Festival di Venezia, i "Leoni" secondo noi!
Scritto da Stannah il 03-09-2008
Puntuale come i temporali di fine estate, è tornato il Festival di Venezia, quest’anno alla 65esima edizione.
Sabato prossimo si scoprirà chi si è aggiudicato i leoni, d’oro e d’argento, e chi le coppe (Volpi) per i migliori attori protagonisti e non, oltre, naturalmente, agli altri premi in lizza.
Con analoga precisione, anche stavolta diversi critici hanno arricciato il naso davanti ad alcune pellicole: è il loro mestiere, del resto, poi il pubblico deciderà se essere d’accordo o meno.
Le polemiche, come si sa, non ci interessano, e tutto sommato nemmeno la competizione: noi di “Muoversi insieme” preferiamo piuttosto parlare dei film in quanto tali, per orientarci su quali andare a guardare per conto nostro al cinema durante il prossimo inverno.
Partiamo.
Promette per esempio di essere divertente la commedia nera “Burn after reading” degli eterni ragazzi nonché fratelli, Joel ed Ethan Coen, premiati da poco con l’Oscar per il precedente e tutt’altro che allegro “Non è un paese per vecchi”.
Il loro film ha aperto la scorsa settimana il festival, in un delirio di fan (in prevalenza signore e signorine) acclamanti i due belli di Hollywood, “l’italiano” George Clooney, e “il papà” Brad Pitt.
Dopo anni di crisi (vera o presunta: lasciamolo decidere agli esperti),
il cinema italiano sembra essere in ripresa: le pellicole “made in” al concorso ufficiale sono quattro.
Gioca infatti in casa Pupi Avati, con il suo “Il papà di Giovanna”, che ha scelto come protagonista maschile un volto noto della tv d’intrattenimento e della fiction: Ezio Greggio.
Pappi Corsicato presenta invece una commedia sulla carta irriverente, con “Il seme della discordia”, mentre Ferzan Ozpetek continua a scavare nell’animo umano con “Un giorno perfetto”, pellicola che dà l’opportunità a un altro volto noto del nostro cinema (e della tv),
Isabella Ferrari, di essere doppiamente sullo schermo, nel film del regista italo-turco Può essere infine un pugno allo stomaco cui conviene comunque non sottrarsi “La terra degli uomini rossi-Birdwatchers”, di Marco Bechis, lo stesso regista di “Garage olimpo”, lo scioccante ma purtroppo veritiero film sulla tragedia dei desaparecidos d’Argentina.
E tuttavia, la rinnovata energia del nostro cinema sembra appartenere ancor più alle pellicole italiane non comprese nella gara ufficiale: pensiamo in particolare al “Pranzo di ferragosto”, presentato per la “Settimana internazionale della critica”, con la regia (e la recitazione) di Gianni Di Gregorio e la produzione di Matteo Garrone, regista di “Gomorra”.
Di sicuro molti di voi avranno assistito ieri sera durante il tg1 allo show delle quattro signore protagoniste, tutte ben al di sopra dei settant’anni, che nella vita non avevano mai calcato la scena prima di adesso. Un breve cenno alla trama, per chi non ne sappia ancora nulla: un uomo sulla sessantina è costretto a invitare la madre dell’amministratore di condominio più altre signore rimaste sole nella festa estiva più delicata dell’anno in cambio dell’azzeramento del debito per il mancato versamento delle quote condominiali. Il film mostra le signore e il “signorino” intorno alla tavola, in un susseguirsi di dialoghi paradossali scanditi dal succedersi delle portate.
Dei chiaroscuri della terza età parla anche il corto firmato da Natalie Portman, attrice all’esordio come regista, che filma una Lauren Bacall senza lustrini dopo l’imbellettamento da clown del circo cui la diva dei noir anni Quaranta si sottopone per incontrare un altrettanto grinzoso Ben Gazzara.
Entrambe le pellicole sono delicate, dicono chi le ha viste, ma c’è qualcuno che fa notare con molta ironia che forse, chi ha qualche ruga di troppo, magari “preferisce vedere George Clooney baciare qualche squinzietta pettoruta”, come ha scritto Natalia Aspesi sulla “Repubblica” di ieri…
In tutti i modi, per chi vuole sognare e commuoversi senza pensare a rughe, belloni o mali del mondo, una pellicola che potrebbe piacere a grandi e piccini è il cartoon giapponese (tutto fatto a matita, alla faccia delle tecnologie digitali) “Gake Ue No Ponyo”, di Hayao Miyazaki.
La trama, in questo caso, conta meno: molto più importante è lasciarsi trasportare dalle immagini, dai colori e dal flusso della storia. Solo così si entrerà nelle atmosfere dell’autore, questo sessantasettenne rimasto bambino, capace di dare realtà ai sogni. Provate a guardarlo, e poi mi saprete dire.
Che altro aggiungere? Buona visione a tutti!