Carosello nella memoria biografica dei sessantenni

Scritto da Paolo Ferrario il 16-12-2011

Pubblichiamo questo articolo in una fase assai difficile e ansiogena per il futuro del nostro paese. Oggi redditi e stili di vita sono messi in discussione da una crisi del sistema europeo che incide profondamente sulle identità lavorative degli italiani e sui rapporti fra la generazione anziana e quella di coloro che saranno le forze produttive dei prossimi cinquanta anni. Può essere, dunque, di un certo interesse storico e biografico ricordare una fase della società italiana nella quale i consumi individuali e familiari diventavano parte integrante della vita quotidiana e, contemporaneamente, influivano sullo sviluppo sociale ed economico del paese. Il programma televisivo Carosello è l’emblema simbolico di quella fase che è ben fissata nella memoria delle persone ultra sessantenni.

E’ interessante associare l’evento televisivo di questa trasmissione televisiva alle più generali trasformazioni socio-economiche dell’epoca. Le analisi storiche mostrano che dall’Unità a oggi il reddito degli italiani è aumentato di circa tredici volte. Il processo storico è stato lento fino al 1941, per poi impennarsi nel secondo dopoguerra. Per l’esattezza da quell’epoca a oggi il PIL si è moltiplicato sette volte, mentre nel corso dei precedenti 100 anni si era poco più che raddoppiato. Va osservato che questa cosiddetta “età dell’oro” è tale non solo per l’Italia, ma per la maggior parte dell’Occidente. E’ tutto un mondo socio-economico che si trasforma in quegli anni. Osserva Giovanni Vecchi che “l’intensa crescita economica post-bellica aveva portato a un forte aumento del reddito nazionale, ma solo in parte questo miglioramento si era diffuso a tutta la popolazione”. l’elemento da evidenziare, in questo caso, è che, pur in presenza di rilevanti disuguaglianze di reddito, la società dei consumi faceva percepire a tutti la partecipazione a determinati livelli di benessere, proprio attraverso la diffusione dei consumi.

Nel 1957 c’era una sola rete televisiva nazionale e Carosello iniziava la sera del 3 febbraio. Erano anni in cui si andava a vedere la televisione al bar o nella casa di vicini di cortile dove essa campeggiava nelle cucine adibite a soggiorno. l’Italia era un paese che risentiva ancora delle conseguenze del dopoguerra: stava risorgendo dalla miseria, era attraversata dalle migrazioni (prima dalle campagne alle città e poi dal Sud al Nord) alla ricerca del “posto fisso”, e un terzo della popolazione non aveva un titolo di studio.

Cominciava appena la strada verso il boom del decennio successivo e Carosello accompagnerà per vent’anni i cambiamenti socioculturali sintetizzabili nel “mito delle 3 M”: moglie, mestiere, macchina. Con il “miracolo economico” nascevano nuovi bisogni e si formavano nuove propensioni all’acquisto di beni: le cucine economiche, gli elettrodomestici, i prodotti per l’igiene e la bellezza. Umberto Eco, con estrema precisione analitica scriveva nel 1964 che la televisione dimostrava che “in questo mondo esistono possibilità di benessere”.

A partire da una sigla di apertura ormai famosissima, Carosello era costituito da quattro (poi diventati cinque) filmati, supportati da musichette ancora incise nella memoria uditiva degli italiani, della durata complessiva di poco più di dieci minuti. La struttura della scena era fissa e determinava una vera e propria abitudine alla vista e all’ascolto. La pubblicità (ma allora si diceva la “réclame”) dei prodotti era relegata alla fine di ogni frammento, la promozione mercantile doveva essere contenuta e regolata, anche per la concorrenza con la stampa. Eppure ben presto anche l’incentivazione all’uso degli alcolici si affermò.

“Dùra minga, dùra no …fino dai tempi dei garibadini China Martini, China Martini, fino ai tempi d’oggi dì”. La vera arte costruttiva del racconto era contenuta nella scenetta iniziale, che doveva concentrare una piccola storia compiuta e tale da attirare l’attenzione. E, infatti, su Carosello si sono cimentati i più importanti registi di quel tempo (Emmer, Pontecorvo, Leone, Magni, Olmi, Fellini) e i più popolari attori (Sordi, Calindri, Vianello e Tognazzi, Totò, Gassman e perfino Eduardo De Filippo). l’idea era di dare una radice all’interno delle tradizioni culturali dello spettacolo italiano alla emergente “società dei consumi”.

Carosello è stato anche una grande invenzione linguistica, proprio perché si fondava sulla brevità dei messaggi. Occorreva lavorare a ritmi velocissimi e arrivare a sintesi narrative nello stesso tempo efficaci. Osserva Aldo Grasso nella suo Enciclopedia della televisione Garzanti, che “queste restrizioni temporali anziché rivelarsi un limite alla creatività, diventavano vere e proprie forme retoriche, costruzioni metriche e poetica scansione di strofe e cesure”. Le caratteristiche di questi spettacolini sintetici rendono ancora oggi carosello una forma comunicativa unica e inimitabile, anche se espressa in quel bianco e nero che, rivisto oggi, produce ancora interesse ed emozioni. Occorre notare che fino ad allora sia i radiodrammi sia le opere teatrali erano strutturate su tempi lunghi. Carosello invece si impernia sul racconto breve, cercando di mettere assieme l’arte degli attori, l’abilità dei registi, la musica accattivante e orecchiabile. Oggi, che Internet ci propone solo racconti brevi, in un certo senso attinge ancora a quelle tecniche che nascevano e si sviluppavano in quell’intervallo di tempo.

