Viaggio nel Salento, dove imprenditoria, arte e cultura s’intrecciano
Difficile trovare di giorno una trattoria in queste zone. Per fortuna m’imbatto in un centro commerciale dalle parti di Francavilla Fontana che noto solo perché il passaggio a livello mi blocca. Infatti, il complesso è piuttosto piccolo ma per fortuna c’è una tavola calda. L’apparenza inganna, diceva mia nonna, e anche questa volta c’ha preso. È un self-service essenziale con solo due piatti offerti: quello che scelgo, la pasta con le verdure, è sublime. Il contesto è decisamente spartano ma la cucina è da encomio solenne e l’umanità del gestore è un patrimonio di cultura delle buone maniere e dell’accoglienza. “Che ci beve?” “Acqua” “E’ sicuro?” “Veramente no. Ma sa com’è?” “No, non lo so. So solo che qui offriamo il Pilu Niuru” “Mamma mia. Mai sentito” “Neanche il Negroamaro?” “Il Negroamaro si. Ma per caso sono parenti?” È certo che si. Il Pilu Niuru come il Niurumaru sono vini eccellenti, lo sai si?” “Ci credo” “Eh già. Sono pigiati coi piedi” “Ah” “Coi piedi delle donne del Salento, capisci?” “Son famose le vostre donne per la loro bellezza” “E per i lunghi capelli neri” “Ah adesso capisco da dove viene il nome del vino che m’ha offerto” “Lo assaggi, si?” “In omaggio alla bellezza, volentieri”.
Trovare la strada senza Google Maps è ancora possibile
Quando riparto son piuttosto euforico. Sarà per questo che mentre percorro la campagna salentina mi perdo. Devo andare a Campi Salentina. La guida che ho letto mi ha avvertito che il nome di questa cittadina viene dal greco kampia: piccoli campi. Sì, va bene, ma il navigatore mi ha portato in via Carducci a Novoli però, non a Campi. “E che ci vuoi fare a Campie?” Scopro che in dialetto della zona si dice così. “Devo andare da un signore che mi aspetta” “Io abito qui da sempre ma a Campie non ci sta via Carducci” “Ma com’è possibile?” E qui la magia: le strade son anonime e comunque anodine. Dimmi chi cerchi e vedrai che lo conosco, lo vedo comparire davanti alla memoria. Ecco infatti la domanda del miracolo: “Ma tu da chi devi andare?” “Dal Signor Sicoli” “Il fotografo?” “Bah. Non lo so. Qui nella scheda c’è scritto che sta in via Carducci. Gli ho pure telefonato. M’aspetta e sono già in ritardo” “Fai così: è facile. Vai lì, piglia di là, poi alla rotonda giri là e dopo il secondo semaforo vai giù …” ed io ovviamente mi perdo alla terza giravolta.
Puglia: una terra ospitale e gentile
Ma in Puglia l’ospite è benvenuto. Tutti sono cordiali e si mettono a disposizione. M’imbatto in una signora a cui mi rivolgo per ricevere soccorso. Lei inquadra immediatamente la situazione. Capisce d’esser di fronte a un caso disperato d’inetto esploratore che non saprebbe trovare l’acqua in mare, sicché m’intima di seguirla “Non perda d’occhio la mia macchina. La porterò direttamente davanti al negozio” “Signora ma è un’abitazione quella che cerco, mica un negozio” “Mi ascolti: i Signori Sicoli son due. Io la porto da quello che fa il fotografo. Vuole che lui non sappia dove abita suo fratello?” Ineccepibile. Cortesissima la signora mi pilota fin davanti la vetrina e mi saluta con un sorriso. E così imparo come arrivare dal mio signor Sicoli grazie all’impegno di suo fratello e di sua nipote che mi suggeriscono di mettere sul navigatore via Mamma Bella “è proprio lì. È una parallela di via Carducci”.
