Il sale? Meglio poco

Scritto da Angela Maria Messina il 21-05-2010

Ed eccoci arrivati all’ultima puntata sulle Linee guida per una sana alimentazione italiana: stavolta, parliamo del sale, consumato dagli italiani in misura da due a tre volte superiore a quanto suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. l’eccessivo consumo di sodio, costituente del sale da cucina, può infatti favorire l’ipertensione arteriosa e non solo: fa aumentare il rischio per alcune malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, per i tumori dello stomaco e per l’osteoporosi.
Il sale aggiunto ai cibi durante la cottura o a tavola rappresenta circa il 35% della quantità di sale introdotto con l’alimentazione, mentre il 50 % deriva da quello già contenuto negli alimenti perché aggiunto durante i processi di preparazione, trasformazione e conservazione.
Nella stagionatura di alcuni formaggi e salumi e in molti prodotti conservati in scatola o in salamoia  il sale è fondamentale per ottenere un prodotto di buone caratteristiche organolettiche.

Anche crackers, grissini, pane, patatine, salatini vari possono contenere notevoli quantità di sale, così come i cibi pronti, sia freschi che conservati. Un consiglio è limitare il consumo  di questi alimenti anche se, soprattutto tra i prodotti da forno come crackers, grissini che rappresentano un consumo abituale per molti, si iniziano a trovare sul mercato linee di prodotti a basso contenuto di sale.

A questo proposito una recente iniziativa è stata  promossa dalla Regione Lombardia “Con meno sale nel pane c’è più gusto”: dallo scorso aprile 150 panificatori lombardi stanno sperimentando la produzione e la vendita di pane (ad esclusione dei tipi “speciali”) con un contenuto di sale ridotto (dal 2% sul totale della farina allo 1,8%) per renderlo, come dice lo slogan dell’iniziativa, “più salubre rispettando al contempo gusto, fragranza e qualità”.

Ricche di sale sono inoltre le diverse salse come maionese, ketchup, salsa di soia, senape spesso utilizzate in aggiunta ai condimenti abituali: se proprio non è possibile farne a meno, è  importante imparare a leggere l’etichetta nutrizionale per poter scegliere, tra i diversi tipi, quelli con minor contenuto di sodio.

Un prodotto particolarmente ricco di sodio – può arrivare infatti fino al 50% – sono i dadi per brodo: per questo è meglio non esagerarne con il consumo, spesso frutto dell’abitudine più che per una maggior gustosità.
Solitamente il sale detto comune si ottiene dall’estrazione da giacimenti sotterranei a seguito dell’evaporazione di antichi bacini marini; in commercio si trova anche  il “sale marino” ottenuto invece dall’acqua di mare.
Il sale dopo l’estrazione viene solitamente raffinato eliminando così gli altri sali presenti, a meno che non sia integrale.

Esiste anche il sale iodato che non è altro che sale comune al quale è stato aggiunto iodio: ne viene consigliato l’utilizzo, meglio a crudo, per prevenire la carenza di iodio che in Italia è piuttosto diffusa.

Sul mercato si trova anche il sale dietetico: la sua caratteristica è di contenere meno sodio dato che è stato sostituito in parte da cloruro di potassio, una sostanza che agisce come insaporitore, ma che non possiede gli stessi effetti del sodio sull’innalzamento della pressione arteriosa.

In ogni caso, indipendentemente dal tipo di sale scelto, il consumo deve sempre essere moderato.

Una certa quantità di sodio è comunque necessaria al nostro organismo: in media circa 2,4 grammi al giorno, che corrispondono a circa 6 grammi di sale, pari a 1 cucchiaino.

Per ridurre la quantità di sale, bisogna imparare a insaporire i cibi in modo diverso utilizzando erbe aromatiche (come aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) e spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano,curry),
aggiungendo eventualmente succo di limone e aceto.
Ridurre la quantità giornaliera di sale non è difficile, soprattutto se la riduzione avviene gradualmente  poiché il nostro palato si adatta facilmente; infatti, se la sensibilità gustativa migliora, si cominciano ad apprezzare col tempo i cibi poco salati, arrivando così a percepire nuove sfumature di sapori.
Un piccolo accorgimento, infine, è quello di non mettere in tavola la saliera per evitare quel riflesso condizionato molto comune: salare un cibo prima di averlo assaggiato!

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