La radio e la memoria biografica dei post-sessantenni
Scritto da Paolo Ferrario il 06-10-2011
In precedenti altri articoli il Magazine Muoversi Insieme di Stannah ha trattato il tema del creativo rapporto che si stabilisce fra la prevecchiaia e le tecnologie che sono entrate a far parte della nostra quotidianità. Qui parleremo della radio e delle sue trasformazioni e uso per le persone che stanno trascorrendo questo arco di vita.
Il maggior tempo disponibile, la valorizzazione dei ricordi e la possibilità di stabilire nuove forme di relazione sono importanti risorse in questi anni. Fin dagli anni ’30 lo studioso di storia dell’arte Rudolf Arnheim nel suo classico libro “La radio l’arte dell’ascolto” osservava con spirito profetico, che a questo oggetto tecnologico non manca niente dal punto di vista della comunicazione, poiché la sua essenza consiste proprio nel fatto di servirsi solo dell’udito, come mezzo per offrire una rappresentazione compiuta di un ragionamento detto ed espresso con le parole. Inoltre, il fatto che sia del tutto azzerato il senso della vista determina la conseguenza che l’ascoltatore è tentato di completare con la sua fantasia quello che manca all’informazione trasmessa. E quindi l’arte dell’ascolto radiofonico favorisce anche una specie di addestramento lieve e piacevole delle funzioni attive del cervello.
Nel corso degli anni le funzioni dell’organismo diventano meno pronte ed efficaci, a causa di un generalizzato abbassamento delle attività, anche se estremamente variabile fra le persone. E’ vero che c’è una minore efficienza degli organi periferici come quelli della vista e dell’udito, ma è altrettanto vero che il cervello e le funzioni corticali, a meno che non siano compromesse da patologie, possono sviluppare nuove potenzialità.
Fra le funzioni che decadono ci sono quelle che riguardano la mobilità e quelle connesse all’acuità visiva, che può portare all’impossibilità di leggere. E per chi si è socializzato ed ha fatto diventare abitudine l’atto della lettura, tale situazione può essere vissuta drammaticamente. Anche l’acuità uditiva tende a ridursi: gli ausili compensativi hanno per l’appunto il compito di sopperire a questi deficit che possono compromettere l’equilibrio psicosociale della persona.
Il decano degli psicologi gerontologi Marcello Cesa – Bianchi osserva nel libro “Giovani per sempre: l’arte di invecchiare” che l’intelligenza senile riduce il numero degli elementi sensoriali, ma accentua quelli conservati. Intende dire che in vecchiaia è possibile elaborare nuove capacità di apprendere, al contrario di chi ritiene che queste possano essere del tutto impedite dai processi dell’invecchiamento. In particolare è vero che nella senescenza è favorita la memoria a lungo termine ed è sfavorita quella a breve termine, ma è altrettanto vero che la capacità di memorizzare si riduce non tanto per una impossibilità, bensì in rapporto al disinteresse che gli anziani hanno verso i contenuti che non rientrano nel loro campo vitale che si restringe progressivamente.
E’ qui che vorremmo far rilevare le potenzialità insite nell’ascolto della radio. Proprio perché rende possibile un ascolto facile, semplice e pratico, essa si integra con il vissuto biografico della persona e contribuisce a richiamare quei dati e quelle memorie che hanno costruito le identità individuali formatesi nel corso del secondo novecento, sia accedendo a programmi storici conservati nei ricchissimi archivi della Rai, sia alimentando gli interessi per l’attualità, sia aiutando ad organizzare la cronologia della propria giornata. Uno dei compiti più importanti della persona umana è quello della distribuzione del tempo (quotidiano, settimanale o stagionale che sia). Il modo in cui organizziamo il nostro tempo contribuisce a strutturare le nostre personalità e a definire e ridefinire il nostro carattere. Vista da questa prospettiva la radio è uno strumento che, rivendicando fortemente l’attenzione da parte dell’ascoltatore, aiuta a darsi un ordine mentale e una disciplina cognitiva particolarmente utile proprio quando le funzioni dei sensi tendono ad attenuarsi. E’ vero che c’è una libera scelta del momento dell’ascolto, tuttavia il fatto che alcune trasmissioni siano collocate in precisi orari della giornata contribuisce ad organizzare tramite il palinsesto radiofonico anche quello di se stessi. Ancora Arnheim ci spiega che la radio viene incontro allo stato d’animo ed ai bisogni dell’ascoltatore e questo contribuisce senz’altro a stabilire un rapporto intersoggettivo fra l’ascoltatore e ciò che sente.
Un altro autore arrivava a conclusioni simili. Marshall McLuhan distingueva fra medium caldi e medium freddi, collocando la radio fra quelli caldi. “Caldo” è un medium che estende un unico senso fino a un’alta definizione, fino allo stato in cui si è abbondantemente colmi di dati. l’autore voleva dire che la radio ha la caratteristica di toccare in modo interiore ed intimo la persona, proprio perchè l’aspetto tecnico della sua comunicazione consiste nel fatto che essa si presta, per la sua immediatezza, ad accentuare i vissuti “privati”. E infatti la casa (ed il senso di sicurezza che essa trasmette) è l’ambiente dove si svolge gran parte della utilizzazione radiofonica. E’ dentro la nostra case che può avvenire la simultaneità della produzione informativa giornalistica e culturale. Fra l’altro il basso costo delle apparecchiature favorisce la distribuzione delle
apparecchiature nel proprio habitat e quindi una utilizzazione continua.
