La dieta giusta per gli over 65 in una ricerca Ue

Scritto da Alessandra Cicalini il 13-05-2011

E se la vecchiaia fosse solo il frutto di “un’infiammazione” da errato regime alimentare? Formulata in maniera ben più scientifica di così, la domanda è comunque alla base della ricerca europea che metterà a punto nei prossimi cinque anni la dieta migliore per gli anziani, partendo dai risultati raccolti durante il primo anno di sperimentazione su 1.250 volontari di età compresa tra i 65 e i 79 anni, provenienti da Italia, Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Polonia. Finanziato dall’Unione Europea con 9 milioni di euro, il progetto si chiama “Nu-Age” ed è coordinato dall’Università di Bologna. In concreto, come si svilupperà?
I volontari prescelti si alimenteranno per un anno intero con la dieta selezionata per loro dal gruppo di ricercatori. Nei quattro successivi, scienziati, nutrizionisti, statistici ed esperti di marketing si occuperanno di analizzare gli effetti dei diversi alimenti sulla salute dei partecipanti, allo scopo di studiare le combinazioni ottimali contro l’invecchiamento.
La ricerca parte infatti dal presupposto teorico del coordinatore Claudio Franceschi, immunologo docente all’Alma Mater: “La nutrizione – sostiene il professore – ha effetti profondissimi sul nostro corpo”, al punto da “cambiare il comportamento del nostro genoma”.
Ciò significa, secondo Franceschi, la possibilità più che concreta che gli effetti negativi delle nostre abitudini alimentari scorrette si trasmettano di generazione in generazione. L’invecchiamento e l’ereditarietà di molte malattie tipiche della terza età (ipertensione, Alzheimer, diabete) potrebbero dunque essere spezzati cambiando radicalmente dieta. In questo modo, sostiene sempre Franceschi, si contrasterebbe “l’inflammageing”, ossia una sorta di avvelenamento cronico a bassa intensità, presente tutta la vita, ma tale da scatenare la sua azione più nefasta proprio in età avanzata. Quale sarà, quindi, la dieta somministrata ai volontari?
Quella “mediterranea”, si legge nell’articolo del magazine dell’Alma Mater dedicato a “Nu-Age”,
ma con l’aggiunta di alcuni “rinforzi pensati ad hoc per le esigenze di un organismo anziano”. I volontari dovranno cioè bere molta acqua, mangiare molta frutta, verdura, e latticini “corretti” con le vitamine D e B12. Le fibre saranno garantite da cereali integrali e legumi; analogamente, non mancheranno pasta e riso integrali. “Il tutto – scrive ancora il magazine dell’università bolognese – armonizzato secondo le consuetudini alimentari dei cinque Paesi da cui provengono i volontari”, per esempio lasciando agli inglesi la possibilità di fare la propria colazione abbondante e agli italiani di non rinunciare alla pasta.

Al progetto partecipano anche grossi marchi alimentari, interessati a capire più da vicino come venire incontro alle esigenze di una quota di consumatori destinata a passare entro il 2030 dall’attuale 25% al 40% dell’intera popolazione europea. Con loro, collaboreranno anche i piccoli e medi produttori.
L’ampio dispiego di mezzi e risorse dovrebbe insomma permettere di individuare con una certa precisione la dieta ideale per contrastare l’invecchiamento e le malattie connesse. Ciò sarà reso possibile anche grazie alla realizzazione di focus ad hoc su aspetti meno conosciuti che influiscono sull’inflammaeging, ossia il mantenimento in salute della flora intestinale, il legame tra il sistema immunitario generale e quello intestinale e infine gli effetti dell’alimentazione sul funzionamento del Dna individuale.

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