Diamo vita agli anni... e che vita!

Scritto da Massimo Tanzi il 09-06-2008

anziano_a_cavallo.jpgCosa s’intende con il termine anglosassone di “successfull aging”, usualmente tradotto con “vecchiaia di successo”?
S’intende sia l’assenza di malattia cronica (subordinata a un’efficace pratica di contrasto dei fattori di rischio per l’insorgenza della malattia stessa),
sia un livello di salute percepito come soddisfacente (anche in presenza di malattia cronica stabilizzata),
sia la presenza di autosufficienza con capacità di orientamento spazio-temporale complessivamente accettabili.

Non è possibile stabilire una data precisa di inizio della “vita da anziano”, né in generale, né tanto meno per il singolo individuo. Sono parecchie le variabili che sanciscono l’inizio di tale fase di vita (fisiche, psicologiche, ambientali, e così via)
Alla luce di un’accelerazione dell’invecchiamento demografico, la società si confronta con nuove sfide: innanzitutto deve far fronte a situazioni di crescente ineguaglianza, poi deve ovviare al rischio della solitudine, infine deve intervenire a livello globale e locale per conservare l’equilibrio tra le generazioni.

Esiste nella nostra società una tendenza a vivere il periodo post-pensionistico in coppia, mentre nell’età più avanzata si vive generalmente da soli, in particolare nelle grandi città e una volta superati gli 80 anni.


La vecchiaia è un confronto iniquo tra i desideri e la possibilità sempre più ridotta di soddisfarli, a causa dei tabù della società contemporanea o della condizione del corpo, oppure per la paura di essere additati come incapaci o “bizzarri”.

La definizione di “vecchio” deriva dagli altri, prima ancora che da se stessi. Eppure, la vecchiaia non comporta solo limiti e carenze.
Se una funzione come la memoria può indebolirsi, si può notare come sia possibile compensarla, per esempio, con la creatività.

La vecchiaia potrebbe essere definita come un’ulteriore opportunità che viene offerta per svolgere attività che fino a quel momento per vari motivi non si erano attuate, per migliorare se stessi e, soprattutto, per ricercare il senso del proprio esistere e del proprio agire.

La ricerca di senso trova le sue risposte, ad esempio, in una fede religiosa, qualunque possa essere, oppure nella trasmissione trans-generazionale (genitori-figli, nonni-nipoti), in cui si sente di possedere ancora qualcosa da offrire.
La vita da anziano è il momento in cui, nonostante le indiscutibili difficoltà, si possono intrecciare nuove relazioni amicali o affettive.

E’ fondamentale rendersi conto che anche la vecchiaia è una fase della vita che va vissuta come tale, facendo tesoro dell’esperienza e della consapevolezza raggiunte fino a quel momento.
Ciò significa impiegare il tempo libero a disposizione in attività mai praticate in precedenza, ad esempio nel volontariato (attivo e gratificante impegno sociale). Oppure dedicarsi all’enigmistica, al gioco a carte, agli scacchi, all’attività fisica a basso impatto cardiovascolare (ginnastica in gruppo, bocce, golf, gruppi escursionistici per brevi passeggiate),
viaggi organizzati, e molto altro ancora.

In conclusione, bisogna essere portatori sani di buona vecchiaia: è sempre valido il vecchio adagio “non solo anni alla vita ma, soprattutto, vita agli anni”.

Se volete saperne di più su questi temi, vi consiglio di leggere “Invecchiare bene? Si può! 500 domande, 500 risposte”, di Paolo Fumelli e Rodolfo Colarizi (Edizioni Tecnoprint, Ancona).