Robero Piumini e l'ottimismo... della poesia!

Scritto da Stannah il 02-10-2013

Intervista di Alessandra Cicalini

Roberto Piumini dice di non avere una grande memoria “esplicita”, un difetto presunto che gli ha permesso, sin dalla pubertà, di puntare tutto sulla sua innata capacità di inventare storie. Crescendo, uno dei più celebri autori per bambini di fiabe, filastrocche, canzoni e molto di più, frutti, tra gli altri, della sua potentissima memoria “implicita”, è diventato un poeta. Se gli si chiede conto di quest’ultima definizione, si scopre di essersi accostati a una personalità di certo verace e sanguigna, ma anche complessa, così come sono giudicati, riferisce lo stesso Piumini, i suoi libri per adulti. “Ho cominciato a scrivere per me verso i tredici anni – racconta – poi, per completare il gioco, intorno ai 28-29 anni ho spedito i miei primi racconti brevi a un editore, che me li ha pubblicati”. Da allora, per il fertile autore nativo di Edolo (Brescia), oggi 64enne, il “gioco” non si è più fermato. Dei percorsi attraversati e di quelli futuri, Piumini ha parlato a Muoversi Insieme nell’intervista che segue.

Si definisce un poeta orale: non pensa che tutta la poesia sia comunque destinata a essere letta ad alta voce?
Sì, certamente, ma il problema grave è che da tempo è stata condannata alla pagina scritta e quando è letta, viene appiattita a cantilena, cosicché si finisce per passare dal silenzio della pagina al silenzio della mente. Io, invece, sono cresciuto con la radio e ho una sonorità naturale che si riflette anche nel mio modo di scrivere, come mi è stato detto.

Sonorità è diverso da teatralità?
Sì: nella cultura anglosassone c’è molta più capacità professionale nel leggere la poesia nel modo giusto. Mi spiego meglio: nel 2009 sono stato insignito del Premio Baghetta, in cui ciascun finalista doveva leggere il proprio testo. Dopo averlo vinto, ho scoperto che sui blog di alcuni giurati si era discusso del fatto che si fossero fatti incantare dal mio modo di leggere…

Come se la voce togliesse qualcosa al testo scritto… sicuramente la sua abilità fa molta presa sui bambini: è riuscito a mantenere lo stesso fascino anche tra quelli che, nel frattempo, sono diventati adulti?
Sì, mi capita molto spesso che qualche insegnante che incontro nelle scuole mi dica di avermi conosciuto da bambino e poi di essere passato alla mia produzione per adulti. E la sensazione di produrre ‘letteratura per i loro denti’ a tutte le età è molto bella.

Da qualche tempo collabora con suo figlio Michele con cui si esibisce anche in teatro: ciò ha influito sul vostro rapporto?
Non molto: con mio figlio abbiamo giocato moltissimo con le parole, al punto che oggi lui è unlinguista, nonché traduttore molto apprezzato e bravissimo musicista dilettante. Insomma, è stato sempre un buon figlio, fin troppo di soddisfazione, considerato che io sono un padre pesante! Ora, poi, mi ha dato anche un nipote, Pietro.

Come si vede nelle vesti di nonno?
Adesso Pietro ha quattro mesi, quindi è ancora troppo piccolo; comunque spero di essere soprattutto un nonno presente: del resto, ho una lunga esperienza di zio, provenendo da una famiglia di sorelle molto prolifiche…

Che cosa pensa dei bambini di oggi? Di solito si dice che siano molto più svegli e recettivi di un tempo.
Per certi versi è sicuramente vero, ma sono anche più fragili. Direi che la vera variabile è data dagli insegnanti: dove sono motivati, si trovano bambini concentrati e responsabili; nella situazione contraria, sono spesso aggressivi e deconcentrati. Del resto, è difficile restare motivati, vista la trascuratezza dello Stato nei confronti della scuola…

Nonostante tutto, i bambini continuano a darle molto? 
Indubbiamente: stando a loro contatto, la ricarica è immediata. Inoltre, è possibile compiere un’esperienza globale, mentre il lavoro per adulti è un modo espressivo più autistico.

Quando traduce, su che cosa si orienta?
Non essendo un traduttore a tutti gli effetti, mi concentro solo sulla lingua inglese e sulla poesia da riprodurre in forma metrica. Procedo però in questo modo: faccio fare ‘il lavoro sporco’, di primo livello, ai veri traduttori e poi rielaboro i testi in chiave poetica, operando piccole e grandi scelte rispetto alla traduzione letterale.

Che cosa ha tradotto con questo metodo?
I sonetti di Shakespeare e Il paradiso perduto di John Milton, per Bompiani, poi Robert Browning, per Interlinea. Il prossimo anno, dovrebbe uscire per Einaudi, l’Aulularia di Plauto, con finale apocrifo scritto da me, visto che si tratta dell’ultima opera del commediografo latino, rimasta incompiuta.

Ha lavorato anche con ragazzi e adulti di comunità sull’autobiografia: in che cosa consisteva il suo lavoro?
Partivo da materiali che mi davano loro, per esempio foto, disegni, mappe di luoghi, registrazioni sonore e poi le ricomponevo, da solo, in poemi-fiume o altre forme poetiche. A volte, i loro oggetti erano riconoscibili, altre modificati, in ogni caso, sentirsi valorizzati in questo modo è stato molto gratificante.  Dei circa quaranta lavori realizzati, solo uno è stato pubblicato: si tratta della Capra Caterina.

Le piacerebbe se qualcuno facesse qualcosa del genere con lei?
Non me l’avevano mai chiesto (ride, ndr), ma proprio no! La cosa migliore che posso fare io è fare poesia, ma una poesia trasformata in poesia mi sembrerebbe un’aberrazione! In effetti, però, durante quei laboratori, è capitato che una stessa storia venisse reintepretata anche da un’altra persona e il confronto tra due diverse fantasie linguistiche è stato molto interessante.

Anche gli spettacoli per ragazzi e adulti fanno parte della sua vocazione di poeta (il giorno dell’intervista Piumini stava per andare in scena a Genova con Il portatore di baci, su musiche di Andrea Basevi e la partecipazione di Patrizia Ercoli, ndr): quali sono i suoi prossimi progetti?
Sono una persona molto caotica: lo si vede anche dagli 84 diversi editori con cui ho pubblicato! Sicuramente, comunque, desidero continuare con quello che faccio, finché il corpo me lo permetterà, sempre seguendo il doppio binario della scrittura e dell’oralità.

Per concludere, che visione ha del presente e del futuro? Pensa che ci sia sempre spazio per la creatività e la fantasia?
Le rispondo usando le parole di Antonio Gramsci: bisogna avere “ottimismo della volontà e pessimismo della ragione”… purtroppo viviamo in tempi di miserabilità culturale che si riflette in ogni settore della società: c’è una forte disparità tra il momento scolastico e tutto il resto che invece preme verso la sarabanda e la fatuità… vediamo che cosa succede.

Prima di chiudere la telefonata, Roberto Piumini passa l’apparecchio al suo amico musicistaAndrea Basevi, il quale si sofferma sul vissuto dei bambini, più corto, cronologicamente parlando, ma molto profondo, come in ogni altra fase dell’esistenza. O forse di più, chissà; altrimenti, non si spiegherebbe come mai le storie e le canzoni a loro destinate diano moltissimo anche agli adulti. O almeno, a quelli tra loro che vogliono ancora coltivare la speranza nel futuro.

Da Muoversi Insieme, grazie per l’iniezione di ottimismo (della volontà!) e molti auguri per l’anno che verrà.