Il ponte di Calatrava a Venezia? Ancora inaccessibile

Scritto da Giovanni Del Zanna il 15-09-2010

Venezia, il ponte del nuovo millennio, il quarto ponte sul Canal Grande: il “Ponte della Costituzione” – firmato dal rinomato architetto Santiago Calatrava un ponte bellissimo, ma che ha suscitato molte polemiche, anche in materia di accessibilità.
Difficile fare una sintesi di una vicenda lunga e complessa (la cronologia in fondo potrebbe aiutarvi),
ci sembra utile però tornare sull’argomento, proprio a due anni dall’inaugurazione, per analizzare e riflettere sul modo in cui nel nostro paese si affronta il tema dell’accessibilità.
Il caso del Ponte di Venezia, infatti, è esemplare, sotto molti aspetti, del modo “all’italiana” di concepire un problema di natura innanzitutto culturale prima ancora che tecnica.
Diciamo subito che, al di là delle polemiche e dei costi esorbitanti, il ponte – a nostro avviso – è un progetto riuscito: l’oggetto – un mix di architettura, struttura ingegneristica, scultura – si inserisce bene nel contesto urbano di Venezia, crea un nuovo percorso di accesso al centro storico (tra l’altro molto frequentato) e ha indubbiamente un grande fascino estetico (vedi foto in alto a sinistra).
La nostra riflessione, quindi, non parte da una posizione critica a priori. Tuttavia, ciò non vuol dire che il ponte sia esente da critiche o che lo sviluppo del progetto possa essere un esempio positivo da seguire.
La questione sull’accessibilità nasce, da subito, con riferimento alla normativa, in merito alla percorribilità del ponte da parte delle persone con disabilità in carrozzina.
L’architetto Calatrava – che ha una grande esperienza di ponti, molti dei quali accessibili – schizza, all’inizio, un ponte in parte accessibile, con una passerella, ma la soluzione viene scartata; poi pensa ad un servoscala, anche questo abbandonato, alla fine si arriva a un ponte “inaccessibile”, ritenendo che i disabili possano attraversare il canale con il vaporetto.
Solo in seguito, per le lamentele delle associazioni, viene affrontata di nuovo la questione accessibilità, con una nuova soluzione – non ancora realizzata e alquanto discussa –  che propone una cosiddetta “ovovia” (nella foto a destra, uno dei disegni del progetto).
Riteniamo che un ponte così importante, anche in quanto opera pubblica, debba essere accessibile, ovvero debba essere fruibile da tutti i cittadini, proprio perché pubblico e pagato con denaro pubblico. La questione essenziale non è attraversare il canale (le soluzioni e le strategie per passare da una parte all’altra possono essere molte) ma fruire del ponte, raggiungere la sua sommità dove si trova la “piazza” progettata da Calatrava, nuovo punto di osservazione della città.
Infatti, nella relazione di progetto, si parlava non tanto di un ponte di collegamento, ma di un nuovo accesso alla città, di un nuovo spazio, una piazza sulla sommità del ponte (vedi foto a destra),
in alto sul Canal Grande, concepito come inedito punto panoramico di Venezia.
Siamo andati a Venezia e abbiamo visto il ponte. Merita la visita. Calatrava non smentisce le sue capacità: il ponte, percorso da molte persone, non è solo elemento di collegamento, ma “luogo urbano”, proprio come previsto nel progetto.
Senza entrare nel dettaglio della vicenda (per approfondire, guardate anche i box in fondo),
cerchiamo di arrivare a qualche considerazione sulla vicenda.
