Alimenti, alla ricerca dell'etichetta giusta

Scritto da Angela Maria Messina il 23-02-2011

Quando facciamo la spesa, sapere da dove proviene il latte che è stato impiegato per produrre la mozzarella che stiamo per acquistare non è ancora possibile: sembra però, secondo un’indagine Coldiretti-Swg, che per il 97% degli italiani sia importante conoscere l’origine delle materie prime utilizzate, quindi il luogo di allevamento dell’animale o di coltivazione delle piante.
Fino a oggi, però, solo per alcuni alimenti come frutta e verdura fresche, carni bovine, pollame, pesce, uova, passata di pomodoro, latte fresco, olio extravergine d’oliva e miele queste informazioni sono già presenti in etichetta.
Anche per i prodotti a Denominazione di origine protetta (detti Dop) – in Italia ce ne sono moltissimi soprattutto tra formaggi e salumi – possiamo conoscere l’origine delle materie prime utilizzate, in quanto gli alimenti con tali marchi, già in base alle regole che definiscono la loro produzione, devono essere ottenuti partendo da materie prime che appartengono a una zona geografica stabilita; ad esempio, il latte utilizzato per produrre il Parmigiano reggiano deve essere ottenuto esclusivamente da vacche allevate nella zona tipica di produzione.
A seguito dell’approvazione del DDL 2260 Etichettatura obbligatoria sull’origine degli alimenti, nel gennaio 2011, da parte della Commissione Agricoltura della Camera, sarà obbligatorio indicare in etichetta l’origine delle materie prime utilizzate per la maggior parte dei prodotti alimentari.
Questo, come dice l’articolo 4 del Decreto, per assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, nonché al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari.
Perché tale legge venga applicata, devono però essere approvati anche i relativi decreti attuativi, con i quali bisognerà stabilire in dettaglio le indicazioni da comunicare al consumatore, e il modo in cui riportarle sui prodotti, e quali, tra questi ultimi, dovranno obbligatoriamente riportarle.
Per il momento, si sa che queste indicazioni saranno riportate in più sulle etichette di pane, pasta e derivati dei cereali, delle carni di suino, di ovino e di coniglio, dei prodotti a base di frutta e verdura come marmellate, succhi, passate, dei derivati del pomodoro diversi dalla passata, dei formaggi e del latte a lunga conservazione.
Sarà quindi possibile conoscere la provenienza di quel prodotto, anche se trasformato, in quanto sarà riportato il luogo dove è avvenuta sia la trasformazione sia la zona di coltivazione o di allevamento; anche la pubblicità di conseguenza dovrà essere coerente a quanto indicato in etichetta.
Esiste però un problema nell’applicazione di questo decreto, che introduce norme diverse sull’etichettatura degli alimenti rispetto a quelle presenti in tutti i 27 Stati aderenti alla UE dove l’origine del prodotto può essere indicata a titolo volontario. E nell’ottica della libera circolazione delle merci, all’interno della UE, non può esserci questa discordanza tra una norma nazionale e una comunitaria.
A mio avviso, al di là delle questioni normative, risulta prematuro in questo momento esprimere un parere rispetto a questa norma anche se, pur essendo importante conoscere la provenienza di quello che mettiamo sulla nostra tavola, non è detto che questo possa “garantire” qualcosa in più rispetto alla sicurezza dell’alimento stesso.
In tutti i casi, ogni provvedimento che aumenti la trasparenza a beneficio dei consumatori va guardato con interesse. In attesa di capire che cosa succederà quando il nuovo Decreto sarà attuato, cominceremo un viaggio tra le etichette già riconosciute in Italia e nel resto d’Europa, presenti su particolari prodotti. Vi dò appuntamento al mese prossimo per “leggere” insieme l’etichetta di carni bovine e di pesce: continuate a seguirci.

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