ombrellone che sorregge la tela, ci sono due figure chine nell’acqua intente a raccogliere forse vongole o altri molluschi. Questi personaggi sono osservati da una figurina, più vicina alla riva, che ipotizzo sia un bambino, forse il figlio dei due personaggi intenti alla pesca. Le tre figure campeggiano all’interno di una croce bianca di spuma che risalta perché separa, condotta dai raggi del sole, la macchia più scura del mare.

“Letterio, quella che stai facendo è una cosa davvero bellissima.” “Sono contento che ti piaccia. Vuoi iscriverti anche tu al mio blog?” “Eccomi. Ti prego, arruolami.” E a questo punto mi sembra di scorgere nel bel volto del mio ospite tratti arabeggianti. Più lo guardo, più me lo immagino drappeggiato in un morbido caffettano lungo fino ai piedi, le braccia nascoste dalle ampie maniche. Siccome glielo dico mi fa: “Dall’esame del DNA risulto al 20% greco, 20% iberico, 15% medio orientale …”

Da dove nasce la passione

“Da dove nasce questa tua passione e, lasciami dire, questa tua generosità?” “Che dirti? Noi siciliani siamo gente di cuore.” “Ah, lo so bene. Però mi hai anche detto che hai vissuto poco a Messina dove sei nato.” È vero. Ho vissuto per venticinque anni a Bologna.” “Perché proprio a Bologna?” “Persi mio padre quando avevo solo dieci anni. Mi trasferii a Bologna dove viveva mio zio.” “Ah, ecco. E hai studiato lì?” “Mi sono laureato in lettere moderne. All’epoca c’era già il DAMS.” “Fu il primo esperimento italiano in ambito accademico di un intero corso di laurea dedicato allo spettacolo, alla musica e alle arti in genere. Ne fu un patrocinatore anche Umberto Eco, vero?” “E tanti altri illuminati come il grande critico d’arte Renato Barilli, tuttora professore emerito all’università di Bologna. Comunque io frequentavo la facoltà di lettere e filosofia e al terzo anno m’imbattei in un grandissimo professore che era già stato allievo di Longhi, il professor Carlo Volpe che stimolò ulteriormente la mia passione verso la storia dell’arte.”

“A quel punto che facesti?” “Vinsi una borsa di studio per studiare a Firenze dove vo ad abitare in via Benedetto Fortini.” “Non mi dire. Io, l’avrai capito, io sono fiorentino. Codesta via costì, sale da piazza Gavinana verso la collina di Ricorboli. Il nome è tutto un programma. Ricorboli: senti come suona? Il rio Corbulo scendeva dalla collina di Montici (mi raccomando: con l’accento sulla ‘i’) colline meravigliose che contornano la città a sud come la spettacolare Arcetri e il Pian de’ Giullari. Sono zone dove la città trascolora in campagna: da quelle splendide fattorie ora, facoltose famiglie hanno ricavato ancor più splendide ville padronali.” “Hai ragione a decantare la tua città. Pensa: ho avuto un nonno fiorentino. Faceva il notaio, aveva lo studio in Piazza della Signoria. Non l’ho mai conosciuto. Ma ho un legame speciale con la tua città: con i miei amici bolognesi, i pomeriggi domenicali li trascorrevo a Firenze. Si pigliava il treno da Bologna alle 14: in città faceva un freddo cane, il cielo era bigio e l’aria nebbiosa ma come si passava l’Appennino il cielo s’apriva e diventava azzurro e Firenze ci accoglieva benevola e un po’ più calda, consentendoci così di bighellonare in giro per tutte le sue strade fino all’ora di cena, quando si ripigliava il treno per tornare a casa.”

“Dove abitavi quando vivevi a Bologna?” “A Casalecchio di Reno” “Allora c’eri quando un jet militare piombò dentro un liceo facendo una strage di ragazzi?” “No, quello successe nel ’90, mi pare. Io dopo la laurea in lettere, insegnai nella scuola media e restai a Bologna fino al 1987 da dove poi mi trasferii a Milano. Ci vivevano già due mie sorelle e questa è diventata la mia città. Vinsi il concorso e incontrai una ragazza che poi divenne mia moglie, anch’essa di Messina.” “Torni ogni tanto in Sicilia?” “Tutte le estati. Abbiamo una casa a Scoglitti.” “Bellissima zona il ragusano.” Ma non è uomo da digressioni Letterio che ripiglia il suo racconto.