Il tema dell’accessibilità non è stato affrontato nella sua pienezza, come avrebbe richiesto un intervento così esemplare. Nessuna riflessione basata sui principi di Universal Design (Design for All),
nessuna attenzione all’Utenza Ampliata. Ma, come spesso accade, ci si è fermati a considerare (anche in modo errato) le indicazioni normative (la normativa, tra l’altro, non considera in modo specifico i ponti),
con una visione miope, limitata solo al problema delle persone in carrozzina.
L’attenzione è stata tutta concentrata sul problema di “attraversare il ponte”, mentre il tema importante, di un’opera di questo tipo, era indubbiamente quello di “godere del ponte”: in questo anche la normativa, nelle sue indicazioni di principio, è molto chiara: un’opera pubblica è di tutti, pertanto tutti ne devono fruire.
Quale cultura abbiamo dell’accessibilità, quale capacità di coinvolgere le associazioni e le competenze degli esperti? Siamo anni luce lontani dall’approccio americano che coinvolge gli utenti in focus group per valutare il progetto e le sue soluzioni prima ancora di aprire  il cantiere. Non ci passa per la mente di coinvolgere esperti, terapisti occupazionali e utenti quali consulenti. Siamo tutti bravi ed esperti, non abbiamo bisogno del consiglio di nessuno, ci limitiamo agli articoli di legge e così progettiamo e realizziamo opere pubbliche “sbagliate” (è questo il termine giusto!) che poi, inevitabilmente, saremo costretti a tenerci così come sono.
Si tratta di un approccio miope che perde di vista l’attenzione ai dettagli: per esempio, i gradini (foto a sinistra) non sono facilmente percepibili, il corrimano sul ponte (foto a destra),
in ottone, bello e costoso, non è continuo, ma interrotto ogni metro, così perde la sua funzione e non è a norma, senza la continuità dell’elemento.
Anche la rampa “per disabili” (foto a destra) – realizzata dalla parte di piazza Roma per collegare la parte alta con il lungo canale – presenta una pericolosa canaletta di scolo laterale che, oltre a raccogliere lo sporco, diventa pericolosa per bastoni, stampelle e ruote di carrozzine (o passeggini). Dettagli estetici, ma non funzionali, che sono indice comunque di cattiva progettazione.
Peccato!
Peccato, perché l’occasione di un ponte nel nuovo millennio (il 2003 era l’anno internazionale delle persone con disabilità) a Venezia poteva dimostrare a tutto il mondo che in Italia abbiamo capito che la popolazione è fatta di persone differenti tra loro, che siamo capaci di prestare attenzione e offrire soluzioni al passo con i tempi, in linea con i principi di Universal Design.
Peccato perché Calatrava poteva dimostrare, nel progetto e nella modifica, che anche ai grandi architetti l’accessibilità sta a cuore, perché chi progetta lo fa non per essere pubblicato sulle riviste, ma per creare oggetti fruibili dall’uomo.
Peccato perché un’amministrazione pubblica – il Comune di Venezia – avrebbe dovuto da subito dialogare con le associazioni e coinvolgerle sul progetto, senza arrivare a soluzioni, come quella dell’ovovia (leggete il box a parte, in basso; a sinistra, un’altra immagine del progetto),
che facendo finta di rispondere alle esigenze delle persone con disabilità, non riesce a “centrare il bersaglio” con il risultato che, come ben dice l’espressione veneta che nel nostro caso calza a pennello, “l’è peso el tacon del buso”.
In aggiunta, per chi ha voglia di approfondire, aggiungiamo una breve cronologia, alcuni link e una breve nota sulla vicenda dell’ovovia. Per commentare e darci la vostra opinione, invece, cliccate sulla stringa in fondo. Vi aspetto.

