Andrea Cadili, campione di sport e di vita. Per tutti noi
Scritto da Alessandra Cicalini il 24-07-2014
Intervista di Alessandra Cicalini
Sabato 19 luglio, alle undici di mattina, sul mare di Gozo c’è calma piatta. L’ideale per affrontare a nuoto la tratta che la separa dall’isola di Malta, più a sud, a circa sette chilometri e mezzo di distanza. La straordinaria avventura è stata vissuta da Andrea Cadili , un nuotatore genovese molto speciale. Accompagnato da una truppa di una decina di amici matti quanto lui, l’atleta trentatreenne, colpito durante l’infanzia dall’osteopseudoglioma, una malattia rara che l’ha reso non vedente e costretto a lungo su una sedia a rotelle, ha infatti compiuto la traversata tra le due principali isole dell’arcipelago maltese in un’ora, cinquantotto minuti e ventitre secondi.
A legarlo, solo la corda metà rigida metà elastica, con la quale tiene ben fissa la testa verso l’arrivo assieme al suo collega di peripezie marittime, Davide Sanguineti, dieci anni (non sentiti) in più di Andrea e tanta esperienza come allenatore, pallanuotista, bagnino istruttore e nuotatore tout court.
Allenamenti duri, ma soprattutto un sodalizio forte quanto e più di un legame di sangue hanno permesso ai due sportivi di ottenere risultati ottimi non solo nel mondo cosiddetto paralimpico. Da quando hanno scoperto il fascino delle competizioni extra-vasca, poi, le loro performance si sono caricate di un romanticismo ancora maggiore. E di una positività per tutti, normodotati e non, sulla quale Andrea ha insistito parecchio nell’intervista che segue. Buona lettura.
Una domanda da diecimila dollari: come si supera una malattia come la tua?
Non la si supera mai del tutto: potrei sempre rischiare di tornare in carrozzina, ma ai miei amici disabili che qualche volta si lamentano dico di farsi piuttosto un giro nei reparti di oncologia pediatrica. Tutto considerato, io mi ritengo fortunato. Qualcuno, anzi, mi accusa persino di essere arrogante…
Come diceva Don Abbondio, “il coraggio, uno non se lo può dare”… Però ammetterai che sia stata dura quando eri piccolo.
Certamente, ma lo è stato ancora di più per i miei genitori, visto che oltretutto della stessa malattia soffre anche mio fratello.
In che cosa consiste l’osteopseudoglioma?
Si tratta di una patologia che porta alla perdita della vista e alla fragilità ossea che può esporti all’alto rischio di molteplici fratture, soprattutto agli arti inferiori. E’ stata scoperta negli Usa nel 1992: ai tempi nel mondo c’erano solo dodici casi accertati… una bella botta di c… in sostanza!
(l’intervistatrice ride con lui) Hai seguito una riabilitazione particolare?
Sì: nel 2001 ho avuto la fortuna di essere ammesso in un programma speciale finanziato dalla Regione Liguria, grazie al quale i miei hanno potuto coprire una buona parte delle spese per la riabilitazione in acqua e per il trasporto nella piscina dove mi curavo, che era a Ponte Decimo, piuttosto distante da dove abitavamo.
E come sei passato dalla riabilitazione allo sport?
Rimettendomi in piedi, così, per un caso. Un giorno che mi sentivo particolarmente bene, anche di testa, infatti, ho provato a camminare senza stampelle. Ho fatto una fatica bestia, ma alla fine ci sono riuscito. E pensare che i medici dieci anni prima mi avevano detto che non mi sarei mai rimesso in piedi…
Quando è successo?
Era il 2004: da allora uso la carrozzina solo negli spostamenti lunghi. E nel frattempo, dalla riabilitazione, che facevo tre volte a settimana, sono passato agli allenamenti, che tuttora faccio, cinque giorni su sette.
Un bel ritmo, non c’è che dire. Lavori anche?
E già: dal 2003 sono centralinista alla provincia di Genova. Faccio i turni, per cui se lavoro di mattina, mi alleno di pomeriggio. Altrimenti, viceversa. Fatto sta che a sera arrivo bello cotto.
Ci credo! Di quale società fai parte?
Ne ho cambiate diverse da quando ho cominciato, ma sempre dopo attente considerazioni. Adesso sono nella Nuotatori Genovesi, in cui sono approdato, insieme con il mio istruttore e grande amico Davide Sanguineti, nel 2007.
In che cosa consistono i vostri allenamenti?
Variano a seconda del periodo dell’anno, se sono previste gare a breve, oppure no. Fino a marzo, per esempio, si fa tanto fondo e tanto carico, ossia esercizi per rinforzare la muscolatura con vari attrezzi. Alla vigilia delle gare, invece, si tende ad alleggerire evitando in ogni caso di andare in over.
Qual è il tuo personale palmares?
Oltre a 6-7 piazzamenti e a un ottimo quarto posto nei 200 stile libero al Meeting di Berlino, negli anni ho vinto undici titoli italiani, di cui 9 nel 400 stile libero, e gli altri due rispettivamente nei 200 e nei 50; l’ultimo risultato lo considero straordinario, visto che di base sono un fondista, non uno scattista. Dovevo essere in stato di grazia, evidentemente.
E l’amore per le traversate quando è nato?
Ci credi? Era il 2010, stavamo festeggiando la fine di una stagione ed eravamo un po’ brilli… a un certo punto io e Davide ci siamo detti: perché non facciamo Messina – Reggio Calabria a nuoto? E così è stato: pur continuando a lavorare per le gare di campionato, quell’anno abbiamo attraversato il canale, ottenendo un signor tempo…
Cioè?
