Fernanda Pivano, la Nanda, ovvero il talento di generare talento

Ci sono donne con un talento particolare. Quello di regalarci arte e bellezza creata da altri. Non è una cosa da poco. Che cosa sarebbe infatti un’opera d’arte e anche il suo autore se il mondo non avesse modo di farne conoscenza? Pensiamo a Gertrude Stein. Che ha prodotto letteratura e poesia di grande pregio. Ma altrettanto importante è stata la sua capacità di identificare artisti e scrittori, farli crescere e presentarli al mondo intero. Insomma, senza la Stein forse oggi non avremmo la fortuna di nutrirci dell’arte di Picasso, Matisse, Braque o Hemingway. Ed è proprio il buon vecchio Hem il nostro aggancio con quella che potrebbe essere la Gertrude Stein italiana: Fernanda Pivano, anzi, “la Nanda”.

Chi è Fernanda Pivano

Facciamo un piccolo salto indietro (e parecchi in avanti)

Fernanda Pivano nasce nel 1917 a Genova, figlia di una famiglia che lei stessa definisce “vittoriana”. Suo padre, Newton Pivano è infatti un agente di cambio con mille passioni: storia, letteratura, arte e politica. Che condivide con i figli regalando loro, fin dalla più tenera età, volumi chiosati con affettuose dediche e postille che li aiutino a comprenderli meglio. La mamma, Mary Smallwood Boggia, è un’elegante signora di origini scozzesi che, da subito, trasmette alla piccola Fernanda la passione per le lingue (inglese e francese in primis) e per il pianoforte. Nel 1929 la famiglia Pivano si trasferisce a Torino ed è proprio nella capitale sabauda che la piccola Nanda comincia il suo percorso formativo. Frequenta il liceo D’Azeglio e il suo supplente d’italiano si chiama Cesare Pavese (mentre il suo compagno di banco è Primo Levi). Tra Pavese e la sua piccola allieva nasce subito un legame particolare. Tanto che quando Fernanda compie 21 anni, lui le regala quattro libri in inglese e inediti in Italia. I titoli? “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, “Foglie d’Erba” di Walt Whitman, “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters e l’autobiografia di Sherwood Anderson. Lei rimane folgorata da quei cronisti dalla narrativa potente ed emozionante del Nuovo Mondo. E Pavese rimane folgorato da lei. La chiede in sposa per ben due volte. Ma il rapporto, seppur molto intenso, deve rimanere sul piano culturale. Insomma, la Nanda gli dice di no. Però insieme a lui traduce, nel 1943, la prima edizione dell’”Antologia di Spoon River” e poi “Addio alle Armi”. Un libro “proibito” nell’Italia fascista in quanto ritenuto antimilitarista e che costa alla Pivano un arresto e una lunga interrogazione da parte degli ufficiali tedeschi. Ma lei non è certo una che si fa intimorire. E infatti…

Fernanda Pivano con Allen Ginsberg

Fernanda Pivano con Allen Ginsberg – Pubblico Dominio

Fernanda e Mr. Papa: una relazione che proprio perché non ha un nome, dura per sempre.

Ernest Hemingway, colpito dal coraggio di questa “indomita donna” ormai trentenne vuole conoscerla. Si vedono, per la prima volta, all’Hotel Concordia di Cortina nel 1948.  «L’incontro con lui – racconta Nanda – avvenne davanti a una quindicina di invitati e fu molto commovente: Hemingway attraversò il salone da pranzo vuoto con le braccia tese e mi abbracciò forte come sapeva fare lui, comunicando un’amicizia che durò fino alla sua morte. Il 20 ottobre 1948, dopo il mio ritorno a Torino, mi scrisse: ti ho trovata carina e bella e anche con una buona testa per pensare. Se c’è un errore che fai, figlia, credo sia (in letteratura) quello di accettare il combattimento con troppa facilità. Io non rispondo mai a un attacco: non do risposta. Continuo a lavorare. Il lavoro è tutto. A volte (in letteratura) ci si arrabbia molto. Ma non rispondo mai, o meglio, ho imparato a non rispondere. Aspetto che muoiano o che abbiano torto, o tutte e due, o a volte li uccido in silenzio con una frase. Con molto affetto. Mr Papa”. Il legame fra Hem e la Nanda è forte. Lui per lei è un padre, un amico, un fratello e un figlio. Voleva essere anche un amante. Ma ancora una volta la risposta è no. E forse in virtù di questo no, la loro relazione durò per sempre.

Fernanda Pivano con Erica Jong e Michele Concina nel 2009

Fernanda Pivano con Erica Jong e Michele Concina nel 2009 -Credits Premio Fernanda Pivano Mario Erlotti in CC

La Fernanda innamorata

Se fare breccia nel cuore di Fernanda non è poi così difficile, imbrigliarla nel vincolo matrimoniale è fuori discussione. Anche Ettore Sottsass, giovane e brillante architetto dall’aria decisamente controcorrente la chiede in sposa. La risposta, ancora una volta è no. Si dice che lei sia impegnata (forse addirittura sposata) con un ufficiale americano. E si dice che il cemento di quel legame sia la CIA, per cui la Pivano svolgerebbe attività di spionaggio. Quello che è certo è che alla seconda proposta di Sottsass, nel 1949, lei finalmente pronuncia il fatidico “sì, lo voglio”. Ad accomunarli c’è lo spirito rivoluzionario e il grande amore per la letteratura. A dividerli ci sono due caratteri forti, indipendenti, quasi monolitici che rendono il matrimonio un burrascoso viaggio fatto di tradimenti (da parte di lui) e di furibonde liti. Ma d’altra parte chi ha mai detto che un grande amore deve essere un lungo fiume tranquillo? E poi in questo turbine di passione anche la Pivano fa la sua parte. I suoi amori, pur platonici, sono totali e grondanti di passione. Ne è prova l’invito a un incontro serale da parte di Cesare Pavese nel 1950. Lei declina. Lui, in quella notte, si suicida. E il cuore di Fernanda, per la prima volta, si crepa indelebilmente.

