Un'amicizia in volo nel cielo di Kabul

Scritto da Stannah il 27-06-2008

il_sole_dietro_alle_nuvole.jpgPrima di tutto, che cos’è un “cacciatore di aquiloni”? Quando mio padre, qualche mese fa, mi ha prestato il primo libro di Khaled Hosseini, uscito in Italia nel 2004, la prima domanda che mi sono posta leggendo la quarta di copertina e poi le prime righe del “Cacciatore di aquiloni”, è stata questa. Prima di scoprirlo, mi ci è voluto un po’: l’autore non lo rivela subito. E già da qui capisci di avere di fronte un bravo tessitore di storie.

A questo punto, sarei quasi tentata di non dirvi chi è e che cosa fa “uno che caccia gli aquiloni”. Mi limito a darvene un cenno: si tratta di un gioco bellissimo che si svolge nel cielo, messo in azione, da terra, da squadre di bambini suddivisi a due a due. Il luogo in cui si svolge, o forse si svolgeva, è l’Afghanistan, la stagione prescelta per l’evento ludico è, paradossalmente, l’inverno, quando l’aria frizzante e il bianco della neve fanno risaltare ancora di più le sfumature variopinte di quegli aggeggi aerodinamici che invece noi italiani siamo abituati a osservare sulle spiagge, d’estate, o tutt’al più nei parchi, in primavera.

Una caccia in particolare lega il destino di due bambini, Amir e Hassan, amici dalla nascita, ma distanti per estrazione sociale ed etnìa. Hassan è un “hazara”, una minoranza invisa ai musulmani estremisti, quelli che poi finiscono per prendere il potere.


Prima che Amir cominci ad andare a scuola, però, le differenze tra loro non sono poi così evidenti. Anzi, qualche volta Amir ha la sensazione che suo padre sia più affezionato ad Hassan, figlio del loro domestico, piuttosto che a lui. Hassan è forte, mentre lui, che racconta la storia dagli Usa, dov’è fuggito con il padre dopo l’avvento al potere dei Taliban, spesso dà di stomaco anche solo dopo un breve viaggio in auto.

Amir vuole molto bene ad Hassan, comunque, ma è impressionato dalla devozione che l’amico hazara ha nei suoi confronti. Una devozione che sarà causa di sofferenza, per Hassan, soprattutto, ma anche per lui.
Amir cerca in definitiva un riscatto: sa di aver commesso un errore terribile, dal quale forse non potrà mai liberarsi del tutto, anche se c’è qualcosa che può ancora fare.

La seconda parte del libro si sofferma sul ritorno di Amir nella sua terra, un percorso a ritroso dentro se stesso che lo farà diventare definitivamente adulto. Quell’uomo che, forse, avrebbe voluto vedere suo padre, scomparso in una terra straniera, solo dopo avergli dato un’istruzione adeguata e una moglie, lottando fino all’ultimo come un leone.

Vi avviso: leggendo “Il cacciatore d’aquiloni”, potreste piangere, ma la punta di amaro della ricetta confezionata con grande sapienza da Hosseini si mescola alla dolcezza complessiva delle sue pagine, ricche di sentimenti positivi, come l’amore, la fedeltà e il rispetto.
Soprattutto, vi resterà anche a distanza di molto tempo un sapore preciso: quello di un’amicizia capace di innalzarsi oltre le nostre povere vite di terrestri, come gli aquiloni in gara nel cielo di Kabul.

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