Quarantotto minuti e ventisette secondi (per circa 5 km, ndr): un record come disabile e nono tempo in assoluto nello stesso tratto di mare. L’anno scorso siamo stati invece sul Bosforo, nuotando per 5 km e mezzo in 57 minuti, e quest’anno Malta-Gozo…
Com’è composto l’equipaggio che ti segue nelle traversate?
Innanzitutto ci siamo Davide ed io, legati da una corda di quattro metri, che non abbiamo ancora brevettato, ma che, essendo per metà rigida e per metà elastica, mi permette di sapere sempre in quale direzione devo andare. Poi, in tutte le traversate, che siano organizzate da singoli o da società strutturate come nel caso del Bosforo, ci devono essere sempre delle barche e dei barcaioli esperti che conoscano le condizioni del mare; poi almeno un medico a bordo e un bagnino in acqua e infine un’ambulanza all’arrivo. Se parti da solo, infine, devi procurarti anche i permessi della capitaneria di porto. Abbiamo fatto così per Messina – Reggio Calabria e adesso per Malta, dove ci aspettavano anche amici del posto. A questo proposito, voglio ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato a portare a termine l’ennesima avventura. In particolare voglio citare Agnese Laura e Diego, che mi hanno aiutato in questi mesi con gli allenamenti; poi la piscina di Albaro a Genova che ci ha ospitati, Maurizio ed Emanuela che erano sul gommone messo a disposizione dal Summer Camp Waterpolo Risso, i nostri sponsor tecnici Cressi Swim e Nuoto Mania che ci hanno fornito rispettivamente mute e apparecchi radio per comunicazione. E infine grazie di cuore a tutte le persone di Malta che ci hanno accolto e aiutato senza chiedere nulla in cambio.
Quanti altri disabili conosci che fanno gare libere?
Veramente non ne conosco! A parte quest’anno a Malta, dove ha partecipato anche Andrea Chiuminatto, un atleta paraplegico di 52 anni. Con noi in acqua c’erano anche Aurelio Risso, 60 anni, dei Lyons Genova, Tiziana La Monica e Cristina Garbini, 40 anni tutte e due, poi Marco Rebora (46) e Andrea Paolillo, entrambi della Società Nazionale Salvamento, Sezione Nervi.
Un bella truppa di matti, quindi… Vorresti concentrarti solo sulle traversate d’ora in avanti?
No, perché le gare in vasca ti permettono di controllare i tuoi tempi e le tue condizioni fisiche, però è anche vero che, essendo un fondista, preferisco le gare lunghe e la sinergia che c’è tra me e Davide. Insomma, con lui mi diverto, anche: la sera prima delle gare, per dire, siamo spesso in birreria. Una volta ricordo a Bari una friggitoria buonissima…
La tua filosofia è, in definitiva: lo sport fa bene, ma niente fanatismo?
Esatto. Certo, a tutti piace vincere, però il messaggio che vorrei dare con il mio esempio è che tutti possono centrare il proprio obiettivo, che sia nello sport o in un altro campo, non importa. Ed è anche per questo che vorrei trovare degli sponsor che ci permettano di sperimentare altre traversate contenendo i costi. Finora ci siamo sempre autofinanziati, infatti, ma da soli è dura…
Quanto costerebbe a un’azienda sponsorizzarti?
Per un’intera stagione, comprensiva di campionati italiani e un’eventuale traversata, sui tremila euro circa. Tieni conto che scegliamo sempre le soluzioni di viaggio più convenienti. Quest’anno, poi, saltando i campionati italiani per concentrarci su Malta, abbiamo messo in vendita anche delle magliette per rientrare un po’ nelle spese. Insomma, se ci aiutasse qualche azienda per lo meno per le traversate, ne saremmo molto contenti…
Il messaggio nella bottiglia (del mare che solcherai nella prossima gara libera) è stato lanciato. Per curiosità: anche tuo fratello è uno sportivo?
No! Lui è l’artista di famiglia: insegna musica e compone. Di fatto siamo entrambi invasati, ma di due discipline diverse!
E i vostri genitori che cosa ne pensano?
Si dividono equamente tra l’uno e l’altro… Scherzi a parte, sono molto contenti, anche perché per loro non è stato affatto semplice. E considera che io adesso vivo anche da solo.
E gli altri come vi guardano?
Spesso sembriamo dei marziani, visto che siamo iperattivi, ma quando qualcuno ci critica, io e mio fratello ci diciamo sempre “noi abbiamo la difesa di roccia contro gli attacchi di sabbia degli altri”.
Ti riferisci forse anche al modo in cui sono visti i disabili in Italia? Non pensi che ci sia stato qualche cambiamento nella mentalità generale?
Sì, qualcosa è cambiato, ma, tenendo conto che siamo partiti dall’età della pietra, c’è ancora tanta strada da compiere per arrivare a una vera cultura sportiva per tutti. Per esempio, bisognerebbe creare scuole di sport ad hoc per i disabili, con spazi allenamento adeguati. E anche se non credo che avremo mai atleti disabili pagati come capita altrove, per lo meno spero che sparisca presto la pratica di esonerare dallo sport i ragazzi disabili, cosa che purtroppo ancora succede.
Tu sei anche impegnato in prima persona su questo fronte?
Sì: sono vicepresidente del Comitato regionale paralimpico e delegato regionale della Federazione nuoto paralimpico. Però non mi sento un eroe per quello che faccio: sono solo uno che ha una storia da raccontare. E che soprattutto ha tanta voglia di vivere.
Ed è proprio la sua grande voglia di vivere che lo farà essere sempre un campione, un “champ” com’è chiamato dagli amici. Da Muoversi Insieme il nostro più sentito grazie e un immenso in bocca al lupo per tutto. Continua a vincere (soprattutto moralmente) per tutti noi!