Salute e benessere dell'anziano, strategie a tutto tondo

Scritto da Massimo Tanzi il 30-05-2011

L’Europa e l’Italia invecchiano rapidamente: a conferma, eccovi alcuni dati riferiti al 2003-2004.
Sette anni fa, nel nostro Paese, su 100 persone i tra 55 e i 64 anni, solo 31 lavoravano contro le 41 in Francia, 43 in Germania, 57 in Gran Bretagna e 70 in Svezia. Nello stesso periodo, la longevità e il tasso di dipendenza senile sono passati nel nostro Paese dal 13,3% nel 1960 al 26% nel 2003 e si arriverà al 48% nel 2030. Andando avanti a questo ritmo, si prevedono in Italia per il 2025 solo due persone in età lavorativa per ogni anziano. Come si regge una società strutturata in questo modo? Puntando sulla speranza di salute, più che su quella di vita. Che cosa significa questa affermazione? Vediamolo insieme.
l’Italia è una delle nazioni con il più elevato guadagno di anni di vita: ogni dieci anni, la vita media si allunga di circa tre anni. A fronte dei livelli conseguiti, il prezzo pagato alla longevità è quantificabile in circa 3 anni di vita per gli uomini e 5 anni di vita per le donne vissuti in condizioni di disabilità.
La rotta tracciata potrebbe essere invertita dal contemporaneo aumento di un altro fenomeno nel nostro Paese: l’immigrazione di giovani stranieri da altre parti del mondo. Tuttavia, almeno per ora, stanno diminuendo le potenzialità di cura da parte delle famiglie, in relazione ai reali bisogni e alla minore coesione sociale, dovuta anche alla precarizzazione dell’economia del lavoro.
Già nel 1999, in epoca pre-Euro quale moneta unica Europea, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in occasione della propria Giornata Mondiale, propose alla platea internazionale lo slogan “Active aging” (invecchiamento attivo).
Ai tempi, probabilmente, non era ancora chiaro in termini economici quanto politiche di questo tipo avrebbero positivamente influito sul risparmio economico della collettività. A distanza di anni, la realtà ce l’ha mostrato più chiaramente. Pensiamo agli effetti deleteri per anziano derivanti dall’isolamento e dall’inattività.
Introdurre modificazioni permanenti negli stili di vita dei pazienti è notoriamente un’impresa difficile. Addirittura, fino a un passato anche recente, si è negato che rimanere il più a lungo possibile attivi avesse qualche beneficio anche in età avanzata.
Per fortuna, da qualche tempo si è cominciato a capire che i reali bisogni, specie delle persone anziane, non sono più solo di salute, casa e lavoro, ma anche di nuovi servizi e nuove opportunità di cura, mobilità, socialità, informazione, cultura, comunicazione.
Appare, di conseguenza, fondamentale identificare i primi segni di fragilità nell’anziano e adottare le opportune misure per ridurre gli effetti negativi dei fattori che li determinano.
In termini semplici: migliorare la qualità della vita dell’anziano significa diminuire i costi dell’assistenza.
Basti pensare che l’Italia destina più della metà della spesa farmaceutica e delle risorse sanitarie alla salute degli anziani.
Ciò si esplicita nel valorizzare le competenze del singolo individuo e le reti delle sue relazioni sociali.
Il supporto sociale e familiare sono importanti fattori di stabilità e di protezione nell’adattamento alla malattia cronica, valorizzando l’estensione della rete di conoscenze e la sua effettiva accessibilità.
Inoltre, è molto sentito anche il bisogno di conforto spirituale perché la religione è considerata a tutti gli effetti una strategia che permette al paziente anziano di proteggere il senso di coerenza della propria vita, favorendo l’attribuzione di un significato esistenziale o trascendentale alla malattia.
Sono effettivamente quotidiane le occasioni di rilassamento che un anziano ottiene attraverso la preghiera o la meditazione.
l’attivazione delle comunità locali richiede un impegno costante da parte di tutti, per garantire e migliorare l’integrazione dell’anziano, sia da un punto di vista gestionale che professionale (valorizziamo il bagaglio di esperienze di chi non è più giovane e ne sa probabilmente più di noi!).
