Mario e Vanni, amici oltre "l'equivoco"
Scritto da Alessandra Cicalini il 17-12-2008
Mario è un abitudinario. A una cert’ora il pranzo, poi il riposino, la telefonata giornaliera con la sua amica e qualche passeggiata, se capita, ma sempre di meno, negli ultimi tempi.
Vanni, invece, è di tutt’altra pasta: a parte la sua stazza notevolmente accresciuta (mentre Mario è diventato gracilino),
è uguale a quando era ragazzo, un gran chiacchierone pieno di vita e di guai.
Ad assistere al loro incontro è Kemal, il cameriere egiziano di Villa Lattes, la bella dimora alle porte di Torino di proprietà della defunta moglie di Mario, Ada. Il suo padrone non vedeva l’amico dai tempi della guerra e già solo questo dato gli basta per capire che quei due hanno molto da dirsi, ora che sono praticamente al capolinea.
E invece Mario studia Vanni con circospezione, finché si decide a invitarlo in casa. Non riesce a credere davvero che l’antico compagno d’armi stia lì lì per morire, come racconta quest’ultimo. Piuttosto, intuisce che da quella inattesa visita sopraggiungeranno beghe inaspettate. E non ha torto, perché dall’ingresso di Vanni nella villa sarà tutto un susseguirsi di eventi, anzi, di equivoci da svelare, che coinvolgeranno gli anziani protagonisti della storia, ma anche i figliastri di Mario e non solo loro…
Non si può dire di più della storia narrata ne “L’equivoco”, il romanzo di Alain Elkann pubblicato da poco per Bompiani. Come in tutti i racconti che girano attorno a un segreto del passato, è giusto lasciare al lettore il piacere di arrivare al clou da solo, possibilmente in una giornata in cui si ha un po’ di tempo a disposizione (le vacanze di Natale sono l’ideale!).
Vanni e Mario ci portano a Torino, sotto i portici di un freddo pomeriggio, guidandoci fin dentro ai ristoranti e nei caffè così tipicamente sabaudi, gli stessi che una volta frequentava il conte Cavour con i suoi occhialini tondi.
I loro bisticci e quelli dei figliastri con il patrigno e l’antico amico ci parlano di foto ingiallite dal tempo, di pranzi in solitudine, di rancori, di vizi e di manie della vecchiaia, ma anche di sentimenti forti come l’amore e la passione, niente affatto sopiti dall’età.
Il trambusto che sconvolge la quotidianità di Mario a un certo punto è così forte da mettere in discussione anche il rito quotidiano dei pasti. Mario finisce per consumarli da solo, nella sua stanza; ma per fortuna questo succede quando ormai la storia volge al termine.
Per chiuderla, Elkann non tradisce la levità e la delicatezza adottata fin dall’inizio e ci regala un “happy end”, per nulla scontato.
Anche in questo caso, il riserbo è massimo (e ci mancherebbe altro!),
però un indizio lo si può dare: ricordate “Onda su onda”, la canzone di Paolo Conte in cui si racconta di un naufragio e di una donna, Sara, che un attimo prima ballava stretta nelle braccia di un altro uomo?
All’inizio chi canta è triste: “Sara, ti sei accorta? Tu stai danzando insieme a lui, con gli occhi chiusi ti stringi a lui…”. Dopo il naufragio, invece, il tono cambia: “Stupenda l’isola è, il clima è dolce intorno a me, ci sono palme e bambù, è un luogo pieno di virtù…”.
Insomma, anche dopo un uragano come quello che attraversano i due vecchietti, la quiete ritorna, e pure una gioia a tratti estatica. Basta saper aspettare, e Mario e Vanni ce lo dimostrano.
Buona lettura a tutti!