Con un po’ di ritardo…ma comincia l’intervista
Con un buon quarto d’ora di ritardo sono finalmente seduto davanti ai miei ospiti. “Accipicchia, il navigatore m’ha portato …” “L’elettronica è la nostra rovina” “Per fortuna ci sono le persone. Tutte così cortesi e sollecite” “Erano giovani?” “No, non particolarmente” “Vede? I giovani d’oggi son tutti persi dietro l’elettronica” “Però è un grande aiuto” “Quando funziona” “Quando funziona, certo” “La carta stampata funziona sempre” E il signor Francesco Sicoli ora s’accende di passione per il suo Salento. “Con un mio amico che però adesso m’ha lasciato, abbiamo raccolto tanto materiale per rendere ancora più popolare questa terra. Abbiamo pensato a un libro fotografico, ricco di informazioni turistiche, storiche, folcloriche. Un vero e proprio giro fotografico” “Come l’avete intitolato?” “Avremmo voluto chiamarlo ‘Salento in tasca’ ma non si può perché già c’è in una pubblicazione di tipo pubblicitaria con questo nome. Sicché il nome che abbiamo scelto è ‘Salento mio amore’” “La terra è stupenda e le persone sono davvero meravigliose”.
Il reportage fotografico: Salento mio amore
“Sì, la nostra fortuna è la nostra umanità. Abbiamo la fortuna di godere di un territorio pieno di suggestioni e d’una cultura popolare ricca e dirompente” Queste considerazioni del signor Francesco mi fanno riemergere il ricordo di Ernesto De Martino il cui studio sul mondo magico tanto m’affascinò all’università. Nonostante il mio ospite sia un imprenditore assai pragmatico e concreto, mi rivela l’anima e la passione di un ricercatore con questa suo sforzo di raccogliere testimonianze significative della sua terra. Come il signor Francesco, De Martino non era per nulla un mistico, anzi. Per il filosofo, antropologo e storico delle religioni il tema cruciale era la ‘crisi della presenza’, dramma creato dall’incertezza dei confini fra uomo e natura. L’uomo può essere annichilito tutt’a un tratto da un fulmine che lo incenerisce, travolto da una piena improvvisa, sepolto da una frana inattesa. La natura è despota, domina incontrollabile la nostra esistenza. Ecco che la magia si connota allora come tecnica, come strumento, come mezzo per rincuorarlo e rasserenarlo in questa temperie. “Il mio amico non c’è più.
Nella vita non si vive di solo pane
Sono rimasto solo nel cercare di portare a compimento quest’opera. Ma piano piano lo farò. Ho scritto a un editore il quale s’è dichiarato interessato ad esaminare i miei documenti. Ma m’ha anche detto che, anche nel caso il materiale non lo ritenesse valido per la pubblicazione, non me lo restituirà. Ed io, di certo a lui non glielo mando davvero. Continuerò prendendomi tutto il tempo che mi serve” Mi accompagna in una stanza dove, mi viene da dire ‘religiosamente’, conserva tutta la documentazione necessaria per la sua opera. Tutto è ordinato, disposto con precisione. Si spazia dalla cucina all’arte, dalle grandi città alle località più piccole, dalla produzione artigianale alla fauna. E ancora una volta mi viene naturale accostare il mio ospite al Maestro De Martino. Mi ricordo ancora ‘La terra del rimorso’ in cui De Martino si serve di un approccio multidisciplinare per compiere l’analisi etnografica del Salento. Ed è meravigliosa la risposta, lapidaria ma densissima che il signor Francesco dà alla mia domanda: perché lo fa? “Perché? Perché nella vita non si vive di solo pane”.
