Bici pulite, la seconda vita di Roberto Talamioli

Scritto da Alessandra Cicalini il 20-02-2009

ciclista al tramontoChissà cos’è che spinge a trasformare l’amore infantile per la bicicletta in uno sport. Perché di solito tutti, più o meno, cominciamo a pedalare a tre-quattro anni, con il triciclo, prima, poi con la bici a rotelle, quindi con la due ruote, in un equilibrio miracolosamente stabile, nonostante la precarietà dei rotondi punti di appoggio. Se lo sarà sicuramente chiesto, almeno una volta, Roberto Talamioli, ex ciclista veronese, oggi cinquantaseienne. Da ragazzo gareggiava e si capisce che doveva essere anche piuttosto forte da come parla. La disciplina sportiva e l’amore incondizionato per la bicicletta l’hanno aiutato molto quando ha incontrato un brutto momento, cinque anni fa. Nella sua famiglia pedalano tutti, i tre figli, e pure i suoi genitori ottantenni, ogni giorno, si fanno delle belle passeggiate di cinquanta chilometri. Roberto non ha mai fumato né bevuto né, soprattutto, ha mai fatto uso di sostanze dopanti.
Eppure l’ictus è arrivato ugualmente, chissà come, chissà perché.


Il momento peggiore, per lui, è stato quando in ospedale hanno scoperto che era un ciclista: “Tutti sanno della cattiva fama che si è fatta questo sport”, racconta, “perciò mi hanno chiesto più volte se mi fossi mai dopato“. Dal tono si intuisce che ha faticato a farsi credere: no, ha ribadito ai medici, non si è mai dopato, ma l’umiliazione di essere stato preso per un drogato la sente ancora adesso.

Tuttavia, quelle domande gli hanno fatto scattare qualcosa: “Mentre ero ancora ricoverato, ho capito che dovevo trovare il modo per dare un’immagine diversa del ciclismo“, spiega, “così ho avuto un’idea… in realtà sono un vulcano di idee, anche perché mi hanno dato l’invalidità civile, perciò ho molto tempo libero per pensare”.

ciclisti in fugaEd ecco la sua idea più esplosiva: Roberto vuole mettere su un’associazione sportiva dilettantistica che alleni ciclisti d’elite e under 23 e possa gareggiare su strada e su pista anche all’estero. La sua struttura, però, sarà completamente diversa da quelle consuete: “Gli atleti che si tessereranno con noi devolveranno in beneficenza parte dei premi conquistati: ho già stretto un accordo con la Fevoss di Verona, specializzata nel sostegno ad anziani, immigrati e poveri“, precisa l’ex ciclista.

Roberto ha trovato anche un nome, “Cicli Tagliaro”, dal costruttore di biciclette della sua zona disposto a fornirgli gratis il logo per le magliette e gli automezzi dell’associazione. Al suo progetto collabora anche un giovane ciclista, Alessandro D’Urso, che l’aiuta con i contatti esterni. Perché la strada per realizzare il suo progetto è ancora in salita: “Per partire abbiamo bisogno di trovare qualche sponsor finanziatore, ma per ora abbiamo ottenuto solo molte parole e nessun impegno concreto”, rivela Roberto, che però non si scoraggia, abituato alla resistenza dai tempi in cui sfrecciava sulla bici. Per dire, ha già trovato possibili atleti che lo seguirebbero nella sua avventura, tra i ragazzi che allena nella squadra giovanile della sua città.

Tra i giovani c’è del buono – continua – le mele marce sono poche, ma purtroppo bastano per gettare discredito anche sulle sane”. Ed è per questo che è così importante puntare sulla maggioranza positiva, unendo le forze. Da soli, infatti, non si va da nessuna parte, come nelle gare di ciclismo, in cui il vincitore è unico, ma quanto contano i gregari che gli tagliano il vento e lo fanno schizzare in avantiper saperne di più sul progetto e per sostenerlo, potete telefonare al numero 045/52 40 39, oppure al 347/160 62 01.

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