Alla base di tutto, deve posizionarsi la possibilità di offrire servizi e interventi che rispondano in maniera adeguata, flessibile e personalizzata alle esigenze dell’anziano.
Ben vengano, quindi, le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale, gli enti senza fini di lucro.
Bisogna sostenere la volontà delle persone anziane, anche all’interno del loro domicilio, recuperando e ricostruendo, se necessario, le reti famigliari, sociali, di vicinato e di prossimità.
Si tratta fondamentalmente di un approccio culturale, basato sulla promozione di stili di vita sani e attivi, aumentando le occasioni di socializzazione e di partecipazione, favorendo gli scambi intergenerazionali e interculturali.
Il tutto si traduce in maggiore coesione sociale; in termini di “economicità”, ciò significa: 1) ritardare la non autosufficienza; 2) ridurre le spese sanitarie.
Risulta fondamentale la dotazione uniforme sul territorio di servizi sociali e sanitari in grado di gestire l’annoso “problema dell’anziano” e l’assistenza dell’anziano “fragile”.
Per quanto riguarda l’invecchiamento fisiologico, processo universale e inevitabile, controllato solo in parte da fattori genetici, è noto che alimentazione e attività fisica sono in grado di modularlo, agendo sull’equilibrio ossidazione/antiossidazione e infiammazione/anti-infiammazione e riducendo mortalità e disabilità, aumentando la durata della vita anche di 2 anni rispetto alle persone sedentarie.
E’ fondamentale, inoltre, l’uso di strategie cognitive per contrastare il deficit della memoria.
Infatti, si può affermare che i segni dell’invecchiamento possono essere suscettibili di prevenzione, puntando con forza alla correzione degli stili di vita sbagliati attraverso strategie attuali (come il training cognitivo, psicomotorio e sociale) efficaci almeno nel ritardare la comparsa dei disturbi età/associati (demenza, aterosclerosi, osteoporosi, neoplasie, sarcopenia e debolezza muscolare, in sintesi, la disabilità).
Sono considerati elementi positivi, per la salute e il benessere dell’anziano, la responsabilizzazione e l’attribuzione di un corretto ruolo decisionale a chi “non è più giovane”.
Bisogna porre al centro dell’attenzione la prevenzione degli infortuni, degli incidenti stradali e delle malattie soprattutto cardiovascolari. Occorre tentare di ridurre il divario tra ambiente ostile e diverse abilità che si manifestano con l’età.
Gli strumenti positivi nel miglioramento della qualità di vita (e lavoro) nell’anziano possono essere molteplici, non trascurando il “ristoro musicale”, la classica passeggiata e
le interazioni sociali volte al mantenimento/recupero delle funzioni cerebrali.
Bisogna rispettare la corretta alternanza tra impegno, divertimento e riposo.
Quindi, l’attività motoria e l’alimentazione costituiscono elementi fondamentali per il mantenimento della salute; costituiscono un concetto base, risalente fin dalla nascita della medicina moderna, riconosciuto universalmente già nell’antica medicina greca.
E’ importante tornare a praticare, o imparare ex novo, delle attività motorie come andare in bicicletta, nuotare, camminare su sentieri, ballare. Così come svolgere, anche autonomamente, esercizi di mobilizzazione articolare e di stretching, imparando a sollevare e spostare oggetti in modo corretto.
A tale scopo, bisogna anche incentivare le attività con i nipoti e con gli amici, per creare situazioni di stimolo diversificato, non solo motorio.
Non dimentichiamo quanto sia importante eseguire una respirazione regolare, durante lo svolgimento dell’attività fisica: ciò permette di limitare le variazioni della pressione arteriosa, indotte dalla contrazione muscolare anche intensa.
Inoltre, una pratica motoria non eccessivamente ripetitiva ha il duplice scopo di: a) mantenere elevate le sollecitazioni diversificate; b) agire sull’autostima, facendo sperimentare con successo nuove attività.
Quindi, è fondamentale svolgere delle attività in base alle stagioni climatiche, ricorrendo ad opportunità concrete e sollecitando i gruppi di anziani al gioco anche con i bambini.