Dove la passione si consolida e si struttura

“A Milano ho passato vent’anni nel Centro Provinciale Istruzione Adulti, insegnando anche agli stranieri e organizzando escursioni culturali in città. Sono riuscito anche ad attrarre in queste manifestazioni altri frequentanti il Centro che seguivano percorsi formativi diversi da quello da me condotti. Questi ragazzi si facevano accompagnare anche da loro parenti e da amici. Ho anche organizzato per l’Istituto viaggi all’estero.” “Adesso sei in pensione, vero?” “Sì, dal 2017”

“In pensione, si fa per dire. Continui a darti un gran daffare.” “Essere utili agli altri, condividere le proprie passioni, favorire nel prossimo l’amore per il bello, per l’arte, per la cultura è quello che ho fatto per tutta la vita. Forse, chissà, quello che sto per dirti adesso potrà farti comprendere meglio ciò che voglio testimoniare. Una volta in Sicilia, in un paesino dell’interno che conservava ancora costumi e modi antichi, preservato in queste sue usanze per l’assenza di legami col resto del territorio più dinamico, arrivò un maestro elementare. Quando incontrò per la prima volta i suoi pochi alunni poveramente vestiti e usi al dialetto più stretto, volle conoscerli chiamandoli per nome. Scoprì ben presto che tutti i ragazzini avevano più o meno gli stessi nomi: Alfio, Alfonso, Vincenzo, Tano, Salvatore. Non solo, condividevano, loro malgrado, anche la stessa ristretta visione del mondo. Per invitare giocosamente ad allargare un po’ la prospettiva di ciascuno questo maestro, volendo invitarli ad osservare il mondo da un altro punto di vista, chiese a un morettino di dirgli il nome di un bambino che cominciasse con la B. Il ragazzino ci pensò su un po’ e poi disse: ‘Bincenzo’. Capisci? Il suo mondo aveva confini così determinati e ristretti che fattori nuovi non avrebbero potuto essere accolti se non attraverso una assimilazione al già noto, al già abitualmente frequentato. Nomi come Bartolomeo, Bernardo, Biagio, Benedetto, Bruno o Beniamino tanto per dire, non appartenevano al mondo conosciuto da questi ragazzini. Sicché è stato giocoforza attenersi al solito, rinchiudendocisi.”

Qui capisco quanto sia stato avventato nel mio paragonarlo a Don Chisciotte. Letterio gli assomiglierà forse nel fisico e nel volto, non certo nell’indeterminazione delle sue prospettive. Con il suo blog del mattino, prima che ciascuno di noi si precipiti nell’usato suo mondo fatto di impegni noti, di battaglie sovente inconcludenti, di fatiche spesso prive di poesia, t’invita cavalleresco come un grande hidalgo ad aprire gli occhi per accogliere il profumo di un’altra realtà che ti convive accanto, che ti circonda a tua insaputa, che è pronta ad affascinarti se solo ti concedi di scorrere le sue righe.

Oggi parla dei patii, quei cortili interni cari agli spagnoli e ai latino-americani. Li descrive sinteticamente e trova un collegamento con l’architettura delle case greco – romane nelle quali questi ambienti erano presenti. In Andalusia furono gli arabi desiderosi di ristoro e frescura, ad erigerne di affascinanti come l’Alhambra di Granada. Ed ecco il collegamento con quel meraviglioso artista valenciano che diventato ricco si fece costruire un patio nella sua villa di Madrid. Litterio così torna a Sorolla di cui riporta due quadri di cui parla nel testo. Già, Sorolla, da qualcuno definito ‘il Monet andaluso’. Monet, così amante della natura da farsi costruire il giardino delle ninfee a Giverny. In quel meraviglioso ambiente c’era anche il ponte giapponese, un retaggio di quella cultura figurativa nipponica che tanto aveva affascinato il pittore francese capace di trascendere l’impressionismo ma anche forse di fuggire da quelle etichette costrittive quali l’espressionismo, il simbolismo dal momento che il suo costante reiterare i soggetti che dipingeva possono far pensare indulgesse. In che differisce da lui Sorolla che pur dipinge anch’egli più volte gli stessi soggetti?

Domani forse avremo qualche altra suggestione. Intanto possiamo avviarci oggi al nostro usato mestiere, pronti, così nutriti ed allenati, a cogliere qualcosa di nuovo nel già conosciuto o perlomeno da noi, forse con eccesso di semplificazione, dato per scontato.