Mal di schiena

Scritto da Massimo Tanzi il 28-02-2012

Ricordiamo che, nell’anziano, il sintomo dolore non costituisce un’entità isolata, ma provoca numerose conseguenze come: depressione, ansia, ridotta socializzazione, insonnia, difficoltà nella deambulazione. Questi aspetti concomitanti peggiorano la qualità della vita.
A volte la sintomatologia, anche in forma attenuata, si protrae oltre il mese fino a tre mesi (lombalgia/lombocruralgia/lombosciatalgia cronica).
Il mal di schiena si definisce ricorrente quando gli episodi acuti si ripresentano dopo un periodo di benessere.
Più della metà delle persone che hanno avuto un episodio acuto, avrà una recidiva entro pochi anni. l’approccio ad un nuovo episodio in un paziente con problemi ricorrenti al rachide lombare è simile a quello di un episodio acuto.
Se quasi l’80% della popolazione è destinato a presentare almeno un episodio di lombalgia, le osservazioni indicano una prevalenza annuale dei sintomi nel 50% degli adulti in età lavorativa, di cui il 15-20% ricorre a cure mediche. Interessa uomini e donne, fondamentalmente in ugual misura.
Oltre il 95% dei pazienti ha una causa meccanica alla base del mal di schiena, legata ad un uso eccessivo/abnorme stimolazione di una normale struttura anatomica. Il dolore può essere secondario ad un trauma interessante la colonna vertebrale lombare (determinando potenzialmente anche una frattura vertebrale),
ad un’erniazione del nucleo del disco inter-vertebrale.
Le cause più comuni sono verosimilmente le lesioni muscolo/legamentose ed i processi degenerativi legati all’età (artrosi) interessanti i dischi inter-vertebrali e le superfici articolari delle vertebre.
Nell’1% circa dei casi, la causa non è primitivamente meccanica (ad esempio: tumore, infezione, flogosi). Nel 2% il dolore è di origine viscerale (es.: aneurisma aortico; patologie intestinali, uro-genitali),
con irradiazione al rachide lombare; oppure può essere espressione di artrosi dell’anca o di una malattia sistemica: queste cause “non meccaniche” devono essere escluse prima possibile (importanza della diagnosi differenziale).
I fattori di rischio comprendono: attività fisica pesante; lavoro ripetitivo anche associato a vibrazioni (es.: martello pneumatico, trapano); posture non corrette (con piegamenti frequenti, torsioni, sollevamento, tiro, spinta, posture statiche).
I fattori di rischio psico-sociali includono: ansia, depressione, insoddisfazione per il lavoro e stress psicologico. Questi ultimi possono agire sulla componente muscolare (contratture),
coinvolgendo la componente legamentosa e capsulo-articolare vertebrale.
Se una buona diagnosi differenziale permette di escludere una causa viscerale, sistemica oppure un’origine infiammatorio/infettiva o neoplastica, non vi è necessità di esami di diagnostica strumentale o di laboratorio entro le prime 4-6 settimane dalla comparsa del mal di schiena. Infatti, entro tale periodo, oltre il 90% dei pazienti guarirà spontaneamente o con terapie non decisamente appropriate. Inoltre, bisogna considerare che molti reperti radiografici sono occasionali, spesso senza significato clinico; non c’è motivo razionale nella ripetizione di un esame strumentale se non intercorrono variazioni importanti del quadro clinico.
Le indagini strumentali (rispettando la sequenza: RX -> TAC o RMN) sono raccomandate prima delle 4-6 settimane, per evidenziare eventi lesionali o fratture in recenti traumi significativi ad ogni età, oppure in recenti traumi anche modesti in persone anziane, oppure in caso di storia clinica positiva per prolungata terapia steroidea o sospetta/documentata osteoporosi.
Se il dolore e la limitazione funzionale sono importanti, può essere proposto al paziente l’impiego di farmaci, il cui unico scopo è quello di alleviare a breve termine soltanto i sintomi. Nella farmacologia specifica, bisogna avere un particolare riguardo verso gli anziani, specialmente se cardiopatici.
Ricordiamo che l’attività fisica aerobica, senza sovraccarichi a livello della colonna vertebrale, può essere iniziata quanto prima.
Nei casi di lombocruralgia o lombosciatalgia, il trattamento conservativo non deve essere inferiore alle 4-6 settimane.
E’ necessario mantenersi più attivi possibile, rispettando le corrette posture antalgiche, astenendosi da sforzi in flessione anteriore del tronco, così come lo stare in piedi fermi troppo a lungo oppure sollevare pesi eccessivi; inoltre bisogna evitare di stare seduti a lungo. Le manipolazioni sono controindicate.
In caso di mal di schiena a bassa disabilità, possono essere sufficienti terapie semplici basate sull’evidenza di efficacia: l’esercizio fisico riduce il dolore e migliora lo stato funzionale; sono consigliati l’approccio cognitivo-comportamentale, nonché brevi interventi educazionali. Risulta quindi importante un programma multidisciplinare di riabilitazione fisica e psico-sociale.

BIBLIOGRAFIA:
– Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). Percorsi diagnostico terapeutici per l’assistenza ai pazienti con mal di schiena 2006;
– Airaksinen O, Brox JI, Cedraschi C, on behalf of the COST B13 Working Group on Guidelines for Chronic Low Back Pain. Chapter 4. European guidelines for the management of chronic non specific low back pain. Eur Spine J 2006; S 192-3000;
– American College of Radiology (ACR). Low back pain 2007;
– Chou R, Hoyt Huffman L. Medications for Acute and Chronic Low Back Pain: a Review of the Evidence for an American Pain Society/American College of Physicians Clinical Practice Guideline. Annals of Internal Medicine 2007; 147:505-514;
– S. Negrini, M. Romano, Q. Bardoscia. Lombalgia e lavoro: il contributo della riabilitazione. Stato dell’arte. G Ital Med Lav Erg 2005; 27:1, 84-87;
– Paolo Desio. Trattamento del low back pain nel grande anziano. Volume 15 PATHOS Nro 3, 2008.

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