Disfunzione fisica - Osteoporosi

Scritto da Massimo Tanzi il 26-09-2011

La rieducazione riveste un ruolo essenziale nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi, soprattutto nella gestione delle fratture su base osteoporotica, perché le sollecitazioni meccaniche indotte migliorano il trofismo dell’osso e riducono la frequenza e la gravità delle cadute potenzialmente pericolose.
La caduta è un evento multifattoriale, che risulta dall’interazione di fattori intrinseci, legati alle abitudini fisiche e mentali dell’anziano, con fattori estrinseci legati all’ambiente. In effetti, l’anziano può avvertire una sensazione di insicurezza che è all’origine di una diminuita attività, di un isolamento sociale, di una perdita di autonomia e di uno stato ansioso/depressivo.
Tutte le persone anziane rischiano di cadere, ma le cause ed i fattori di rischio con le relative conseguenze sono diversi, così come le strategie di prevenzione sono diverse. Quindi, le modalità della rieducazione dipendono dallo stato generale del soggetto/paziente.
Le evidenze scientifiche sono tutte orientate a privilegiare il movimento corretto, anziché favorire la limitazione del movimento stesso. Basti pensare che più fonti, in letteratura medico/scientifica, considerano la ripresa del lavoro, o più in generale della socialità, non solo un obiettivo importante, ma una parte integrante del trattamento stesso.
Il trattamento riabilitativo, adeguato all’ambiente di vita quotidiana dell’anziano, ne corregge e migliora l’equilibrio e la coordinazione, rendendo il suo agire armonico e modificando le posture senza interrompere l’abituale organizzazione della gestualità nello stare in piedi, nello spostarsi, nel camminare, nel sedersi, evitando reazioni muscolari toniche, spesso a scatti e scomposte.
Infatti, in ragione di una sensazione corretta di “benessere”, è possibile selezionare i giusti movimenti che un anziano deve eseguire, mentre le tensioni e le rigidità impediscono l’organizzazione del movimento e consolidano posture male organizzate, legate alla precarietà dell’equilibrio.
Il controllo della postura può essere ottenuto con la rieducazione propriocettiva, che contribuisce nella costituzione di un corretto schema corporeo, attraverso una “riprogrammazione sensitivo/motoria”. La rieducazione, quindi, non deve essere più costrittiva ma propositiva, agendo sull’equilibrio, sull’allenamento delle reazioni di adattamento alle destabilizzazioni, sulla rapidità delle reazioni e quindi delle risposte. Appaiono più efficaci nel mantenimento di un corretto trofismo osseo (= sono più osteogenici) i carichi di lavoro intermittenti rispetto ai carichi continui.
Alcuni ricercatori hanno evidenziato che il tessuto osseo si adatta al variare delle sollecitazioni entro un certo limite, mentre il sovraccarico meccanico ha un effetto deleterio, provocando anche fratture da fatica. Esiste quindi una soglia per la Densità Minerale Ossea (acronimo anglosassone: BMD),
superata la quale il lavoro meccanico ne determina una diminuzione. E’ stato studiato questo effetto negli over 50, concludendo che per le donne la soglia corrisponde a tre ore e mezza settimanali di attività fisico/riabilitativa, mentre nell’uomo corrisponde a cinque ore.
In campo riabilitativo, gli esercizi proposti devono essere adeguati individualmente, affinché il carico meccanico sia osteogenico e rimodellante; quindi saranno:
1) eseguiti con contrazioni muscolari continue, senza indurre sollecitazioni eccessive sulle articolazioni;
2) superiori ad una soglia minima efficace, evitando però gli eccessi, in quanto determinanti nel produrre un osso di minor resistenza meccanica;
3) applicati in modo intermittente e non statico: in compressione (forza di gravità) alternata alla trazione (forza muscolare);
4) applicati con una certa rapidità di esercizio, seguiti da fasi di sospensione/riposo;
5) sito-specifici, in quanto gli esercizi proposti riguarderanno soprattutto le regioni scheletriche più esposte a fratture, come l’estremità distale del radio, i corpi vertebrali e l’estremità prossimale del femore.
In ogni caso, bisogna ricordare agli anziani ed ai loro familiari di evitare sempre certi movimenti, soprattutto in presenza di osteopenia/osteoporosi o pregresse fratture su base osteoporotica: in particolare vanno evitati i movimenti bruschi e le flessioni in avanti del tronco, perché aumentano le sollecitazioni indotte sui corpi vertebrali ed aumentano il rischio di cedimenti ossei (corpi vertebrali in particolare).