Una regolare attività aiuta a prevenire e a ritardare la diminuzione dell’equilibrio e della coordinazione, fattore legato all’età, la quale rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le cadute.
Non dimentichiamo che un’attività fisica regolare può ridurre stress e ansia, migliorando il tono dell’umore e riducendo i tempi di reazione.
Nei soggetti affetti da demenza, la ginnastica “dolce” attraverso sollecitazioni sensoriali e stimoli alla comprensione dell’ambiente nel quale si esplica, può essere utile ad incrementare o perlomeno mantenere le abilità residue complessive, non ultimo favorendo anche gli aspetti di relazione sociale.
In generale, uno stile di vita attivo dal punto di vista fisico, spinge a frequentare ambienti stimolanti, necessari per mantenere un adeguato ruolo nella società e ad acquisire nuovi stimoli positivi. Inoltre, l’attività fisica offre l’opportunità di contatti intergenerazionali, diminuendo così la percezione stereotipata dell’invecchiamento.
La valutazione globale dell’anziano deve porre in essere delle strategie efficaci, basate su interventi multidirezionali, con interventi mirati anche alla dimora dell’anziano stesso, se ad alto rischio di disabilità, combinando la valutazione dei fattori potenzialmente pericolosi (e le conseguenti modificazioni ambientali),
in modo tale da poter fornire una corretta risposta alle difficoltà funzionali, motorie e psicoaffettive del soggetto in esame.
Infine, la stimolazione multisensoriale deve anche essere, se possibile: 1) visiva (cineterapia); 2) uditiva (musicoterapia); 3) gustativa (assaggio di alimenti); 4) olfattiva (profumi); 5) affettiva (feste); 6) grafica (disegno libero); 7) tattile e manuale (gestione di piante in terrazzo, orto o giardino); 8) di benessere personale (massaggi e cura del corpo); 9) con attività esterne (uscite e passeggiate).
Questi interventi possono contrastare la progressiva compromissione delle abilità residue, favorendo l’inserimento sociale, evitando l’isolamento e l’aggravamento della depressione, riducendo i disturbi comportamentali, facilitando l’incremento di alcune strategie adattative necessarie ad affrontare situazioni stressanti.
Si può ottenere un aumento della performance cognitiva e funzionale anche in quei soggetti con grave demenza, per i quali solitamente si esclude un qualsiasi margine di miglioramento.

BIBLIOGRAFIA
– Raffaele Fabrizio, Regione Emilia Romagna – Assessorato politiche per la salute: Le strategie per la promozione della salute nell’anziano del Piano Sociale e Sanitario Regionale, Bologna 20 gennaio 2010;
Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità, Volume 16 Numero 11 novembre 2003 ISSN 0394-9303: La salute dell’anziano, tra cura ed assistenza;
– G. Savorani, U.O. Geriatria Cucinotta, Dipartimento di Medicina Interna e dell’Invecchiamento, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico “S. Orsola-Malpighi”, Bologna: Lavoro, precarietà, invecchiamento e salute. G GERONTOL 2006;54:561-565;
La promozione dell’attività fisica nella popolazione anziana, Sintesi del corso di formazione per i Medici di Medicina Generale dell’Ulss 20 di Verona giugno 2001 aprile 2002, GlaxoSmithKline;
– Psicogeriatria, Supplemento Numero 1 gennaio/aprile 2010:
Il contributo della psicologia della salute alla riabilitazione geriatrica: la valutazione delle risorse psicologiche.
Le cadute dell’anziano fragile: progetto integrato di prevenzione a domicilio; Ruolo dei fattori di rischio cardiovascolare nel Mild Cognitive Impairement (MCI). Attività fisica e capacità residue nella persona affetta da demenza: studio pilota. Caratteristiche cliniche e pattern di miglioramento nella deambulazione in una popolazione di ultra-novantenni ricoverati in un reparto di riabilitazione. La qualità di vita in soggetti anziani affetti da grave demenza: la stimolazione multisensoriale in un nucleo Alzheimer.

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