La musica ha un’importanza fondamentale in questi siparietti. Queste sigle, ereditate dalla radiofonia, possono essere considerate un vero e proprio “genere”, in quanto finalizzate a costruire intensi processi d’identificazione e di apprendimento mnemonico.
Carosello strutturava anche le relazioni familiari e diventava un “orologio sociale”. All’appuntamento serale delle venti e cinquanta madri, padri, figli e nonni si riunivano davanti al televisore e divenne proverbiale la formuletta magica “e dopo Carosello tutti a nanna” che è diventata proverbiale nell’immaginario di molti: si riproponeva, in forme comunicative del tutto nuove, la lettura della favola prima di dormire. Diventava così la trasmissione televisiva (l’unica in quegli anni) che attirava molto i bambini. Infatti, alla fine degli anni Cinquanta non esistevano trasmissioni esplicitamente dedicate all’infanzia, e Carosello colmava così un doppio vuoto: quello pubblicitario e quello dell’intrattenimento per i bambini più piccoli. Il già citato Umberto Eco spiega in questo modo ciò che succedeva: “Il godimento dell’iterazione è tipico dell’infanzia e sono i bambini quelli che chiedono di sentire non una nuova storia, bensì la storia che conoscono già e che è stata raccontata loro parecchie volte”.

Nell’arco di un ventennio venivano elaborati e diffusi nuovi modi vendere e comprare e diverse abitudini di consumo. Fra fumetti animati e rappresentazioni teatrali, il repertorio è davvero vastissimo e non potendoli ricordare tutti citiamo alcune storielle e personaggi memorabili. l’omino con i baffi disegnato da Paul Campani, che reclamizzava la caffettiera Bialetti; Carmencita e Caballero del Caffè Paulista; gli abitatori del pianeta Papalla per la Philco e Pippo, l’ippopotamo blu, per i pannolini della Lines; la felice invenzione di Romano Bertola che, per la Ferrero, disegna Jo Condor, un avvoltoio dispettoso e distruttore rimasto famoso per le parole “E che c’ho scritto Jo Condor?”; gli slogan ” Voglio la caramella che mi piace tanto” per la Dufour o il “Falqui: basta la parola!” di Tino Scotti, per parlare in modo indiretto di un purgante; l’indimenticabile Ernesto Calindri che, seduto in mezzo al traffico automobilistico, elogiava il liquore al carciofi Cynar  con la frase “Dal logorio della vita moderna ci possiamo difendere”; il cantante dei Brutos che, nonostante sia schiaffeggiato, ha sempre una buona cera ” … ottima direi … è cera Grey!”. Una citazione a parte la merita Svanitella Svanitè, per la cera Liù, che rappresentava una donna moderna ed emancipata, ma molto attenta alla casa (“come se niente fudesse” era la sua frase più famosa), sempre intenta a rimirare la fotografia del suo bel Riccardone-one-one.

Bisogna ricordare anche fumetti classici da mettere sullo stesso piano della letteratura fiabesca, come Calimero, il pulcino nero (creato dai fratelli Nino e Toni Pagot) che, emarginato e maltrattato, dice “tutti ce l’anno con me perche sono piccolo e nero … ma è un’ingiustizia però” e viene tirato fuori dai guai dalla dolce olandesina della Mira Lanza che gli replica: “Tu non sei nero, sei solo sporco!” e lo riporta all’antico biancore ottenuto dal detersivo “Ava … come lava”. Anche qui Umberto Eco ci aiuta ad interpretare: “quando un personaggio genera un nome comune ha infranto la barriera dell’immortalità ed è entrato nel mito: si è un Calimero come si è un Dongiovanni, un Casanova, un Donchisciotte, una Cenerentola, un Giuda”.

Ci sono, poi, animazioni visive di straordinaria forza espressiva ancora oggi, come le linee grafiche di Osvaldo Cavaldoli che disegnano un omino col nasone che incontra nemici, ostacoli e conflitti fin quando appare una mano e si sente una voce fuori campo che dice: “Ma si può sapere cosa cerchi? … lui cerca Lagostina, la cerca e qui la trova”. E’ questo uno spot fra i più famosi di sempre.
Già nel 1959 Carosello faceva sei milioni e 600 mila telespettatori. Nel 1962 gli ascolti medi del programma superavano gli otto milioni a sera. Diventeranno dieci milioni nel 1965 e 19 milioni nel 1976. Ma i tempi cambiano e la sera dell’1 gennaio 1977 sul primo canale della Rai vengono trasmessi gli ultimi cinque caroselli e Delia Scala presenta ultimo. Da quel momento tutta la tecnica pubblicitaria televisiva cambierà rapidamente e drasticamente, anche incalzata dalle televisioni private, fino a diventare quella che tuttora esiste e resiste.

Tuttavia Carosello rimane nella storia, come testimoniano le pagine dei ricordi delle vecchie e giovani generazioni reperibili davvero in quantità impressionanti sulla rete web.

Fonti bibliografiche:
o         Carosello, la storia di un mito 1957-1977, riproposto proprio quest’anno in edicola con Tv Sorrisi e Canzoni e Panorama http://www.videoerre.com/?q=node/42
o Mondo Carosello
o E dopo Carosello Tutti a nanna
o    Enciclopedia della televisione italiana, a cura di Aldo Grasso, Garzanti editore, 2008
o Giovanni Vecchi, In ricchezza e in povertà: il benessere degli italiani dall’Unità a oggi, edizioni Il Mulino, 2011
o Alessandro Agostinelli racconta Carosello, Radio 3 – Tre colori
o Peppino Ortoleva, Storia del tubo
o Umberto Eco, Apocalittici e integrati

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