Giulia Maria Crespi e la rivoluzione pacifica del buonsenso

Scritto da Stannah il 02-10-2013

A Lisa, dodici anni, piace molto passeggiare nel bosco con la nonna e anche guardare i quadri in sua compagnia non è affatto male. È facile crederle sulla parola, considerato di chi è nipote, l’ultima di una schiera di sette: sua progenitrice è Giulia Maria Crespi, la fondatrice e oggi Presidente Onoraria del Fondo Ambiente Italiano, 87 primavere tuttora piene di passione per un’Italia che non le sembra stare troppo bene. Anche la madrina dei beni storico-artistici della Penisola ha dovuto affrontare prove difficili, dalla morte prematura del marito alla malattia: “Ho avuto cinque volte il cancro, lo scriva pure, perché è proprio da lì che ho capito tutta l’importanza del cibo sano”, dice alla fine della conversazione conMuoversi Insieme, per rafforzare ancora di più il messaggio per la generazione di Lisa, che da grande dice di voler vivere a contatto con la natura, come fa già adesso grazie all’azienda biodinamica di suo padre Aldo Paravicini Crespi, a Bereguardo, in provincia di Pavia.

Se son rose fioriranno, intanto Lisa e i ragazzini condotti dalle scuole tra campi coltivati e galline, almeno imparano che gli spaghetti non crescono sugli alberi e da dove arrivano le uova. Per la signora Crespi, l’unica speranza per il futuro dell’Italia è “nella società civile”, capace di scegliere per il meglio se messa sulla buona strada.

Come stimolare i cittadini a interessarsi al patrimonio nazionale di beni e natura?
L’esempio va dato dall’alto, poi si muove il resto: come diceva mio padre, “noblesse oblige”, ossia la nobiltà obbliga. Per esempio, sarebbero da risollevare le sorti delle Sovrintendenze, create prima della Seconda guerra mondiale. All’estero ce le invidiavano, mentre oggi stanno lentamente morendo.

Come mai?
Si fanno sempre meno concorsi, manca il personale, i computer, insomma non si investe più, per precisa scelta politica.

Però ci sarà pure qualche esempio positivo dal basso…
Non bastano, però certo che ci sono. Per esempio, a Lugagnano, il Sindaco, impoverito dall’abolizione dell’Ici, si è inventato di trasformare un vecchio palazzo del centro storico in un museo della civiltà contadina, anziché venderlo ai costruttori edili. Oltretutto, si è anche dimezzato lo stipendio e la sua scelta è stata premiata: i turisti che vengono a visitare il museo sono moltissimi e lui è stato rieletto con il 75% dei consensi.

Quindi la gente comune è sensibile alla tutela del nostro patrimonio?
Bisogna farglielo capire, ma poi sì, lo è: a Erice (foto a destra) ho scoperto l’esistenza di una cooperativa di giovani che ha rimesso a posto le chiese e gli altri beni della zona. Di casi positivi ce ne sono, solo che se ne parla poco.

Però le Giornate di primavera del FAI sono sempre affollatissime, spesso anche da giovani: c’è forse un risveglio d’interesse?
I giovani sembrano essere particolarmente attratti dai beni di natura e di paesaggio più che da quelli artistici, perché a scuola non imparano più a fondo la storia dell’arte.

Ai suoi tempi era diverso?
Sicuramente: pensi che io ho studiato con Fernanda Wittgens, poi direttrice di Brera (per la precisione la prima direttrice donna dell’importante Pinacoteca milanese, ndr).

Nonostante tutto, è soddisfatta di quello che è riuscita a fare con il Fondo Ambiente Italiano?
Molto: abbiamo 45 beni salvati e gestiti, pari una superficie di quarantamila metri quadrati.

Il FAI ha preso l’esempio dal National Trust britannico: lì le cose come vanno adesso?
Il National Trust resta una vera e propria autorità con i suoi tre milioni e 500 mila iscritti. Prima di fondare il FAI, sono andata varie volte nei loro uffici, sono loro i miei maestri.

Il FAI è molto presente anche sul Web: che cosa pensa delle nuove tecnologie, non solo informatiche?
Credo che debbano essere usate con misura, senza esasperazioni: oggi si legge molto poco e la causa è anche l’eccesso di comunicazione su internet, in cui tutto scorre con grande superficialità. Analogamente, anche le tecnologie cosiddette “green” andrebbero utilizzate con buonsenso. Per esempio, oggi i poveri agricoltori affittano i loro terreni per l’installazione di pannelli solari abbandonando così le coltivazioni. Lo stesso succede con i parchi eolici sempre più diffusi in un Paese come il nostro privo dei grandi venti del Nord Europa: pensi al caso della Calabria. Piuttosto, se davvero si vuole risparmiare energia bisognerebbe illuminare meno le città, usare pochissimo l’auto, andare in bicicletta…

Si sente una rivoluzionaria, nonostante le sue origini di certo non proletarie?
Sì, anche se ripudio totalmente la violenza. Il mio guru è San Francesco d’Assisi, che mi ha conquistata con questo aneddoto: una sera Francesco e i suoi confratelli rimangono senza cena che gli viene rubata da un bandito. Francesco che cosa fa in cambio? Decide di portare una donazione ricevuta dopo il furto proprio al bandito e ai suoi sodali. Questi ultimi rimangono talmente colpiti dal gesto al punto che uno di loro decide di farsi frate. Ecco, io mi sento un’indegna seguace del Santo di Assisi.

C’è qualcuno in famiglia che ha ereditato le sue passioni?
Mio figlio Aldo con la sua azienda senz’altro… in generale, mi sembra che stia tornando alla ribalta l’agricoltura: a Bologna (al convegno Sos Agricoltura, ndr) eravamo almeno quattrocento, è stato un successo. Poi c’è mia nipote Lisa… Lisa, vuoi parlare con la giornalista?
(Chiamata al telefono, la nipote della signora Crespi conversa con molta semplicità, contenta di far sapere che le piace sentire il rumore degli animali mentre passeggia con la nonna. “Visto? Hai fatto la tua prima intervista”, le dice quest’ultima riprendendo la cornetta).

Pensa che le donne siano più sensibili degli uomini alle tematiche ambientali e artistiche?
Credo di sì, anche se non sono una femminista, come sa bene la mia amica Bianca Beccalli.  E poi, ho lavorato tutta la vita: quando è morto mio marito, mi sono dovuta occupare di tutto e mi sono convinta che, se si può, bisogna stare con i bambini. Inoltre credo che anche la presenza del padre sia fondamentale: per me la coppia è quella formata da un uomo e una donna.

Concludendo, se dovesse lanciare un messaggio di speranza-esortazione alle generazioni più giovani che cosa direbbe?
Imparate la leggenda del Re Mida, che aveva chiesto agli Dei di togliergli la capacità di trasformare tutto in oro. Tradotto in altri termini, dico ai ragazzi che è giusto guadagnare, ma ancora meglio è lavorare per cose utili all’umanità.

Crede che l’ascolteranno?
C’è grande fermento, ma bisogna avere il coraggio di andare contro la popolarità piaciona che ci spinge a pensare all’oggi, mai al domani. Però l’Italia è un paese giovane…

C’è qualcuno che ci ha preceduti nel buon esempio?
In Svizzera e Germania va un po’ meglio: guardiamo in quella direzione.

Ci proveremo, signora Crespi. Soprattutto, proveremo a dirlo ai nostri figli e nipoti. Da Muoversi Insieme grazie per la sua enorme energia vitale.