Veniamo ora alla memoria biografica. Le persone nate nel primo novecento e, ancora di più, quelle della seconda parte del secolo, sono state molto segnate dalla esperienza dell’ascolto radiofonico. Dal 1924 la radio italiana accompagna il fluire della vita degli italiani in ogni paese e città. Fra i tanti media è il primo strumento che permette la simultaneità: non solo racconta i fatti quando accadono, ma può anche seguirli nel loro sviluppo. Inoltre è il primo mezzo che permette di riempire la vita della persone con una colonna sonora fatta di musica, suoni e parole che tengono compagnia nei momenti allegri ed in quelli tristi della vita nazionale. Dal punto di vista storico la radio nasce come una iniziativa privata che presto diventerà pubblica: è del 1927 la nascita dell’ente nazionale EIAR con tre obiettivi, quello di educare, quello di informare e quello di intrattenere (con la musica, gli annunci, le radio cronache degli eventi dell’epoca). Negli anni 30 e 40 solo una famiglia su 10 aveva una radio. Ma dopo la guerra questo oggetto diventerà comune nelle case degli italiani. I primi anni ’50 sono quelli della RAI – Radio Audizioni Italiane. Il 29 gennaio 1951 il Festival di Sanremo presentava l’orchestra di Nunzio Filogamo, con Nilla Pizzi che cantava Grazie dei fior. Su quei palcoscenici, rilanciati dalla radio, gli italiani imparavano a conoscere le voci di Miranda Martino, Claudio Villa, Domenico Modugno e si costruivano parti rilevanti della identità musicale italiana. Con la radio si poteva godere di una rappresentazione teatrale rimanendo in casa propria, senza andare nei teatri o nei cinema. Nasce anche un nuovo giornalismo di documentazione, quando l’alluvione del Polesine comportò una forte presenza di inviati sul luogo, per seguire da vicino il disastro ambientale. Il periodo critico fu negli anni cinquanta, quando entra in scena la televisione e il consumo televisivo cominciò a diventare di massa. La televisione per tutto un periodo di tempo compete e toglie aree di ascolto, ma successivamente i due media trovano la loro specifica vocazione. Qualcuno si ricorderà che nella metà del decennio c’era il fenomeno della Tv nei bar, nei cinema, nei locali pubblici che diventavano sedi e luoghi in cui le persone andavano a vederla, poiché non era ancora diffusa in modo capillare nelle case.
Occorre ricordare che nella seconda metà degli anni ’50 la radio diventa un contenitore formativo con vari programmi, fra cui Classe unica, che, attraverso lezioni coordinate da Luigi Volpicelli, offriva vere occasioni di educazione permanente. un’altra trasmissione storica fu Clausura (1958) di Sergio Zavoli. Un microfono entrava, per la prima volta nella storia della radio, nel Monastero delle Carmelitane scalze, a Bologna: dove l’occhio non poteva entrare e ritrarre immagini, la voce ed i suoni dimostravano la loro grande capacità espressiva.
Ma è negli anni ’60 che la Rai crea un pubblico radiofonico popolare. Si può ricordare lo straordinario successo di Bandiera Gialla (1965-1970). Questa trasmissione, tra le più famose della radio italiana, segnò il debutto della coppia Arbore-Boncompagni. In questo appuntamento del sabato pomeriggio un pubblico prevalentemente giovane decretava il successo delle musiche e degli autori e si creava un sodalizio con l’industria discografica.
Gli anni ’70 ed ’80 sono quelli della riforma e dell’arrivo delle radio locali. Si crea una divisione dei compiti: Radiouno, più centrata sul grande dibattito civile; Radue, caratterizzata dall’intrattenimento e da una maggiore interazione con il pubblico e Radiotre, che consolida la sua immagine culturale.
Enzo Forcella, il primo direttore di quest’ultima, ha operato con competenza ed energia a definirne un profilo durevole a tutt’oggi. Basti pensare all’inossidabile trasmissione Prima pagina nella quale ogni mattina un giornalista famoso e autorevole dà la sua interpretazione dei fatti del giorno attraverso quello che ne scrivono i giornali e in un rapporto strettissimi con le domande dei radioascoltatori, che vanno a costituire una specie di comunità pubblica molto partecipativa.
Con la nascita e diffusione delle radio private si allarga il pluralismo delle fonti. Il punto di forza delle emittenze locali è nella loro vicinanza con i luoghi e un pubblico non più generalista, ma di nicchia e interessato a specifici oggetti di interesse. Questa caratteristica viene valorizzata dagli organizzatori incrementando il più possibile il rapporto con gli ascoltatori, attraverso le telefonate, le Email e le connessioni con la rete Facebook o Twitter.
Oggi radio e televisione, dopo essersi conteso il campo della attenzione mediatica, sono diventate complementari ed assolvono a funzioni comunicative diverse. I numeri della diffusione radiofonica sono ragguardevoli: le indagini ufficiali audiradio censiscono quasi 40 milioni di persone di oltre 11 anni che ogni giorno si mettono all’ascolto.
Questo oggetto della quotidianità si è adattato con estrema duttilità ai cambiamenti sociali e ora si sta integrando con le tecnologie internettiane. E continuerà ad accompagnare le biografie degli italiani anche nel tempo della prevecchiaia e vecchiaia.