L’azienda Sicoli: una storia di successo
E il pane nonché il companatico, il signor Sicoli ha ben provveduto a procurarselo con la sua intraprendenza. Oggi a Lecce possiede un negozio di oltre 400 mq. Ha un sito molto ben fatto in cui si legge che “Sicoli è un’azienda che si trova a Lecce. Forte di un’esperienza di quasi quarant’anni, opera nel campo della copisteria. Si propone nel campo della vendita ed assistenza di stampanti e macchine per ufficio Sharp, Hewlett-Packard e Xerox. Esegue stampe in bianco e nero e a colori, utilizzando fotocopiatrici e plotter per il grande formato” “Signor Sicoli lo sa che anch’io a metà degli anni Settanta lavoravo in Xerox? Anzi, a quell’epoca si chiamava ancora Rank Xerox” “Quindi si ricorda com’era a quell’epoca il mondo della tipografia?” “Ah, sì: l’alternativa alla carta carbone erano le macchine copiatrici con l’intermedio rosa” “Erano le fotocopie riprodotte su carta chimica. In pratica le conseguenze erano: cattivo odore, cattiva qualità della copia nel caso l’originale non fosse più che perfetto e durata precaria della copia che col tempo sbiadiva fino addirittura a svanire”
La rivoluzione a fine anni Settanta: dalla carta carbone alla stampa a inchiostro
“L’invenzione della copia su carta comune è stata una trovata eccezionale” “Eh davvero: le copie sono diventate eterne, l’inchiostro penetra i pori della carta che il calore della lampada ha provveduto a dilatare. Il successivo raffreddamento poi imprigiona per dir così in modo definitivo l’inchiostro proprio dentro la carta” “Già, l’inchiostro non è più appoggiato sopra, passibile quindi di svanire prima o poi. E poi, mi lasci dire, fantastico è fotocopiare sopra la propria carta intestata. Vuol mettere la comodità, la maggior efficienza? Alla fine, anche il risparmio perché la carta chimica, essendo trattata, costa più della normale carta comune” “Eh sì, di argomenti per persuadere il cliente a cambiare e a servirsi della carta comune la Xerox ne aveva.
Tuttavia, senza il lavoro capillare, quotidiano, certosino di noi concessionari qui al sud, il successo non sarebbe arrivato” “Avete partecipato, per certi versi addirittura provocato una vera e propria rivoluzione culturale” “Ha ragione: cambiare le abitudini consolidate della gente non è facile. La cultura è proprio il modo con il quale la gente fa le cose di tutti i giorni. Sormontare i propri pregiudizi, ovvero i convincimenti più radicati, le opinioni più diffuse e condivise che conducono a comportamenti praticamente obbligati comporta uno sforzo notevole” “Per di più tutto ciò non può nemmeno essere imposto” “Infatti: più fai l’arrogante, il presuntuoso, il ‘so tutto io’, maggiori sono le resistenze che accendi, che provochi”.
Il percorso in Xerox e la scelta di restare al Sud
È stato difficile qui nel Salento passare dalla cultura della carta carbone a quella della copia su carta comune?” “Faticoso ma anche bello. Il primo ostacolo, l’abbiamo già detto, è contrastare la forza dell’abitudine, la resistenza di chi ti dice: ‘si è sempre fatto così’. È come trovarsi di fronte una muraglia cinese. Dov’è il varco? Lo sa anche lei: alla fine degli anni Settanta all’interno degli uffici dei comuni, negli uffici pubblici, ma anche in quelli dei professionisti come avvocati, notai, architetti eccetera, si faceva un uso sistematico della carta carbone. Fino a nove fogli sono arrivato a contare per certe pratiche” “Alla fine dei salmi però lei signor Sicoli ce l’ha fatta ed ha consolidato un’impresa.
Cominciamo dall’inizio, mi dica: come è arrivato alla Xerox?” “Lavoravo in Montedison. M’hanno cercato loro perché la Xerox all’epoca aveva la propria struttura organizzativa presente solo a Milano. Aveva da poco aperto un ufficio a Roma ma il sud era ancora terra vergine, inesplorato e da acculturare” “. Servivano concessionari che si facessero carico della diffusione ed offrissero un servizio che nella mente dei futuri, possibili clienti era ancora tutto da inventare. Ma io ho capito che quello era il futuro: bisognava osare. Così mi son fatto liquidare dalla Montedison e con quei soldi ho preso una stanza in affitto e ho cominciato a metterci dentro la prima copiatrice a carta comune” “Il successo è arrivato subito?”
