Conciliazione obbligatoria, ecco com'è cambiata la legge
Scritto da Gaetano De Luca il 20-04-2011
Dallo scorso 21 marzo nel nostro sistema giudiziario è entrata in vigore un’importante novità: la conciliazione obbligatoria. Il nuovo strumento obbliga chiunque ritenga di aver subito un torto in determinate materie, a rivolgersi obbligatoriamente a un ente di mediazione e non più al tribunale, per tentare di arrivare a un accordo con la controparte, evitando l’iter ordinario.
La conciliazione obbligatoria è stata sancita dal decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28. Questi i settori in cui è necessario farvi ricorso in prima istanza:
- diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto e servitù di passaggio etc);
- divisione;
- successioni ereditarie;
- patti di famiglia;
- locazione;
- comodato;
- affitto di aziende;
- risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità,
- contratti assicurativi, bancari e finanziari;
Per le numerosissime controversie in materia di condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti l’obbligatorietà è stata differita al 20 marzo 2012 per consentire un avvio graduale del meccanismo.
l’obiettivo di questa nuova procedura è chiaramente quello di alleggerire la macchina della giustizia, cercando di risolvere in via stragiudiziale le controversie.
Da marzo, pertanto, la parte coinvolta in una lite nelle materie sopra indicate è obbligata a cercare in via preliminare un accordo amichevole con la controparte.
Come funziona
Se la persona coinvolta in una disputa legale è a conoscenza di questo obbligo, dovrà semplicemente presentare una domanda direttamente ad uno degli organismi di mediazione autorizzati, contenente l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni. Le parti possono scegliere liberamente l’organismo.
Se invece la persona si rivolge direttamente al proprio avvocato di fiducia, questi è tenuto, nel momento del conferimento dell’incarico, a informare il cliente dell’obbligo di procedere a un tentativo di conciliazione attraverso una mediazione per la soluzione della questione. l’avvocato è tenuto anche a informare il proprio cliente della possibilità di utilizzare il procedimento di mediazione negli altri casi di non obbligatorietà. Tale informazione deve essere data per iscritto.
In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio (articolo 4 Dlgs 28/2010).
Una volta presentata la domanda, l’organismo di mediazione entro due settimane fissa uno o più incontri con la controparte mirati alla composizione amichevole della controversia. Il mediatore ha la funzione di raggiungere l’accordo che meglio tuteli gli interessi di entrambe le parti.
Il tentativo ha una durata massima stabilita dalla legge, ossia quattro mesi. Se l’accordo viene raggiunto, l’intesa viene sottoscritta dalle parti e la controversia si chiude. Se invece le posizioni sono rimaste distanti, per risolvere la lite si può procedere sulla base del procedimento ordinario, rivolgendosi al Tribunale.
l’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo. Nel caso di mancato accordo, il mediatore può invece fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno.
Il mediatore deve fare la proposta se le parti concordemente glielo richiedono.
Negli altri casi il mediatore può fare la proposta, se il regolamento dell’organismo lo prevede.
Se la proposta non viene accettata e il processo davanti al giudice viene iniziato, qualora la sentenza corrisponda alla proposta, le spese del processo saranno a carico della parte che ha rifiutato ingiustificatamente la soluzione conciliativa.
Il procedimento di mediazione si caratterizza per l’assoluta riservatezza delle informazioni e dichiarazioni rilasciate dalle parti al mediatore, il quale è tenuto al segreto professionale. Inoltre, quando il mediatore si incontra separatamente con le singole parti non potrà svelare all’altra parte alcuna informazione. Questa tutela particolare della riservatezza ha il preciso obiettivo di consentire alle parti di fornire ogni elemento utile per raggiungere un accordo, senza il timore che quanto dichiarato possa poi essere utilizzato contro le proprie ragioni.
Quanto ai costi, le parti devono anticipare le spese di avvio del procedimento, pari a 40 euro, e pagare le spese di mediazione, indicate nella tabella A del decreto ministeriale n. 180 del 2010:
– fino a EUR 1.000: EUR 65;
– da EUR1.001 a EUR 5.000: EUR130;
– da EUR 5.001 a EUR 10.000: EUR 240;
– da EUR 10.001 a EUR 25.000: EUR 360;
– da EUR 25.001 a EUR 50.000: EUR 600;
– da EUR 50.001 a EUR 250.000: EUR 1.000;
– da EUR 250.001 a EUR 500.000: EUR 2.000;
– da EUR 500.001 a EUR 2.500.000: EUR 3.800;
– da EUR 2.500.001 a EUR 5.000.000: EUR 5.200;
– oltre EUR 5.000.000: EUR 9.200.
La mediazione è invece totalmente gratuita per i soggetti che nel processo ordinario beneficiano del gratuito patrocinio.
La normativa prevede infine delle agevolazioni fiscali per indurre i cittadini ad utilizzare il procedimento di mediazione anche nei casi in cui non è obbligatorio, riconoscendo un credito di imposta fino a 500 euro in caso di successo della mediazione e di 250 euro in caso di insuccesso.
Un’altra agevolazione fiscale consiste nell’esenzione dell’imposta di registro per controversie di valore inferiore a 50.000 euro.
Nonostante questi strumenti di incentivazione di utilizzo della mediazione, il nuovo sistema ha suscitato numerose critiche e perplessità, soprattutto da parte del mondo forense. Sono in molti, infatti, a contestare soprattutto l’obbligatorietà della mediazione e la sua incidenza negativa sul diritto di difesa, costituzionalmente tutelato.
Si ritiene infatti che imporre l’utilizzo di un centro di mediazione i cui operatori non assicurano un’uguale professionalità e competenza giuridica di un magistrato costituisca una lesione del diritto di rivolgersi ad un Tribunale per la tutela dei propri interessi.
Si tenga conto come peraltro questo nuovo sistema può costituire un costo non indifferente nei confronti della parte che non abbia accettato la proposta del mediatore e abbia poi vinto successivamente la causa in Tribunale, con una sentenza di contenuto analogo alla proposta. In questi casi, infatti, la parte vittoriosa viene condannata a pagare le spese anche della controparte. Ciò rappresenta in effetti una notevole forzatura dei principi generali del nostro processo civile. E infatti proprio in questi giorni il Tar Lazio ha sollevato una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale.
Insomma, nonostante le numerose criticità e le contestazioni, si tratta comunque di uno strumento alternativo di risoluzione dei conflitti con cui in un modo o nell’altro dobbiamo cominciare a prendere confidenza.
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