L'amore ai tempi della terza età
Scritto da Massimo Tanzi il 19-01-2009
Ormai non possiamo negarlo: viviamo un’epoca di relativa liberazione sessuale. Tuttavia il connubio “anziani e sesso” costituisce ancora oggi un argomento tabù per la maggior parte dell’opinione pubblica, con l’inevitabile corredo di preconcetti e pregiudizi.
Aumentando l’età, aumenta il numero di coloro che interrompono l’attività sessuale. Si crea quindi il mito della vecchiaia asessuata e la demonizzazione, invece, di quello che si riesce ancora a fare. Tuttavia, nonostante la riduzione in termini di frequenza dei rapporti, il sesso e la sessualità hanno dimostrato di costituire per gli anziani una parte integrante nella loro esperienza esistenziale.
Qualsiasi inchiesta sull’attività sessuale si basa inevitabilmente sulle risposte fornite dai diretti interessati. Si tratta di un argomento decisamente delicato, e l’imprescindibile riservatezza della maggioranza degli anziani aumenta, conseguentemente, la possibilità di oggettivare dati non sempre coerenti con la realtà.
Si registra comunque un globale declino dell’attività sessuale con l’avanzare dell’età. Inizialmente lieve, assume interesse dopo i 75 anni, età in cui si può stimare un 40-50% di persone attive.
Generalmente gli ultra-ottantenni riferiscono almeno un rapporto sessuale al mese, ed è plausibile che la riduzione sia correlata all’insorgenza e/o aggravamento di malattie somatiche in grado di interferire con l’attività sessuale stessa.
Per quanto riguarda la fisiologia sessuale, nell’uomo sono in gioco prevalentemente cause intrinseche; nella donna prevalgono le motivazioni che provengono dal partner.
Di sicuro vanno di pari passo, in entrambi i sessi, la riduzione della libido e l’aumento del tempo di latenza dell’erezione (nell’uomo) e della secrezione vaginale (nella donna).
E’ indubbio che resta comunque ampio l’ambito di variabilità individuale.
Bisogna sottolineare che nell’uomo si accentua la diminuzione della domanda orgasmica. Con l’avanzare dell’età è giusto considerare che un rapporto sessuale, altrimenti del tutto normale, non si concluda con un orgasmo.
Questo fenomeno non deve condurre l’anziano a considerare insoddisfacente la sua vita sessuale.
In ambedue i sessi l’invecchiamento si accompagna ad un’alterata increzione (cioè immissione nella circolazione all’interno del corpo umano, ad esempio nel sangue) di ormoni sessuali (testosterone, estrogeni, progestinici, prolattina). I tentativi di compensare il declino sessuale con una terapia ormonale sostitutiva si sono dimostrati inefficaci.
Sia nel sesso femminile che in quello maschile, con l’avanzare dell’età si nota come il livello di interesse superi quello dell’attività. Nella donna anziana, la minore attività può essere correlata alla condizione di vedovanza: si tratta di una situazione che può portare all’attivazione di un meccanismo di difesa psicologico, il quale si realizza in associazione alla più che logica difficoltà di procurarsi un partner.
Non bisogna dimenticare che la qualità della vita sessuale nell’anziano è strettamente collegata alle caratteristiche che la stessa ha manifestato nel corso degli anni precedenti, soprattutto in termini di soddisfazione e frequenza.
Una realtà differente è costituita dal contesto che si stabilisce, nella donna, tra menopausa e vita sessuale.
Si tratta di un ambito la cui importanza è destinata ad aumentare, considerando che sono sempre di più le donne in questa fase della vita e che si è accresciuta la durata individuale della vita stessa. Infatti, nei paesi occidentali, una donna trascorre generalmente almeno un terzo della sua vita in post-menopausa.
E’ indubbio che la menopausa sia vissuta negativamente, almeno sul piano psicologico, come perfetta sintesi di una serie di perdite e conseguente comparsa di fastidiose manifestazioni somatiche.
Questo si riflette, nell’universo femminile, con la perdita del desiderio. Invece la menopausa deve essere vissuta come un “fisiologico” momento positivo: cessano i cicli mestruali, si eliminano le preoccupazioni e i disagi, comprese le gravidanze indesiderate.
Per la difesa e la promozione della vita sessuale nell’anziano bisogna innanzi tutto fare giustizia degli stereotipi e dei pregiudizi che la configurano come qualcosa di inesistente, sconveniente, inopportuna e, peggio ancora, pericolosa per la salute. La sua cessazione non è un evento legato al trascorrere degli anni.
Un insuccesso, possibile a qualsiasi età, non deve essere interpretato dall’anziano come il previsto segnale di chiusura e di rinuncia ad ulteriori tentativi. Infatti lunghi periodi di astinenza, possibili dopo un periodo di malattia propria e/o del coniuge, comportano inevitabilmente una difficoltà nella ripresa dell’attività sessuale.
Bisogna rimuovere anche i comuni pregiudizi sul presunto effetto negativo che certe patologie (ad esempio: malattie della prostata, incontinenza urinaria) eserciterebbero sull’attività sessuale.
E’ infatti vero che il Diabete Mellito scompensato (ossia il diabete classico, non tenuto sotto controllo dalla terapia in corso) si accompagna ad impotenza sessuale in una misura pari a cinque volte superiore alla popolazione di pari età. Però il buon controllo del dismetabolismo, cioè dell’alterazione dei processi corporei legati agli zuccheri (glucosio in particolare) tipici del diabete),
ridimensiona il fenomeno.
E’ vero che, sul piano psicologico, la mancanza di intimità (coinvolgente gli individui all’interno di comunità) oppure ciò che compromette l’immagine di sé o l’integrità fisica dell’individuo (come le ferite deturpanti, ad esempio in conseguenza di interventi di mastectomia) può ridurre il desiderio e allontanare dall’attività sessuale.
Però è l’atteggiamento del personale medico e paramedico a fare la differenza in questo ambito; devono essere rimossi i pregiudizi nei confronti dell’auto-erotismo e delle fantasie, perché contribuiscono a mantenere un buon livello di desiderio e di funzionalità dei genitali.
La presenza di cardiopatie, come la fase successiva ad un infarto del miocardio, può indurre ad astenersi dall’attività sessuale per il timore di un peggioramento o di una recidiva.
Questa astinenza è spesso immotivata: spetta al medico curante il compito di indicare il comportamento più idoneo e rimuovere il pregiudizio.
Inoltre il medico ha il compito di ricordare gli effetti negativi legati all’abuso di alcolici o di determinate sostanze farmacologiche, alcune delle quali diffusamente impiegate nei soggetti anziani.
Bisogna infine ricordare che non esistono afrodisiaci, intendendo con questo termine una o più sostanze capaci di stimolare un’attività sessuale depressa.
Ad esempio, non possono essere considerati afrodisiaci attività come l’esercizio fisico, il sonno ristoratore e più in generale un atteggiamento positivo verso la sessualità.
E tuttavia, trattandosi di comportamenti che fanno bene allo spirito, è bene coltivarli.
Serenità, fantasia e varietà, accompagnati da piacevoli preliminari e da manifestazioni di reciproca intimità e partecipazione, possono infatti rendere la vita sessuale dell’anziano migliore di quella avuta in gioventù.