La trovata dei “grandi formati”
“Guardi, dopo cinque anni l’attività era letteralmente esplosa. Mi son così dato il permesso di investire ulteriormente: sa ‘le scarpe erano strette’, non ci stavo più in quegli spazi e soprattutto scoprì una nuova esigenza nella mia clientela: quella dei grandi formati. Feci una ricerca sul mercato e trovai un’azienda olandese, la Ocè che aveva un sistema innovativo per copiare grandi formati su carta comune” “Anche la Xerox aveva macchine del genere, mi pare” “La Ocè era in grado però di copiare degli originali di cento centimetri mentre la Xerox si fermava a novanta. Sa, quando si vuol realizzare un poster, un manifesto ma soprattutto si vogliono riprodurre su carta comune progetti e disegni d’architettura, dieci centimetri sembrano pochi ma fanno la differenza” “Comunque esisteva già il sistema eliografico che poteva riprodurre su un rotolo, quindi, qualsiasi fosse la lunghezza dell’originale, non ci sarebbero stati problemi” “Sì certo, ma ricorda qual era l’inconveniente di quelle apparecchiature?” “Ha ragione: l’ammoniaca. In effetti può dare fastidio” “Oltre l’odore pungente l’ammoniaca è anche irritante e tossica. Non volevo davvero mettermi in casa un’attrezzatura che mi facesse perdere i clienti anziché guadagnarli. E poi io stesso avrei peggiorato la qualità della mia vita lavorativa” “Quindi acquista una nuova macchina? Una Ocè?” “Certo e dopo cinque o sei anni ne aggiungo un’altra con la piegatrice in linea” “Vedo adesso sul vostro sito di presentazione: ‘I quasi quarant’anni di esperienza nel campo dei servizi per la stampa digitale hanno permesso a Sicoli di sviluppare relazioni professionali con le migliori case produttrici di macchinari del settore. Ciò ha permesso di accrescere la qualità del servizio offerto, attraverso l’esposizione di prodotti dalle grandi qualità tecniche’. Ma ha sempre fatto tutto da solo?”
La ditta Sicoli: un’azienda familiare. Il ruolo dei figli
“No, per fortuna no. Sa ho due figli maschi e una femmina. Ad un certo punto tutti e tre vorrebbero andare all’università. Io son ben contento: pongo solo una condizione” “Quale?” “La facoltà deve essere a Lecce” “Come mai?” “Studiate quello che volete, dico loro. Ma se restate qua in città potreste dare una mano in Azienda e questa è stata davvero una buona intuizione” “I ragazzi hanno concluso gli studi?” “E come no. Tutti e tre si sono laureati e tutti e tre ora lavorano a tempo pieno nel negozio di famiglia” “Le scarpe non erano strette?” “Sì, ma abbiamo provveduto. Ora abbiamo locali ancora più grandi” “Avete ampliato la vostra gamma d’offerta?”
Guardi qua sul nostro sito: ‘Nel cuore di Lecce, Sicoli fornisce al pubblico servizi di vendita, assistenza tecnica e noleggio di apparecchiature per la stampa digitale. L’esperienza pluriennale nel settore dei servizi per la stampa digitale ha prodotto, nel corso dell’attività, un miglioramento della qualità dei servizi, facendo diventare l’azienda una realtà florida. Le relazioni professionali sviluppate con i migliori produttori di apparecchiature per la stampa digitale permettono a Sicoli di proporvi un vasto assortimento di dispositivi utili alle vostre esigenze aziendali e dalle caratteristiche tecniche uniche’” “Come siete riusciti a differenziarvi dalla concorrenza?” “Il nostro differenziale competitivo è il servizio. Vede? Legga qua, ancora sul nostro sito: ‘All’interno del punto vendita verrete accolti e consigliati da un personale sempre attento alle vostre esigenze, che metterà a vostro servizio le sue competenze e la sua cortesia. Sicoli non si occupa della sola vendita o noleggio di macchinari per la stampa digitale, è infatti al vostro fianco per ogni intervento di assistenza tecnica per le vostre stampanti o fotocopiatrici, sia per eseguire riparazioni che per eseguire interventi di manutenzione. Propone inoltre la possibilità di configurare le funzionalità delle apparecchiature scelte, adattandole ai diversi carichi di lavoro del vostro ufficio, con notevoli vantaggi in termini di risparmio energetico ed economico’”.
