"Digiunare, divorare": quando il cibo si trasforma in metafora dei rapporti umani

Scritto da Angela Maria Messina il 23-12-2009

Potrei tranquillamente dire che l’amico che mi ha regalato “Digiunare, divorare” di Anita Desai per un Natale di circa 10 anni fa ha colpito nel segno: dopo tutto questo tempo, quel libro rimane uno dei miei preferiti. I motivi? Eccoli: unisce il mio interesse per il cibo, e tutto quel che ne deriva, alla mia passione per le storie intime, in cui le emozioni e le sensazioni pervadono tutto il racconto.
In più, in questo caso c’è anche il contrasto tra due mondi: da una parte l’India, con le sue tradizioni e rituali, e dall’altra gli Stati Uniti, con una vita apparentemente priva di obblighi.
Un fratello e una sorella vivono in questi due Paesi: il maschio si è trasferito negli Stati Uniti per studiare, mentre la femmina ha fallito due matrimoni combinati e rimane in casa per accudire gli anziani genitori. Entrambi, pur vivendo situazioni così diverse, rappresentano lo stesso malessere caratterizzato da una forte indolenza unita a un grande senso di dignità.
E il cibo cosa c’entra in tutto questo? E’ il filo conduttore della narrazione, visto che spesso si trovano riferimenti a questo o a quel piatto indiani o americani, com’è intuibile lontani anni luce tra loro.
l’atto del mangiare, con parsimonia o con voracità, compare poi altrettanto spesso: dai dolci di zucchero e latte serviti insieme al thè, al barbecue con carne al sangue di proporzioni gigantesche. Si parla insomma di digiunare e di divorare, non solo in senso metaforico.
Il cibo, in definitiva, assume sempre un significato rituale, di condivisione e di confronto tra popoli diversi, ma tutti uniti da medesimi bisogni: quello del nutrimento e della relazione con gli altri.
La storia, con ogni probabilità, ha qualche componente autobiografica: l’autrice è nata e cresciuta in India, ma continua a fare da spola tra il suo Paese e gli Stati Uniti dove insegna all’università. Anche questo elemento mi ha fatto affezionare di più al libro: con la sua visione originale del cibo e il tono privato della storia rispecchia il mio modo di essere e le motivazioni che ancora oggi mi fanno apprezzare il mio lavoro.
Ve lo consiglio, insomma… Auguri di Buon Natale a tutti voi.

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