Lesioni da decubito, come curarle

Scritto da Massimo Tanzi il 31-01-2011

Non sarà mai sufficiente ricordare che attraversiamo una fase temporale in cui si osserva un incremento delle patologie croniche, degenerative e invalidanti, parallelo all’incremento dell’età media della popolazione.
In questo contesto, si inseriscono le lesioni da decubito o meglio definite ferite difficili, nei cui confronti l’efficace contrasto ricopre un ruolo molto importante ai fini di un miglioramento della qualità dell’assistenza e, soprattutto, della vita.
l’insorgenza delle ferite difficili comporta risvolti negativi per la persona allettata, malata o comunque non autosufficiente, per la quale aumenta il rischio di complicanze (infezioni locali, osteomieliti, sepsi, disidratazione, anemia, squilibri idro-elettrolitici, deplezione/perdita proteica) e conseguente mortalità.
Inoltre, si manifestano conseguenze negative anche per: a) la famiglia della persona coinvolta, la cui buona volontà viene spesso messa a dura prova dall’evoluzione della lesione stessa; b) il personale sanitario, che vede aumentare i tempi di assistenza; c) la comunità, perché vede aumentare i costi, dovuti all’aumento dei tempi assistenziali e al materiale impiegato nella cura.
Si definisce “ferita difficile” una lesione tessutale, potenzialmente ad evoluzione necrotica, che interessa la cute, il sottocute e anche il derma, potendo raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura sottostante e le ossa. Essa è la conseguenza diretta di un’elevata e/o prolungata compressione, oppure di forze di taglio (o stiramento) causanti uno stress meccanico tale da ridurre l’apporto di sangue attraverso la circolazione sanguigna locale.
l’eventuale esame istopatologico della ferita, se necessario, serve a completare lo studio diagnostico, allo scopo principale di escludere o confermare la natura neoplastica di un’ulcera a lenta risoluzione.
Le ferite difficili hanno un’incidenza che varia dal 2 all’8,8% dei pazienti ricoverati nelle diverse realtà sanitarie, arrivando al 47% in reparti ospedalieri come le medicine (geriatrie) e le traumatologie. Non stupisce quindi che, da un punto di vista epidemiologico, sono gli ultra-sessantacinquenni quelli maggiormente a rischio, in quanto esiste una fisiologica riduzione della mobilità e un aumento della malnutrizione con l’avanzare dell’età.
l’incidenza delle lesioni da decubito è un indicatore negativo della qualità della vita e dell’assistenza; la loro presenza ha un significato prognostico sfavorevole.
In generale, oltre alla malnutrizione e all’ipomobilità, sono fattori di rischio le malattie croniche, come ad esempio il diabete e l’insufficienza renale, le patologie vascolari, gli stati febbrili in genere.
Inoltre, sono definiti a rischio quei pazienti che, a causa di fattori generali o locali legati ad una patologia o ad una complicanza di questa, hanno maggiori possibilità di contrarre lesioni da decubito e quindi necessitano di un piano assistenziale mirato.
I pazienti a rischio, perciò, sono:
– anziani, per le modificazioni della cute legate all’invecchiamento e per le condizioni generali spesso compromesse;
– neurologici (mielolesi/neurolesi, miastenici, affetti da sclerosi multipla, in stato di coma);
– oncologici;
– immunodepressi;
– portatori di apparecchi gessati (per il rischio di compressione dato dagli apparecchi gessati sulle prominenze ossee);
– politraumatizzati (per limitata mobilità e per compromissione dello stato generale).
Le lesioni da decubito compaiono più frequentemente nella parte inferiore del corpo, sulle salienze ossee e in particolare a livello sacrale, sulle tuberosità ischiatiche, a livello femorale (grande trocantere),
sulla testa del perone, sul calcagno e sui malleoli, soprattutto laterali.
Potenzialmente, in tutti i punti di contatto del corpo con il piano di appoggio si possono sviluppare lesioni da decubito.
Gli interventi per una corretta prevenzione/gestione delle ferite difficili sono:
– valutare la corretta capacità di alimentazione (sono essenziali un idoneo apporto calorico, vitaminico ed idrico);
– pianificare una sistematica e corretta mobilizzazione (attiva e/o passiva);
– effettuare una corretta igiene della cute;
– controllare l’eventuale incontinenza;
– utilizzare correttamente i presidi e gli ausili antidecubito.
