Caro nonno, quanto lavori!
Scritto da Laura Cantoni il 19-07-2010
Chi sono gli anziani? Quelli che passano il tempo davanti alla televisione o a giocare a carte? Oppure quelli che, quando sono benestanti, preferiscono godersi gli anni liberi dal lavoro “retribuito” per andarsene in giro per il mondo?
Sono vere entrambe le risposte, ma si tratta solo di due aspetti della realtà attuale. L’anziano di oggi, infatti, è essenzialmente una persona impegnata in molteplici attività che possono essere a tutti gli effetti assimilate a quelle lavorative. A dirlo, è stato di recente l’Istituto di ricerche economiche e sociali nello studio sul “capitale sociale” degli anziani, in cui l’ente ha cercato di quantificare materialmente quale sia il valore prodotto dalle occupazioni svolte dalla terza e ormai anche quarta età.
Tra le attività prevalenti dei nuovi anziani c’è c’è la cura della casa, dei nipoti, degli amici che non stanno bene in salute, fino all’impegno nelle associazioni di volontariato. Spesso, chi li guarda dall’esterno, compresi i figli che delegano loro ampia parte della cura dei nipoti, liquida il loro attivismo con frasi di questo tipo: “Così non si sente solo, così passa il tempo, si sente utile…”. Per l’Ires, al contrario, si tratta di attività equiparabili in tutto e per tutto a quelle retribuite. Di qui il tentativo di tradurlo in numeri.
Prima di snocciolarli, riflettiamo ancora un attimo sul concetto di “capitale sociale”, che per l’ente di ricerca è il valore prodotto dalla solidarietà e affettività manifestata dagli anziani nei confronti dei propri cari senza fini strumentali né vincoli contrattuali come quelli vigenti nel mondo del lavoro. Eppure, come ribadisce l’Ires, il loro impegno produce benessere, perché contribuiscono ampiamente al miglioramento della vita delle persone.
Oltretutto, sembra proprio che questa forma di “produzione di valore” sia in crescita, sia per l’aumento della popolazione anziana in buone condizioni fisiche, psichiche e culturali, sia perché la vita dei cittadini diventa sempre più complessa e bisognosa di questi tipi di servizi, sia, infine, perché i sistemi di Welfare dei singoli Stati sempre meno riescono a corrispondervi con le loro risorse.
Ed eccovi i dati raccolti dall’istituto di ricerca.
Intanto, è stata effettuata un’utile differenza tra l’aiuto “informale” – cioè quello erogato dagli anziani nell’ambito della vita familiare o di vicinato – rispetto all’aiuto “formale”, cioè svolto nell’ambito del volontariato.
La prima cifra da tenere in considerazione è che questo sostegno complessivamente inteso “vale” circa 18,3 miliardi di euro all’anno, il che significa l’1,2% del Prodotto interno lordo, cioè di tutta la ricchezza prodotta nel nostro Paese.
Ma non basta. Infatti l’aiuto degli anziani alle famiglie genera un “indotto” produttivo ulteriore, perché consente alle mamme di andare a lavorare: e per questo contribuisce indirettamente alla occupazione femminile. Il che significa il 2.4% del PIL.
E’ quindi possibile stimare questo lavoro – che non ha finalità direttamente economiche – in termini economici.
Intanto, si è stabilito che le persone sopra i 54 anni sviluppano – in questo tipo di attività – 150 milioni di ore rispetto ai 140 milioni di chi ha meno di 55 anni. Più nel dettaglio: una persona matura/anziana “produce” al mese 32 ore di aiuto, mentre i più giovani 17.
Se prendiamo in considerazione il cosiddetto aiuto “informale” – assistenza in famiglia, ai nipoti, agli adulti, per le attività domestiche e sanitarie, le ore impegnate in queste attività sono quantificabili in 63.508.376 ore in un mese. Bene, i ricercatori hanno associato a queste attività la retribuzione dei lavoratori socio-assistenziali, pari a 5,9 euro. Che cosa succede? Facendo i calcoli, si ottiene un valore economico di 4.532.592.792 euro all’anno.
l’altra parte del “lavoro” degli anziani riguarda, come si diceva, quello svolto nelle organizzazione del volontariato. Qui la faccenda è un po’ più complicata, ma i risultati sono comunque eclatanti.
In primo luogo, l’Ires distingue l’impegno dei volontari in “saltuario” e “sistematico” .
I volontari “sistematici” in Italia costituirebbero il 57,3% degli 825.000 volontari italiani. Ma poiché non sono disponibili dati sull’impegno orario, allora la ricerca dell’Ires ha preso come riferimento i dati dell’Opca, una struttura che raggruppa le organizzazioni nelle quali il numero dei volontari maturi o anziani risulta superiore al 50% di quelli complessivi. In questo ambito di calcolo, risulterebbe che i lavoratori sistematici sono di più, e cioè il 63.7%.
Attraverso vari calcoli, la quota dei “lavoratori sistematici” tra i volontari anziani è stimata intorno alle 197.830 persone: tanti, quindi, sarebbero i volontari maturi e anziani che praticano attività di volontariato in maniera sistematica.
Proseguiamo nel ragionamento. Ipotizzando che ciascuno di questi anziani eroghi un contributo lavorativo 5,2 ore alla settimana, il totale delle ore di volontariato da loro svolte settimanalmente sarebbe pari a o1.028.716.
Altro passaggio: l’Opca sostiene che queste persone siano impegnate per il 77% del loro tempo nei settori di assistenza sociale e sanità, attività normalmente retribuite. In questo caso, si arriverebbe a un monte ore di 792.111. La retribuzione oraria stabilita nel contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) delle cooperative sociali per questo tipo di lavoro è di 7.25/7,5 euro all’ora. Presto detto: su base annua si otterrebbe perciò, per gli anziani impiegati in questi settori, una somma oscillante tra i 298.625.860 e i 308923.264 euro all’anno.
Non male, potremmo concludere, come contributo di persone che “non lavorano” all’economia del Paese, che ne dite?
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