Pino Cangialosi e la musica, “ottima” amica dei popoli

Scritto da Stannah il 02-10-2013

Intervista di Alessandra Cicalini

Pino Cangialosi è nato a Roma, ma ha scelto di vivere a Ostia per stare vicino al mare.
Docente al Conservatorio di Latina ed esperto di musiche del mondo, questo ragazzo di cinquantaquattro anni dagli occhi chiarissimi come il suo elemento preferito, ha messo in piedi un’orchestra multietnica  composta da trentadue elementi più lui, maestro concertatore. L’enorme band si chiama, non a caso “Iyi”, una parola turca che significa “ottima”. Con lo stesso aggettivo si possono giudicare il cd e il libro fotografico intitolati Mal d’Africa, la cui produzione è stata affidata alla “Compagnia delle lettere”, una casa editrice specializzata in letteratura della migrazione.
Lo scopo di entrambi i prodotti è di portare l’attenzione sul continente-madre di tutti i popoli del mondo, reso povero proprio dai suoi figli più fortunati, ma nonostante ciò ancora capace di credere nel futuro.
In concreto, chi acquista il libro contenente la prefazione di Giobbe Covatta e la postfazione diGilberto Gil, oltre ai bellissimi scatti di José Carlos Alexandre, fotografo italo-brasiliano (il volume è reperibile in Italia nelle librerie segnalate sul sito della casa editrice. Per il cd, invece, l’ottima orchestra si sta attrezzando per la vendita online sul proprio sito, ndr) dà il proprio sostegno al progetto di Padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che opera da moltissimi anni in Malawi.
Con i denari provenienti soprattutto dal nord del mondo, il combattivo missionario potrà infatti procurarsi i medicinali che agiscono contro la malaria e i morsi dei serpenti nonché, se tutto andrà bene, ingaggiare personale da assumere in maniera permanente per assistere una fetta di malawani di religione musulmana, rifugiatasi in un’arida zona di montagna per sfuggire alla schiavitù e alla fame.
La raccolta fondi è però appena cominciata: perché possa essere veramente fruttuosa, a Pino Cangialosi e ai suoi amici adesso spetta un compito durissimo, ossia suonare i trascinanti brani incisi nel cd nel maggior numero possibile di piazze, teatri e quant’altro si presti a propagare al meglio il tam tam della solidarietà tra i popoli. Di questo e molto altro, il maestro ha parlato nell’intervista che segue. Buona lettura.

Quando è nata la “IYI” Orchestra?
Nel 2010 Abbiamo scelto di chiamarla con la “I”, perché è la lettera che simboleggia il sorriso, poi è la prima di “internazionale”, mentre la ipsilon  richiama il simbolo della pace. Infine in turco “Iyi” significa ottima.

Come ha trovato gli altri elementi della band? 
Tra gli amici e gli amici degli amici… Perché, vede, mi sono sempre interessato alla musica popolare e internazionale, soprattutto quella di origine mediorientale e nordafricana. Trovo che in questi popoli ci sia ancora molta attenzione per la musica antica: pensi che tuttora ai matrimoni vengono suonati brani la cui origine risale al medioevo.

Da noi qualcosa del genere sta succedendo con il recupero della pizzica pugliese o della tarantella napoletana?
Esattamente e, con il fatto che la nostra società sta diventando sempre più multi-etnica, oggi sono più facili le contaminazioni con musicisti provenienti da altri continenti. Il che è un grande valore aggiunto.

Com’è lavorare in così tante persone? Riuscite a mettervi d’accordo?
È molto arricchente: tra noi ci sono persone che non hanno mai studiato musica ma vanno solo a orecchio e altri come me che hanno una formazione classica. Consideri che hanno partecipato tutti gratuitamente, ma con un entusiasmo davvero coinvolgente e un senso della socialità che in occidente abbiamo dimenticato.

Nel sito internet lei compare in una fotografia accanto al grande musicista Gilberto Gil: come l’ha conosciuto?
Grazie a Claudia Lemes Dias, una socia della Compagnia delle Lettere, autrice anche di alcuni testi del nostro cd, oltre che bravissima scrittrice.