Inoltre, la rieducazione delle fratture su base osteoporotica ricalca gli abituali protocolli di recupero, privilegiando il lavoro attivo diretto al recupero della funzione piuttosto che dell’articolarità distrettuale.
In particolare, l’approccio cognitivo-comportamentale deve porre l’accento su alcuni aspetti, più evidenti nel coinvolgimento della colonna vertebrale e del femore; bisogna:
a) ascoltare l’anziano/paziente, facendogli percepire che crediamo a ciò che ci dice riguardo al suo dolore;
b) rassicurarlo rispetto a pensieri negativi e convinzioni errate;
c) fornire i necessari chiarimenti, rendendolo consapevole della possibilità di gestire e non subire il proprio dolore;
d) concordare gli obiettivi effettivamente realizzabili, documentando i progressi;
e) porre enfasi sull’auto-trattamento, rendendo il paziente primo attore del proprio recupero.
Le linee guida per la diagnosi, prevenzione e terapia dell’osteoporosi prevedono, tra gli interventi non farmacologici, l’impiego di ortesi e l’educazione del paziente in merito ai rischi domestici di caduta.
Le ortesi sono dispositivi medici finalizzati al recupero di una funzione corporea in quanto aumentano e migliorano la funzionalità e la capacità biomeccanica di parti del corpo presenti ma deficitarie. Non devono compromettere la sicurezza e la salute degli utilizzatori, devono fornire quelle prestazioni per le quali sono state progettate e costruite; devono essere corredate dalle informazioni necessarie per garantire un’utilizzazione sicura.
Non esiste un’ortesi giusta per tutti i pazienti, ma tutti i pazienti hanno il diritto ad avere la giusta ortesi.
Le ortesi della colonna vertebrale possono essere semirigide (es.: busti in tela armata) o dinamiche.
Le prime controllano il movimento, riducendolo senza  bloccarlo completamente. Le ortesi dinamiche sono confezionate in tessuto elastico con stecche flessibili e sono in grado di adattarsi all’anatomia del paziente, controllandone il movimento senza costrizioni.
Oltre all’azione strettamente meccanica delle ortesi, esse controllano i movimenti impedendo gli atteggiamenti scorretti e migliorando le posture del corpo attraverso una funzione di “promemoria”: favoriscono cioè una continua stimolazione positiva sulla muscolatura paravertebrale, riducendo in parte la contrattura e contribuendo a far sentire i pazienti sicuri e tranquilli durante l’esecuzione dei movimenti.
La terapia ortesica è utilizzata nel trattamento conservativo in soggetti affetti da patologie degenerative dell’anca, così come nel decorso post-chirurgico (osteosintesi, endoprotesi, artroprotesi),
dettato anche da fratture del femore su base osteoporotica. Le ortesi coxo-femorali sono dispositivi tecnici che si posizionano sulla superficie dell’anca e del femore per sostenere la zona coxo-femorale.
In base ai materiali con i quali sono costruite, le ortesi coxo-femorali si suddividono in ortesi rigide (costruite in plastica, metallo o vetroresina) ed ortesi dinamiche (costruite in tessuto elastico).
Per le sue caratteristiche costruttive, risulta più utilizzata l’ortesi dinamica, che appare in grado di stabilizzare l’articolazione coxo-femorale, le articolazioni sacro-iliache e la cerniera lombo-sacrale, favorendo una deambulazione più corretta. Nei pazienti protesizzati, è inoltre in grado di svolgere un effetto psicologico positivo permettendo un recupero più precoce e una deambulazione più sicura.
Per quanto riguarda l’ergonomia e le modifiche ambientali, la maggior parte degli accorgimenti utili per condurre una vita migliore e più sicura si rivolgono alla casa, essendo lo spazio nel quale si trascorre la maggior parte della giornata e le cui modifiche dipendono principalmente dalla volontà positiva di chi ci abita.
E’ necessario assicurare una buona illuminazione in tutti i locali, ponendo attenzione affinché l’intensità e la sede delle fonti di luce siano tali da evitare i riverberi e le zone d’ombra; gli interruttori devono essere posti in punti e ad altezze facilmente accessibili.
A terra non devono essere lasciati oggetti, quali scarpe, vestiti o fili elettrici. I tappeti dovrebbero essere aboliti o per lo meno essere dotati di una gomma antisdrucciolo, applicabile anche a piccole tovaglie, piatti ed utensili vari, per evitarne lo scivolamento.
