l'amministratore di sostegno, un aiuto in più in caso di bisogno
Scritto da Gaetano De Luca il 31-05-2010
Capita a volte che una persona adulta non sia più in grado di provvedere ai propri interessi e abbia bisogno di qualcuno che lo rappresenti o lo assista nel compimento di alcune attività.
I motivi possono essere i più vari: un’improvvisa disabilità, un difficoltoso invecchiamento fisico e mentale, una condizione di disagio psichico, situazioni impreviste di emarginazione sociale, malattie invalidanti, e così via. In tutte queste situazioni può servire l’aiuto di una terza persona. Dal 2004 è possibile richiederla per legge, grazie all’introduzione dell’amministratore di sostegno.
Risale infatti a sei anni fa l’approvazione della legge numero 6, che ha innovato profondamente la normativa italiana sul sostegno alle persone bisognose di aiuto per problemi di inabilità fisica e psichica. Fino a quel momento, il nostro ordinamento prevedeva solo due istituti di protezione giuridica: l’interdizione e l’inabilitazione. Si trattava però di due strumenti di tutela che non solo non riuscivano a proteggere tutte le situazioni di disagio, ma soprattutto comportavano un sostanziale annullamento della capacità di agire delle persone. Questi strumenti venivano applicati soprattutto nel campo delle malattie psichiche, lasciando quindi senza tutela i bisogni di tutti coloro che pur non avendo una vera e propria infermità mentale, avevano comunque bisogno di essere rappresentati o assistiti a causa delle precarie condizioni psico-fisiche.
Ma chi è e che cosa fa l’amministratore di sostegno?
Si tratta di una figura, nominata dall’autorità giudiziaria, che ha lo scopo di tutelare e rappresentare gli interessi e i diritti di tutte quelle persone che non sono in grado di provvedere autonomamente ai propri interessi. È la stessa Legge 6/2004, nel suo articolo 1, a stabilire espressamente le finalità di questo importante istituto: “La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”.
La regolamentazione di questo strumento di tutela si trova nel Codice civile, negli articoli 404 – 416, nella stessa parte in cui vengono regolamentati gli altri due istituti di tutela.
Come funziona?
La nomina di un amministratore di sostegno non avviene “automaticamente” (d’ufficio) anche laddove la situazione di disagio sia evidente e di dominio pubblico. Occorre sempre che all’autorità giudiziaria pervenga una domanda. Occorre in altre parole che qualcuno proponga un ricorso.
Il ricorso può essere presentato innanzitutto dalla stessa persona in stato di bisogno (il beneficiario). Possono poi presentarlo anche i responsabili dei servizi sociali e sanitari, nonché il coniuge, il convivente, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo grado.
Qualsiasi persona, inoltre, se a conoscenza di una situazione di disagio, può fare una segnalazione alla Procura della Repubblica. Sarà poi il procuratore (il Pubblico Ministero) a inoltrare il vero e proprio ricorso se ritiene che la persona coinvolta sia bisognosa di uno strumento di tutela.
Il ricorso va proposto all’ufficio del Giudice Tutelare del luogo in cui il beneficiario risiede. Nella maggior parte dei casi il ricorrente non è obbligato ad avvalersi di un avvocato, anche se è consigliabile quando occorre intervenire su situazioni complesse (come nel caso ad esempio di patrimoni ingenti da gestire).
Presso gli Uffici dei Tribunali è spesso disponibile il fac-simile del ricorso, da compilare successivamente.
Ricevuta la richiesta, il Giudice Tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce, recandosi, ove occorra, nel luogo in cui essa si trova e deve tenere conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle sue richieste.
Dopo aver assunto le necessarie informazioni, valutato la documentazione medico-sociale allegata e sentito anche i parenti, il giudice tutelare provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno con decreto motivato. Con quest’ultimo viene indicata la durata, l’oggetto dell’incarico, gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno, i limiti di spese sostenibili, la periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario. È importante sapere che il beneficiario, a differenza dell’interdizione, conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno e in ogni caso può sempre compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
Chi può scegliere l’amministratore di sostegno?
Può designarlo lo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, quindi senza dover ricorrere al giudice.
Se invece è stata fatta una richiesta con ricorso al tribunale, la normativa stabilisce che il giudice deve preferire il coniuge, il convivente, il padre, la madre, il figlio, il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado oppure il soggetto indicato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Nello svolgimento dei suoi compiti, l’amministratore di sostegno deve sempre tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, mettendolo al corrente sugli atti da compiere. Dovrà inoltre rendere conto periodicamente delle condizioni in cui si trova il beneficiario, informandolo anche dei possibili contrasti che potrebbero sorgere.
Il Giudice Tutelare rappresenta quindi il punto di riferimento istituzionale, e soprattutto l’organo di controllo sul corretto svolgimento della funzione dell’amministratore di sostegno. Infatti, in caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi oppure di generale negligenza, ci si può rivolgere al Giudice Tutelare chiedendo che adotti i provvedimenti più opportuni. Ciò significa, in altri termini, che chiunque (compreso il beneficiario) può portare alla conoscenza di quest’ultimo i fatti che ne proverebbero l’inadeguatezza e così revocarlo. Se però lo si volesse sostituire con un altro amministratore, bisognerebbe ripetere la procedura sopra illustrata.
Al di là delle formalità richieste dalla legge, conviene considerare positivamente questa possibilità data dal nostro ordinamento. Ribadiamo infatti che l’amministratore di sostegno rappresenta uno strumento molto utile a disposizione dei cittadini per affrontare più facilmente situazioni di difficoltà anche temporanea, prive di qualsiasi risposta fino a pochi anni fa.
Vuoi lasciare un commento? Clicca qui