La proposta di trasferirsi alla Snam a San Donato
“Capisco. Senta, ma ha avuto mai rimpianti, non so, non le sarebbe piaciuto trovare un’altra opportunità?” “Proprio agli inizi, appena m’ero messo in proprio, per alcune specifiche applicazioni in ambito fotografico che m’ero inventato, fui notato da un ingegnere della Snam di Milano che volle approfondire quanto avevo realizzato. Insomma, questo ingegnere rimase parecchio colpito dai miei aggiustamenti finché non decise di farmi una proposta molto interessante: mi voleva con lui a San Donato, nella sede della Snam e insistette pensi per tre anni. Il compenso non sarebbe stato un problema. La casa? La Società me n’avrebbe data una a disposizione” “E com’è finita?” È finita che io son rimasto qui. Non amo la città per vivere.
“Se hai voglia di lavorare, l’America è ovunque”
Pensi che a Lecce mando avanti gli affari ma vivo ed abito interamente la dimensione di Campi Salentina. Non mi ci vedevo proprio a San Donato” “E quel povero ingegnere che è andato avanti per tre anni a farle una corte spietata?” “Le rispondo in pugliese, poi le faccio la traduzione, va bene? Ce tu uè fadegà l’Amèrghe iè ddò e l’Armerghè iè ddà – Se hai voglia di lavorare, l’America è qui e l’America è là (cioè, l’America è dovunque). Capito?” “Si ho ben inteso. San Donato è qui, a Campi Salentina” “Proprio”.
Una famiglia di fotografi da generazioni
“Qui allora arriviamo ad un’altra sua anima. Lei non è solo un ricercatore della cultura profonda e delle bellezze del Salento. Non è nemmeno soltanto un energico imprenditore di successo, ha anche altre passioni come la scienza della fotografia, altrimenti come avrebbe potuto intrigare così tanto quell’ingegnere?” “Vede i Sicoli sono alla terza generazione di fotografi, anzi con mia nipote oggi siamo alla quarta” “Ah ecco, ora ritrovo il collegamento con suo fratello” “Sì lui è uno specialista che si è dedicato completamente a questa arte” “Da dove viene questa cultura di ben quattro generazioni, centenaria mi verrebbe da dire” “E direbbe bene” Il signor Sicoli mi accompagna ora in un altro ambiente della casa totalmente dedicato ai materiali iconografici e alla fotografia dove davvero si percepisce la cultura di cento anni di fotografia. Qui c’è una raccolta di ritratti impressionante che parte dal 1918. “Io sono fiorentino: mi sembra di entrare nel Museo degli Alinari” “Beh: parliamo di attrezzatura. Vede?” – e mi indica
una macchina originale di legno di ciliegio bellissima su un treppiede dell’epoca.
Il ricordo del padre: la disabilità e l’arte dei ritratti
E poi mi parla di suo padre, l’iniziatore della raccolta. Suo padre fa dei ritratti straordinari che in parte mi mostra, raccolti tutti ordinatamente in grandi album. È bellissimo vedere questa sarabanda di personaggi in posa, fieri e consapevoli del momento importante che stavano vivendo. “La fotografia è una forma d’arte. Catturare l’espressione di una persona comporta documentare – secondo me – non solo il suo aspetto fisico, l’esteriorità, ma invitare chi guarda a leggere fin dentro l’anima della persona ritratta” “Perché suo padre s’è dedicato alla fotografia?” “Vede, mio padre ebbe alla nascita un problema alle estremità inferiori. Gli era praticamente impossibile camminare. A forza di stare seduto, pensa e ripensa, aguzza l’ingegno e scoprì nella arte fotografica la sua strada. Si è così specializzato in ritratti che lui poteva fare stando seduto” Ed in effetti il signor Sicoli mi sciorina una documentazione vastissima addentrandosi in notizie tecniche tanto affascinanti quanto complesse per un ignorante come me. Mi restano addosso però alcuni termini evocativi: il carburo, la piastra, l’accendino, importante accessorio quando non c’era la luce artificiale. Mi parla poi del ritocco dei negativi (altro che Photoshop). Insomma, questa è un’ulteriore vena culturale del mio ospite, un vero artista.