Gli anziani del futuro, speranze dalla scienza

Scritto da Massimo Tanzi il 24-03-2010

Come sarà la vita nei prossimi 30-40 anni? Alla domanda non si può dare una risposta univoca, soprattutto se guardiamo al segmento “anziani”. In generale, se ne prevede un progressivo aumento, con tutte le serie problematiche assistenziali che ne conseguono, correlate all’allungamento stesso della vita media e della sua durata massima, nonché alla forte prevalenza dei medesimi anziani sul resto della popolazione, specialmente nei paesi sviluppati. Leggermente diversa è la situazione nei paesi in via di sviluppo in cui, oltre al permanere delle malattie infettive tipiche di queste zone, si è assistito anche a un aumento delle patologie degli anziani, soprattutto di quelle a elevato rischio di disabilità.
In tutto il mondo, l’invecchiamento della popolazione è dunque accompagnato dall’aumento delle forme morbose, la cui frequenza è massima nella terza e quarta età: neoplasie, malattie cardiovascolari, diabete, affezioni croniche dell’apparato respiratorio, dell’apparato muscolo-scheletrico e così via.
Per migliorare le condizioni di vita degli anziani del futuro, risulta perciò di primaria importanza la comprensione dei processi fisiologici e patologici legati all’invecchiamento o senescenza.
Cosa si intende con il termine “invecchiamento”? Il termine indica la somma di tutti i cambiamenti (fisiologici, genetici e molecolari) che si verificano con il passar del tempo.
Esistono tre tipi di invecchiamento: 1) “l’invecchiamento patologico, caratterizzato da malattia e disabilità; 2) “l’invecchiamento fisiologico, caratterizzato dall’assenza di una patologia evidente ma dalla presenza di un declino funzionale; 3) “l’invecchiamento di successo, con poca o nessuna perdita fisiologica e assenza di malattia.
In altri termini, la visione dell’invecchiamento come processo multifattoriale complesso ha sostituito le teorie che vedevano una singola causa come responsabile del fenomeno. Si tratta quindi di un complesso di mutamenti che aumentano il rischio di malattia e di morte.
Dal punto di vista della patologia generale, la senescenza (o invecchiamento) è un processo di deterioramento determinato geneticamente e regolato da precise leggi biologiche. In particolare, si manifesta con la diminuzione del trofismo, l’aumento della sensibilità o diminuzione della resistenza agli agenti nocivi, in generale in una diminuzione della “vitalità” del soggetto.
La scienza, in più, distingue la senescenza dell’organismo dalla senescenza cellulare.
La senescenza dell’organismo è caratterizzata da una serie di modificazioni di tipo degenerativo che si stabiliscono a carico dei vari tessuti, organi e sistemi.
La senescenza cellulare è un fenomeno che si manifesta in tempi variabili, con alterazioni strutturali e funzionali che risultano tanto più evidenti quanto più elevato è il grado di differenziazione cellulare raggiunto.
Particolare importanza riveste il ruolo dei radicali liberi, principalmente come causa di un aumento dei fenomeni di perossidazione e conseguente progressiva modificazione delle membrane cellulari. I tentativi di trattare la maggior parte delle malattie età-correlate usando supplementi antiossidanti è stata però fallimentare, nonostante gli effetti positivi di un corretto regime alimentare.
Come sperare, allora, nell’allungamento della vita nei prossimi anni?
L’anno scorso si sono ottenuti importanti successi su questa strada. Il Nobel per la Medicina 2009 ha infatti premiato le ricerche di base che hanno aperto la strada allo studio della longevità. Secondo l’Accademia svedese, il lavoro di Elizabeth H. Blackburn, Carol W. Greider e Jack W. Szostak ha favorito lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per le malattie nelle quali è in gioco l’invecchiamento cellulare. Questi ricercatori hanno infatti scoperto la funzione delle strutture che proteggono le estremità dei cromosomi, chiamate telomeri, e l’enzima che ne determina la formazione (la telomerasi).
Non è stato facile comprendere il meccanismo che protegge i cromosomi durante il processo di divisione cellulare. I tre scienziati sono riusciti in questa impresa, individuando nei telomeri la difesa più importante contro i danni che i cromosomi possono subire nella fase di divisione cellulare, costituendo perciò la protezione più importante contro la degradazione e l’invecchiamento.