Pensate di coinvolgerlo direttamente in uno dei prossimi concerti?
Lo speriamo tutti: per il momento, comunque, abbiamo in programma un incontro all’ambasciata brasiliana, con cui lavora José Alexandre, il fotografo che ha realizzato gli scatti che si vedono sul libro.

Quando suonerete ancora?
Anche su questo ancora non abbiamo date certe: in questo momento siamo impegnati nella promozione del cd anche in televisione. Poi stiamo cercando di farci inserire nel cartellone del dei vari festival estivi sul territorio nazionale.

Un lavoro impegnativo…
Eh già, anche perché i musicisti vanno a cachet e siamo tanti… l’intento è di stornare una parte del ricavato per darlo a padre Piergiorgio Gamba.

Come ha conosciuto il missionario monfortano?
Grazie a don Franco che opera qui a Ostia, un prete di trincea da sempre impegnato in difficili battaglie sociali. E’ molto amico di padre Gamba che, quando torna in Italia, prima va a casa sua e poi passa di qui. Gamba, poi, vive da 36 anni in una realtà completamente diversa dalla nostra e ormai ha praticamente dimenticato l’italiano: parla bergamasco e malawano… Laggiù ha a che fare con diecimila musulmani, che hanno bisogno di tutto: altre che evangelizzarli e convertirli!

È mai andato in Malawi a trovarlo?
Volevo andarci quest’estate, ma sembra che sia molto pericoloso. Lo stesso padre Gamba è finito sui giornali locali, che l’hanno descritto come un antagonista del regime.

Qual è la situazione politica del Paese?
Originariamente il capo del governo era stato eletto liberamente, ma nel tempo ha mostrato tutto il suo autoritarismo, tagliando i ponti con l’Occidente, che vieta affari con Stati non democratici, a differenza di quanto fa la Cina, nuova frontiera commerciale per molti paesi del Sud del mondo.

A che punto è il lavoro di padre Gamba?
Forse il governo gli darà una mano a costruire le strutture che dovrebbero ospitare l’ambulatorio medico e il personale. Di recente, però, le casette del villaggio realizzate da un gruppo di volontari arrivati appositamente da Bergamo sono state scoperchiate da una tempesta ed è un problema perché la zona è difficilmente raggiungibile.

Dove si trova?
Si tratta della montagna Chaone che, come mi ha scritto Padre Gamba in una recente mail, è un altopiano paludoso al confine con il Mozambico: per raggiungerlo, occorrono due ore di cammino in salita. Ed è proprio per questo che serve personale che stia lì permanentemente.

Pensa che ci sia qualche probabilità di riuscita?
L’importante è sostenere direttamente i missionari come lui che dedicano la loro vita a queste persone. Pensare che gli africani possano farcela da soli, senza il nostro aiuto e la
nostra presenza, è un’utopia.

Secondo lei, l’attuale crisi economica potrebbe aiutare l’occidente a recuperare un po’ di autenticità?
Lo spero… tra le altre attività, faccio ormai da qualche anno corsi di “team building”  e “leadership” per il personale di grandi aziende: ebbene, mi capita talvolta di incontrare persone demotivate.
I miei amici dell’orchestra, invece, sorridono sempre, ti accolgono sempre con un ‘ciao, fratello, come stai?’. Insomma, noi europei ”civilizzati” spesso siamo tutti uguali nelle nostre insicurezze, mentre gli “altri” possono darti veramente tanto.

La musica, la cultura, potrebbero aiutarci a recuperare il sorriso?
Sicuramente, ma da noi c’è qualcuno che ha detto che con la cultura non si mangia, una vera baggianata… pensi che paesi meno “industrializzati” del nostro investono in questa risorsa straordinaria  molto più di quanto facciamo noi.

Come possiamo cominciare a cambiare?
Liberandoci dall’ansia da prestazione dell’uomo occidentale e recuperando la pancia e i valori più semplici: per esempio, dovremmo tornare a rendere autentici i momenti di festa e di socialità. E poi dovremmo occuparci di più dei nostri anziani, troppo spesso soli ed emarginati. Non so: sto dicendo delle sciocchezze?

Proprio no: anzi, sottoscriviamo in pieno e rilanciamo… da Muoversi Insieme, un sentito grazie per questa lezione di umanità e passione, e un grande in bocca al lupo all’orchestra… che possa essere ogni giorno più “ottima”!

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