Breve Cronologia
– 1997 L’architetto Calatrava regala al Comune di Venezia un “progetto” (di massima) del ponte.
– 1999 Il Comune di Venezia incarica Calatrava del progetto esecutivo del ponte
– 2002, 14 novembre Le Associazioni italiane delle persone disabili (rappresentate da Fish e Fand assieme ai progettisti italiani esperti di accessibilità lanciano un appello e lo consegnano al Sindaco di Venezia.
– 2003, 9 gennaio Un gruppo di rappresentati e progettisti incontrano il Sindaco Paolo Costa.
– 2003, 29 maggio I progettisti, su richiesta del Sindaco, consegnano un documento dal titolo “Spunti e idee per l’Accessibilità del ponte di Calatrava a Venezia”.
–  2008, 11 settembre Inaugurazione del Ponte della Costituzione.
–  2010 Il ponte è ancora inaccessibile!

Approfondimenti
I documenti e gli articoli disponibili su Internet su questo riguardo sono molti, tra i tanti segnaliamo:
– il sito di HBgroup (1998-2008) un gruppo di progettisti dedicati ai temi dell’accessibilità che si sono fatti promotori della campagna per l’accessibilità del ponte. In questo sito è possibile trovare il testo dell’appello, le firme di progettisti italiani e stranieri che lo hanno sostenuto, il documento di proposta “Spunti e idee per l’Accessibilità del ponte di Calatrava a Venezia”, foto e disegni del progetto del ponte;
il sito di Calatrava: non c’è molto sul ponte di Venezia, ma si possono vedere gli altri ponti progettati dal noto architetto;
– il Comune di Venezia dedica alcune pagine al Ponte della Costituzione con la storia del ponte, le previsioni di costo (passato da 6,7 milioni di euro a 11,2 + 1 milione per l’ovovia) e una rassegna di foto del ponte finito e delle fasi di costruzione. Una pagina ad hoc è dedicata all’ovovia non ancora realizzata con corredo di disegni e rendering;
– interessante anche la foto del ponte – una foto notturna molto bella, qui a destra –  riportata nel sito di Ferrovie dello Stato – Grandi Stazioni in relazione al progetto di rinnovamento della stazione di S. Lucia a Venezia, tra l’altro con grandi spazi commerciali, resi fruibili proprio dal nuovo ponte;
– ormai famoso il Ponte della Costituzione è riportato anche nell’enciclopedia in rete di Wikipedia;
– Immagini del ponte si trovano facilmente in rete.

Ovovia, questione aperta
Perché un’ovovia a Venezia? Normalmente la si associa a monti e valli innevate: che ha a che fare con un ponte? Premesso che il servoscala non sarebbe stata una soluzione corretta (è poco funzionale, specie se esposto all’aperto in un luogo marino, e non è a norma, in quanto la legge vieta il servoscala nelle nuove costruzioni),
per risolvere la questione dell’accessibilità, la migliore soluzione ipotizzata sarebbe stato un ascensore. Vediamo perché è stata scartata.
Quando nel 2003 associazioni e progettisti hanno incontrato il Sindaco è stato detto subito che il progetto ormai era partito e che al massimo si sarebbe potuto trovare una soluzione “aggiuntiva” per renderlo accessibile. Da qui la richiesta del Sindaco ai progettisti delle associazioni di formulare delle idee.
Non era certo facile modificare il ponte di Calatrava né fare delle correzioni in opera e oltretutto non sarebbe stato deontologicamente corretto nei confronti dell’autore. Per questo è stato proposto  un documento con un ventaglio di idee praticabili.
Alla fine è stata scelta la soluzione numero 4, ossia l’ascensore a lato del ponte, ma poi non se n’è saputo più nulla, fino a quando – anni dopo – è apparsa l’ovovia (per capire come funziona si veda la già citata pagina sul sito del Comune di Venezia).
Al di là del fatto che è costata più di un milione di euro (confermando un’idea errata di costo maggiore “per i disabili”, quando invece il maggior costo è dovuto al fatto di non aver pensato da subito ad un progetto accessibile),
al di là del fatto che doveva essere ultimata per il 2009 e non è ancora funzionante, scopriamo che la cosiddetta ovovia è in realtà una cabina per 2/3 persone trasportata, da un lato all’altro del ponte, da un meccanismo assai complicato. Oltre ad essere lenta e ad assicurare un flusso limitato di persone, questa cabina – che non ferma sul ponte – diventa una sorta di “berlina” in cui le persone disabili sono messe in mostra, passando lungo il bordo del ponte, senza aver la possibilità di accedere al ponte e “viverlo” come fanno tutti gli altri. Era davvero questa la soluzione migliore da adottare? Dal mio punto di vista, la domanda è retorica: voi che cosa ne pensate?

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