La riabilitazione in un "libro bianco"

Scritto da Alessandra Cicalini il 09-07-2010

L’abbiamo scritto di recente anche in un post: la riabilitazione è il futuro prossimo venturo della sanità, una consapevolezza che accomuna ormai tutta Europa. Lo dimostra il Libro bianco sulla medicina fisica e riabilitativa in Europa, presentato ufficialmente lo scorso anno dalla comunità medico-scientifica del Vecchio Continente, in Italia rappresentata dalla Simfer.
Si tratta di un documento piuttosto corposo, contenente dettagliate linee guida sulle migliori strategie da seguire nei prossimi anni per soddisfare da un lato i bisogni della popolazione attualmente disabile, stimata in circa il 10% del totale europeo, e dall’altro quelli degli anziani, destinati a diventare sempre più numerosi. La cosiddetta “ageing society” comporta una probabile crescita dei malati cronici, ai quali urge dare risposte adeguate, cosa che – sostiene il Libro Bianco – non accade in maniera uniforme in tutta Europa.
Che cosa fare, quindi? Il Libro Bianco suggerisce le azioni più importanti.
Innanzitutto, la medicina riabilitativa da loro proposta condivide l’approccio “biopsichico e sociale” dell’Organizzazione mondiale della Sanità: ciò significa, in altri termini, che i sottoscrittori del documento si impegnano a ridurre il più possibile le conseguenze della disabilità, favorendo al massimo l’integrazione sociale di chi ne soffre. Concretamente, una filosofia di questo genere cerca di rimuovere le condizioni ambientali e personali che danneggiano la qualità della vita dei pazienti. Ai Governi il Libro Bianco ricorda perciò che l’accesso alla riabilitazione è un diritto umano di base, riconosciuto dalle Nazioni Unite in via ufficiale già dal 1993 e riaffermato dieci anni dopo in occasione dell’Anno europeo della disabilità e in coincidenza con la 58 esima Risoluzione dell’Assemblea mondiale della Sanità, nel 2005. Da quel momento, diversi Stati europei si sono dotati di leggi anti-discriminazione (in Italia la legge è arrivata nel 2006, come ha raccontato Gaetano De Luca) a vantaggio dei malati, dei familiari e dei caregiver. Ed è per tutte queste ragioni che la medicina riabilitativa erogata in Europa dovrà sempre più rispondere ad alti standard di cura e ricerca. In particolare, è fondamentale implementare l’uso delle tecnologie a beneficio dei malati. Per esempio, non tutti sanno che nelle terapie post-ictus si parla già da tempo di esoscheletro e di altri metodi “hi-tech” a favore della mobilità corporea. A questo proposito, il documento suggerisce di rafforzare la comunicazione sull’importanza della riabilitazione: la Simfer l’ha di recente ribadito – su Salute della Repubblica dell’8 giugno scorso – proprio in merito a chi ha subito un ictus, sostenendo che la maniera migliore per aiutare questo tipo di pazienti è spostarli prima possibile dal reparto acuti e cominciare alla svelta la riabilitazione. Stare troppo tempo in un ambiente troppo ansiogeno potrebbe infatti rallentarne la ripresa. In generale, bisognerà promuovere la cultura della riabilitazione, puntando sull’integrazione tra persone normodotate e disabili anche all’interno del medesimo mondo sanitario. In questo modo, conclude il Libro Bianco, si rafforzerà il benessere della collettività.