Milano, "Città della salute"

Scritto da Alessandra Cicalini il 27-11-2009

Non si combattono malattie come tumori, aids e disturbi del cervello senza fare fronte comune: l’ideale sarebbe lavorare nello stesso luogo, ciascuno nel proprio ambito, certo, confrontandosi però sui risultati e sulle ultime frontiere della ricerca medica. Un sogno del genere dovrebbe diventare realtà a Milano, dove si sta lavorando alla nascita della Città della salute da inaugurare, secondo gli auspici, nel 2015, l’anno dell’Expò.
L’annuncio è stato dato già un anno fa, ma la svolta operativa si è avuta solo all’inizio di questo mese, quando è stato costituito in via ufficiale il Consorzio che dovrà seguire passo dopo passo l’edificazione del nuovo polo di ricerca, cura e didattica per le malattie infettive, neurologiche e oncologiche che riunirà l’ospedale Sacco, l’Istituto neurologico Besta e l’Istituto dei Tumori, in una grande struttura da 1.405 posti letto. La creatura “tre teste” sorgerà dunque nella zona nord ovest di Milano, tra il quartiere Quarto Oggiaro e il comune di Baranzate. L’area prescelta dovrà estendersi su 220 mila metri quadrati di superficie destinate solo ai servizi principali, di cura, ricerca, degenza e ospitalità per i parenti dei ricoverati; altri 70 mila metri quadrati, invece, saranno impiegati per parcheggi, impianti tecnologici e per l’asilo nido aziendale. Il progetto ha richiesto un investimento di 520 milioni di euro, di cui una buona parte, secondo quanto riferisce il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, stanziati dalla Regione medesima. La città, inoltre, non dovrebbe sorgere come una cattedrale nel deserto grazie alle infrastrutture che la collegheranno alla viabilità della zona, da potenziare con un investimento ad hoc di altri venti milioni di euro, messo a disposizione sempre dalla Regione.
In prospettiva, dunque, i migliori ricercatori (italiani e non) potrebbero lavorare nella Città della salute e contribuire in modo più continuativo ai progressi nella lotta alle più importanti malattie della nostra epoca. Oltretutto, mettendo in rete tre strutture così differenti, si dovrebbero ammortizzare i costi di acquisto e gestione delle tecnologie biomediche più all’avanguardia, con un beneficio indiretto anche sugli stessi pazienti che potrebbero spendere meno per farsi curare. Il progetto è talmente ambizioso da aver cambiato nome già prima di decollare davvero: all’inizio l’area era stata chiamata “cittadella”, ma sono bastati pochi mesi per capire che il diminutivo non le si addiceva molto, perciò la si è promossa a città. E chissà che non possa diventare una metropoli, però con un’anima, votata alla tutela della collettività.

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