La telomerasi sarebbe quindi la chiave per controllare l’invecchiamento cellulare: più la cellula ne produce, più il suo invecchiamento viene ritardato.
Quindi, la senescenza replicativa sarebbe caratterizzata dalla perdita di telomeri. Con ogni divisione cellulare, una piccola quantità di DNA è necessariamente persa alla fine di ogni cromosoma, portando a telomeri sempre più corti.
Perciò si ipotizza che la lunghezza del telomero regoli la durata di vita della cellula.
I meccanismi che definiscono e controllano la durata della vita di un organismo sono comunque complessi, controversi e sconcertanti. Ad esempio, i mitocondri sembrano avere un posto preminente nel processo di invecchiamento, sia perché sono sorgenti di “Ros” (ossia specie di ossigeno reattive) sia perché sono responsabili di attivare segnali che possono attenuare il processo di invecchiamento attraverso ri-arrangiamenti metabolici.
Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che la longevità della progenie dipende dalla longevità dei genitori e dall’età dei genitori stessi all’atto del concepimento.
Ora, facciamo una rapida carrellata degli studi più recenti, riferiti alla longevità e al migliore invecchiamento:
– una ricerca svedese pubblicata sulla rivista British Medical Journal (2009) ipotizza che coloro che si dedicano al giardinaggio hanno un’aspettativa di vita superiore di due anni rispetto agli anziani sedentari;
– uno studio effettuato da ricercatori della Columbia University di New York (2009) giungerebbe alla conclusione che, in età avanzata, si potrebbe mantenere una memoria brillante basandosi sulla dieta mediterranea. Così come i ricercatori dell’Harvard Medical School, in un articolo pubblicato sulla rivista Nature, affermano che la dieta mediterranea allunga la vita, in particolare l’assunzione di vino rosso e olio d’oliva;
– una ricerca pubblicata sulla rivista Journal of Food Science (2008),
dimostrerebbe che la frutta ricca in vitamina C e K (come banane, arance e mele),
è un’ottima alleata nella lotta per la prevenzione della malattia di Alzheimer e per combattere l’invecchiamento;
– uno studio pubblicato sul British Medical Journal (2009) indicherebbe come sia utile iniziare a fare fitness anche da anziani, perché comunque si dimostrerebbe efficace per la salute. Uno studio simile è opera del King’s College di Londra, pubblicato sugli Archives of Internal Medicine (2008);
– uno studio apparso sulla rivista American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine (2009) indica come il fumo di sigaretta porti le cellule del corpo umano ad invecchiare prima del tempo. Secondo il British Medical Journal, i fumatori muoiono in media 10 anni prima dei non fumatori;
– uno studio compiuto negli Stati Uniti e descritto sul New England Journal of Medicine (2009),
sostiene che un’esposizione ridotta alle polveri sottili porta ad un incremento medio nell’attesa di vita (circa 4-8 mesi);
– un’esposizione, anche pregressa, al piombo, mercurio e pesticidi, potrebbe ridurre le capacità mentali in età avanzata. A queste conclusioni giungono alcune ricerche condotte nel 2008 dalla Johns Hopkins University (Usa);
– gli anziani residenti in prossimità di parchi verdi, vivrebbero più a lungo. Ciò è quanto si legge in una ricerca pubblicata sul Journal of Epidemiology and Community Health (2002) ed effettuata in Giappone. Inoltre, la possibilità di passeggiare al di fuori della residenza contribuirebbe al corretto mantenimento funzionale dello stato fisico;
– secondo uno studio di ricercatori svedesi del Karolinska Institute di Stoccolma, apparso sulla rivista Neurology (2009),
coloro i quali hanno una vita sociale molto attiva e dei livelli inferiori di stress, hanno un rischio di demenza inferiore del 50% rispetto ai pari età. Inoltre, secondo l’University College di Londra, in uno studio pubblicato sull’European Heart Journal (2008),
lo stress cronico agirebbe attraverso il sistema nervoso centrale sull’apparato cardiocircolatorio, favorendo l’insorgenza di malattie coronariche (e non solo).

Link
N. FERRARA, G. CORBI, D. SCARPA, G. RENGO, G. LONGOBARDI, F. MAZZELLA, F. CACCIATORE, F. RENGO, Teorie dell’invecchiamento (The aging theories), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, G GERONTOL 2005