Portami a ballare
Ci rialzeremo a passo di tango?
Scritto da Stannah il 20-05-2021
Partiamo da noi, figli degli anni ’60 e ‘70. Si, proprio noi che abbiamo passato le serate a sfondarci di decibel e luci stroboscopiche nelle discoteche tutti colpiti da “incontenibili febbri del sabato sera”. Allora tanghi e mazurke li sopportavamo giusto alle feste di piazza (normalmente di due tipologie: santo patronale e l’Unità). Per il resto erano “robe da anteguerra”. Cose da “balera”, luoghi dall’aria un po’ tristanzuola e malinconica, fuori moda e fuori tempo. Romanticherie di strass e poliestere. Arriviamo agli anni 20 (non quelli ruggenti, quelli di un nuovo millennio cominciato anche piuttosto male). Che succede? Nelle grandi metropoli dai grattacieli di cristallo nascono (come funghi) scuole di “ballo da sala”: tango, salsa, mazurka ecc. E non sono frequentate da improbabili “Ginger e Fred” catapultati da uno strano destino nella macchina del tempo. Ci vanno manager, personaggi famosi, stelle della cultura e della moda. Si, anche quelli come noi, che nei nostri vent’anni, “amavano i Beatles e i Rolling Stones”. In televisione il liscio approda nella prima serata con quel “Ballando con le Stelle” che fa numeri da capogiro. L’ improvvisa scomparsa di Raoul Casadei, padre del liscio “made in Romagna” viene celebrata come si conviene nei confronti dei “giganti” della cultura italiana. E, per finire, a Sanremo approdano gli “Extraliscio” con il loro “punk da balera”, nato sotto il segno dei Casadei e benedetto da Elisabetta Sgarbi, uno i nomi più eminenti dell’”alta” cultura italiana. Non solo: per entrare nelle balere nei weekend ci sono le file. O meglio, c’erano. Molte di esse dopo oltre un anno di COVID rischiano la chiusura definitiva. Ma in loro difesa scendono in campo cittadini e istituzioni: stiamo infatti parlando di veri e propri “beni culturali” da preservare. E, diciamocelo, anche noi che sacrificavamo questo rituale popolare così democratico, allegro e italiano sugli altari del rock d’oltremanica, oggi un bel valzer o un “lentazzo guancia a guancia” non vediamo l’ora di riprendercelo.
Voglia di ballare, e allora “vai col lissio”!
Se parliamo di liscio viene subito in mente la Romagna e la Riviera Adriatica. Perché da lì viene l’orchestra di Secondo Casadei (padre di Raoul) a cui “ufficialmente” nel 1928 si attribuisce la nascita del liscio come genere musicale moderno. Perché quell’orchestra ha creato brani intramontabili come “Romagna mia”, “Simpatia”, la “Mazurka di Periferia” o “Ciao Mare”. Perché quell’orchestra è la voce di una terra semplice, solare e gaudente. Quella delle generose tabaccaie e dei Vitelloni di Federico Fellini e della spumeggiante “Raffa nazionale”. Ed è proprio a Bellaria, terra in cui la showgirl ha vissuto l’intera infanzia, che, nel 1910 viene aperto il “Capannone Brighi”, la prima balera. Niente di speciale si intende. C’è una pista, un servizio bar e un piccolo spazio per i musicisti. Principalmente i brani suonati sono di tre categorie: walzer, mazurka e polka. Il termine liscio, viene creato proprio perché i ballerini (che non arrivavano certo da grandi scuole) ballavano un po’ tutto allo stesso modo. Ovvero lasciando “scivolare” velocemente i piedi sulla pista. In poche parole “andavano via liscio”. Detto questo, la “febbre della balera”, dalle spiagge (e dai borghi) romagnoli presto si espande praticamente ovunque in Italia. Prima in Piemonte dove rapidamente ottiene un successo clamoroso. Poi in tutte le altre regioni, mescolandosi spesso con le tradizioni folkloristiche locali che ritrovano una nuova vita. Ma quello che accomuna tutte le balere in tutta Italia è la “ritualità sociale”. Ci si va per accontentare la moglie (magari più “vocata” per la danza del marito) o magari per trovarne una. Le signore sono fresche di parrucchiere e indossano abiti in technicolor. Poi tra un ballo e l’altro c’è chi gioca a carte, chi alza un po’ troppo il gomito e un potente sottofondo di pettegolezzi. Insomma la balera non è altro che una bellissima, piccola Hollywood di provincia. Dove ognuno, indipendentemente da classe sociale o dichiarazione dei redditi, è una star e ha il suo pubblico di fans. Icona di un’Italia che, per qualche ora, si concede di lasciare a casa acciacchi e guai per vivere un sogno di spensierata allegria.