Bisogna ricordare che le strutture ospedaliere moderne mostrano la tendenza a fornire risposte sempre più rapide solo per gli eventi acuti, non garantendo o addirittura escludendo l’assistenza alle situazioni rappresentate dalle patologie croniche che necessitano di un elevato carico assistenziale, medico e/o infermieristico.
Non si pone mai a sufficienza l’accento sulla necessità di utilizzare una strategia di prevenzione fin dalle prime ore di ricovero, ricorrendo anche a una mobilizzazione precoce e costante, oltre che all’impiego di presidi anti-decubito (materassi, cuscini, archetti, sponde per letti articolati). Invece, non bisogna ricorrere a ciambelle, cavigliere, velli o materassi normali.
Oltre alla strategia preventiva, bisogna ricorrere, sempre se necessario, all’utilizzo di medicazioni di tipo avanzato con prodotti farmacologici specifici; tali medicazioni possono essere rinnovate anche ogni 2-3 giorni, in base al tempo di permanenza indicato per i singoli prodotti.
Per medicazioni avanzate si intendono quelle medicazioni che soddisfano i seguenti parametri: a) rispetto del microambiente umido locale; b) isolamento nei confronti dei germi potenzialmente sovra-infettanti; c) mantenimento di una temperatura locale costante; d) facilitazione e controllo nella rimozione di materiale necrotico peri-lesionale; e) controllo del dolore locale (l’analgesia è il primo risultato da ottenere); f) maneggevolezza e buon rapporto tra costo e beneficio.
Si tratta quindi di medicazioni non lesive e rispettose dei fisiologici processi di riparazione tessutale, che passano attraverso le successive fasi di: emostasi, infiammazione, proliferazione, angiogenesi, fibrogenesi e rimodellamento.
Inoltre, è fondamentale la compilazione di schede relative allo stato di salute dei pazienti, al tipo di medicazione effettuata, allo stadio della lesione, all’evoluzione clinica distrettuale e generale. Non bisogna trascurare l’osservazione e la valutazione delle dimensioni delle lesioni (e quindi dell’evoluzione),
durante tutto il periodo di trattamento.
Quindi, il trattamento delle lesioni da decubito comporta in ogni caso un notevole impegno economico e gestionale.
I moderni nuclei familiari possiedono una scarsa capacità di fornire un adeguato supporto assistenziale ai soggetti anziani, spesso ricorrendo a medicazioni e ausili impropri.
E’ perciò fondamentale orientare l’approccio a questo tipo di lesioni, migliorando non solo la qualità dell’assistenza erogata, ma soprattutto promuovendo gli “strumenti” della prevenzione ad ogni livello.
Bisogna sempre garantire un’adeguata igiene dei tegumenti, mantenendoli ben idratati, evitando l’impiego per l’igiene di acqua troppo calda, saponi alcalini, prodotti a base alcolica.
Bisogna fare attenzione alle forze di frizione/stiramento applicate localmente, anche effettuando periodici passaggi/cambi posturali.
Eventualmente, si possono utilizzare delle creme idratanti/emollienti (su cute integra!); bisogna evitare comunque il ricorso a massaggi sulle prominenze ossee.
Sono sempre utili i presidi anti-incontinenza, seguendo un corretto schema d’impiego, costantemente personalizzato.
Non bisogna utilizzare biancheria sintetica, indumenti con elastici o bottoni (facili punti soggetti a pressione),
lenzuola con pieghe o con corpi estranei (briciole o altro).
Appaiono promettenti i trattamenti locali con onde d’urto, applicate con apparecchiature specifiche gestite da personale medico competente. Così come l’ossigeno-terapia iperbarica (OTI),
impiegata da diversi anni nella cura delle ferite difficili, ha dimostrato un ruolo adiuvante, riducendo i tempi di guarigione e la necessità di ulteriori interventi ricostruttivi.

Bibliografia
– Cucinotta D., Di Giulio P., Le piaghe da decubito nel paziente anziano, Tipolito CASMA, Bologna, Dicembre 1992;
– Guido Sampaolo, Maicol Onesta, Marilena Capriotti, Stefano Pierangeli, Simona Pirani, Il problema delle lesioni da decubito. Sperimentazione di un trattamento delle lesioni da decubito in una Casa di Riposo e ruolo del Medico di Medicina Generale nel sistema della residenzialità;
– Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, con il patrocinio dell’Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee, Raccomandazioni per la prevenzione ed il trattamento delle lesioni da decubito;
– Atti del Convegno, Il ruolo dell’ossigenoterapia iperbarica nella terapia delle ulcere difficili, Torri di Quartesolo (VI),
24 novembre 2007, in Medicina Subacquea e Iperbarica N. 1 – Marzo 2008.

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