Fernanda Pivano con Vinicio Capossela e Dori Ghezzi nel 2007

Fernanda Pivano con Vinicio Capossela e Dori Ghezzi nel 2007 – Credits Premio Fernanda Pivano in CC

La Nanda la va in America

Nel 1956 Fernanda Pivano scopre l’America e il piacere del viaggio. E trova una sua nuova dimensione. Lei, l’amica dei giganti letterari d’oltreoceano (Faulkner, Francis Scott Fitzgerald e, ancora una volta, Hemingway) che ha tradotto e fatto conoscere all’Italia, nel momento in cui mette piede sul suolo statunitense rimane folgorata dalla controcultura della beat generation. In realtà lei già conosce i nuovi fermenti culturali, avendo tradotto “On the road“ di Jack Kerouac, ma ora ne fa davvero parte. Frequenta Ginsberg, Bukowsky, Corso, Burroughs di cui diventa immediatamente grande amica. Ma anche Miller, Dos Passos, Mailer e Carver. Da lì in poi torna spesso in America. Senza mai perdere il contatto con l’Italia ma, anzi, promuovendo le avanguardie culturali d’oltreoceano e regalandoci pertanto la possibilità di goderne. Parliamo dei suoi nuovi amici: Bob Dylan (di cui la Nanda è la prima a scrivere in Italia), Lou Reed, Patti Smith, Andy Warhol. E poi il minimalismo di Jay Mc Inerney e Bret Easton Ellis degli anni ’80. Si, gli “anni americani” sono forieri di grandi entusiasmi per la Nanda. Lacerati però da due ferite (e non da poco). A fine giugno 1961 riceve una telefonata da Hemingway: “non posso più bere, non posso più mangiare, non posso più andare a caccia, non posso più fare l’amore. Non posso più scrivere”. Ed è l’ultima a sentirlo perché lui, Mr Papa, il 2 luglio si spara un colpo in bocca. Il primo grande amore della sua vita è andato via. Poi, nel 1976, dopo 27 anni di matrimonio, Ettore Sottsass la lascia per una ragazza più giovane. Fernanda ne esce affranta. Sola nella sua casa di via della Lungara a Roma piange disperata. Un dolore acuto che la frase “i miei libri alla sera quando torno non mi accendono la luce” sintetizza perfettamente.

Una nuova vita

Già nei primi anni ’70 Fernanda Pivano conosce Fabrizio De Andrè e lo aiuta nei testi per l’album “Non al denaro, non all’amore né al cielo”, ispirato all’antologia di Spoon River. Da li nasce una profonda passione. Di lui lei dice “Fabrizio è il più grande poeta italiano”. A chi dice che Faber è il Bob Dylan nostrano lei risponde: “Bob Dylan è il De André americano”. Di fatto Fabrizio De André e Dori Ghezzi diventano la sua nuova famiglia.

Fernanda Pivano ed Ettore Sottsass nel 1969 Fernanda Pivano ed Ettore Sottsass nel 1969 – Pubblico Dominio

L’eterno presente di Fernanda Pivano

La bellezza di questa meravigliosa donna chiamata Fernanda Pivano è che fino alla sua morte, avvenuta nel 2009 all’età di 92 anni, è stata quella di saper vivere sempre nel presente e di interpretarlo con arte magistrale. All’età di 84 anni pubblica una intensa lettera indirizzata all’amico Vasco Rossi, pochi anni prima è la protagonista del video “Almeno credo” di Ligabue e, infine, nel 1997, recita “Urlo” di Allen Ginsberg insieme a Jovanotti. Con la veemenza combattente e disobbediente di un’eterna bambina capace di emozioni e stupori sconfinati. Poco prima di morire la Nanda chiede a Gore Vidal: “”Che cosa possiamo fare ancora insieme?”. “Un bambino”, lui le risponde. E allora per salutarla non ci sono migliori parole di quelle usate da Don Andrea Gallo per celebrare la sua partenza da questo mondo. “Cara Fernanda, mi hai insegnato a osare la speranza. Fernanda gioiva, ormai novantenne, per la visita dei ragazzi che andavano ancora a farsi autografare il libro di Hemingway, di Kerouac, di Gregory Corso, di Allen Ginsberg e di tutti gli autori che hanno permesso loro di sognare, ed era così orgogliosa di poter dire d’aver contribuito a farli conoscere. A questi sognatori ricordava sempre che dovevano ringraziare la follia di Gregory, la visione di Ti Jean, le preghiere di Allen. In queste ore la rete è piena di messaggi di ragazzi di venti, trent’anni che la ricordano come una di loro. No, la Fernanda non se n’è andata. Guardate quanta gente la ricorda in tutto il mondo, sui giornali, in tv. Ieri anche «L’Osservatore Romano» le ha dedicato un ottimo articolo. Ancora una volta il colle di Carignano è un lago d’amore. Non se ne va Fernanda, il passato dei ricordi si insinua nel presente con una immanenza che è insieme dolente e grata…. Fernanda, Shalom, Salam, Pace! Ciao, Signora America. Ciao, Signora Libertà. Ciao, Signorina Anarchia”.