Riportami a ballare
Torniamo al presente. Che per la fascia di persone “di una certa” è molto pesante. Perché il virus non è stato semplicemente questione di distanza e mascherina. Ma è stato assenza. Assenza dei propri cari, tanto amati e assurdamente diventati una minaccia. Assenza di vita sociale: “che strano”, afferma la signora Tina di Milano. “Io ho passato sessant’anni nelle case degli altri per mantenerle in ordine e confortevoli, lavorando senza fine settimana e senza orari.
Ma così contenta quando vedevo i signori rientrare e guardare stupiti la loro sala da pranzo luccicante. Così come sempre pulita e in ordine è sempre stata la mia. Ma se diventa una prigione, tanto vale darle fuoco”. Come dar torto alla Tina: c’è chi ha lavorato una vita intera e, nel momento in cui può riprendersi un po’ di serena libertà, deve temere per la sua incolumità anche solo mettendo il naso fuori dalla porta. È una realtà che, noi di Stannah, verifichiamo su base quotidiana con i nostri clienti. E che ci viene confermata dagli amici di Federanziani-Senioritalia, il più importante organismo attivo in tema di diritti della terza età a cui fanno capo moltissimi centri ricreativi sparsi in tutta Italia. Balere comprese. Attenzione non stiamo parlando di “riserve indiane”. I centri anziani brulicano di vita. E non sono frequentati solo dai nonni, ma sono veri punti di contatto intergenerazionale. Eh già, i più giovani tra un pezzo “trap” e una seduta in palestra riscoprono il piacere del gioco a carte, le bocce e, naturalmente, il ballo. Cose che si imparano, appunto, nei Centri Anziani tra veri e propri “professionisti” che hanno allenato tutta la vita a queste discipline. E che, privati, soprattutto del ballo, soffrono non poco. “Abbiamo organizzato tanti corsi di ballo nel nostro centro”, racconta Giuseppe Collalti presidente del Centro Sociale per Anziani di Alatri. “Li chiamiamo corsi di “movimento al ballo”, per sottolineare che chiunque può farlo, mentre se parlassimo di scuola di ballo le persone si sentirebbero intimorite. In questo modo invece si vuol dire che chiunque è benvenuto, anche chi incontra qualche difficoltà nella ginnastica posturale o in altri tipi di attività fisica. Nel ballo ognuno può trovare il suo movimento e sentirsi a proprio agio. Nel nostro centro avevamo il corso di ballo di gruppo e quello per i balli di coppia. E in generale ogni volta che organizziamo una festa, come a San Valentino, per la Festa della mamma o del Papà, o per la festa della donna, concludiamo sempre ballando, che è il massimo della socializzazione. Ci sono quelli che ballano solo in coppia e quelli che preferiscono il ballo di gruppo. Io per tanti anni non ho ballato. A me ballare non piaceva assolutamente ma a mia moglie sì. Quando c’era una festa in cui si ballava io non andavo oppure andavo ma non ballavo, e allora non andava neppure lei. Io la vedevo che fremeva, ma si tratteneva perché non aveva voglia di ballare con altri. Così alla fine mi sono deciso e ho partecipato a uno dei corsi che organizzavamo al centro. Da allora è diventata una passione e balliamo sempre in coppia. Adesso io e lei come tutti gli altri non vediamo l’ora di riaprire il centro perché ci manca molto la socializzazione, ci manca il divertimento della danza. Chi sa usare il computer riesce ad adattarsi meglio in questo periodo grazie ai gruppi che abbiamo creato su whatsapp, ma ovviamente niente può sostituire quelle giornate insieme in cui tra una partita a carte, un ballo e un lavoro a uncinetto si riusciva a condividere la vita con gli amici. Adesso stiamo aspettando di essere tutti vaccinati e di sapere cosa deciderà la Regione Lazio…poi siamo pronti a tornare in pista. È la cosa più bella che ci possa essere per vivere in amicizia”. Che emozione. Ed è proprio vero che la terza età, in fondo, è una seconda giovinezza. Con gli stessi rituali, la stessa voglia di stare insieme e, naturalmente, di “ballare sul mondo”!