Quando per la facile affaticabilità o per la paura di cadere si sente la necessità di doversi appoggiare, è utile pensare ad un ausilio: un bastone, una o due stampelle canadesi, un deambulatore (walker) nelle sue diverse conformazioni, un sollevatore/montascale, una carrozzina. Questi ausili devono rispecchiare le esigenze dell’anziano/paziente e devono essere specifici per l’impiego nell’unità abitativa ed in ambienti esterni, onde evitare la difficoltà o l’impossibilità ad uscire, dovute alla presenza di ostacoli nell’ambiente circostante che possono rappresentare delle vere e proprie barriere architettoniche.
E’ doveroso predisporre le scale con sicuri corrimani, dotando gli scalini di strisce antisdrucciolo, eventualmente colorate perché siano più visibili.
Quando si è in camera e ci si alza dal letto, è opportuno trascorrere qualche secondo seduti sul bordo del letto stesso prima di mettersi in piedi: un po’ di pazienza è sempre utile per prevenire fenomeni di ipotensione arteriosa e, di conseguenza, il rischio di caduta. Inoltre, per facilitare l’assunzione della stazione eretta, è utile controllare la corretta altezza del letto da terra.
Anche di notte, bisogna assicurare una sufficiente illuminazione nei locali, fondamentale ausilio per chi ha necessità di alzarsi e camminare, ad esempio, verso il bagno. In questo locale, si accudisce sé stessi; poiché questa attività costituisce una ginnastica quotidiana, bisogna ricorrere ad utensili di uso comune, quali pettini, spazzole e spugne, adattati per consentire un risparmio ergonomico ed evitare movimenti bruschi o posture che possano portare ad una perdita di equilibrio durante la cura della persona.
Sempre in bagno, per evitare cadute accidentali, è consigliabile dotare la doccia o la vasca di un tappeto antiscivolo, di maniglie a cui ci si può tenere ed eventualmente di un piccolo seggiolino in plastica.
Per facilitare l’uso del WC nel sedersi e nel rialzarsi, si può applicare un alza-water, eventualmente dotato di braccioli.
E’ importante eliminare la chiusura a chiave od altri blocchi alla porta del bagno, per garantire l’accesso in caso di emergenza.
Inoltre, per raggiungere piccoli oggetti mentre si è seduti al letto o in poltrona, senza bisogno di chinarsi o sporgersi, può essere utile una pinza prensile.
Le pantofole devono essere chiuse sul retro e le calzature devono avere il tacco in gomma (basso per le signore) e suola antisdrucciolo. Sono reperibili in commercio attrezzi (quali calzascarpe allungati, sfilascarpe, infilacalze, ecc.) che consentono da seduti di indossare o togliere più facilmente scarpe e calze senza sbilanciarsi, riducendo il rischio di perdere l’equilibrio.
In cucina e nei locali abitati durante il giorno, è molto importante la disposizione dei mobili e degli elettrodomestici, perché questi elementi dovrebbero essere collocati in modo tale da permettere di compiere pochi spostamenti e di eseguirli con sicurezza, anche con gli ausili. Bisogna applicare gommini alle gambe delle sedie, allo scopo di evitare che queste possano spostarsi quando ci si sta sedendo o appoggiando.

Bibliografia:
– Adami S., Nuti R. (eds.): Linee Guida per la diagnosi, prevenzione e terapia dell’osteoporosi. Sinossi. Edimes: Pavia, 2006, p.44;
– M.Monticone, S.Negrini, M.Romano, I.Minari: “Le ortesi nella riabilitazione dell’adolescente e dell’adulto con patologie del rachide”. In: La riabilitazione nelle malattie reumatiche. Percorsi clinici, progetto e programma riabilitativo;
– S.Negrini, M.Monticone, C.Paroli, C. Trevisan: “Le ortesi per le patologie del rachide dorsale”. In: S.Negrini: l’ipercifosi e le patologie del rachide dorsale. Monografia di aggiornamento GSS 2003 – Vigevano;
– Van Schoor N.M.: “Prevention Of Hip Fractures By External Hip Protectors” JAMA 2003; 15:1967-62;
– Michel BA., Bloch DA., Fries JF: Weightbearing exercise, overexercise and lumbar bone density over age 50 years. Arch.Intern.Med.1989;149;2325-2329;
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