Radiografia, quando farla e perché

Scritto da Massimo Tanzi il 29-04-2011

Nella pratica clinica ambulatoriale, ancora oggi non è raro valutare pazienti che abbiano già effettuato degli accertamenti spesso non consoni alla reale dimensione della problematica clinica oggetto della visita, forse sulla spinta di luoghi comuni non condivisibili dalla classe medica.
Cerchiamo di fare chiarezza.
Esistono, nell’ambito della diagnostica per immagini dell’apparato muscolo-scheletrico, diverse indagini strumentali: l’Ecografia, la Radiografia tradizionale, la Tomografia Computerizzata (TC),
la Risonanza Magnetica (RM),
la Scintigrafia, la Mineralometria.
In particolare, la Radiografia è nata (ormai più di un secolo fa) sulla base del rilevamento, su di una pellicola fotografica, delle radiazioni X residue che non sono assorbite nel passaggio attraverso il corpo umano: si tratta quindi di una documentazione statica del distretto corporeo in esame; fornisce un’immagine di come appare “in quel momento” la parte del corpo oggetto dello studio.
Attraverso la Radiografia, si ottiene un’immagine bi-dimensionale (piana) dell’oggetto dello studio: per questo motivo un esame radiologico comprende diverse proiezioni che, come diverse fotografie, permettono di vedere una parte del corpo da diversi “punti di vista”, al fine di localizzare esattamente nello spazio ciò che si vuole valutare.
Una regola basilare è quella di effettuare almeno due proiezioni ortogonali (perpendicolari),
al fine di ottenere una visione geometricamente completa.
In sostanza, la Radiografia è una tecnica semplice, veloce, poco invasiva e costosa, considerando anche l’attuale possibilità di “digitalizzare” le immagini su CD, che può essere letto da qualsiasi computer di uso comune.
La radiografia tradizionale dello scheletro è la più antica forma di applicazione radiologica, resa possibile dalla radio-opacità delle ossa, ricche in contenuto di calcio.
Il ruolo della diagnostica, in particolare radiologica, nella patologia articolare è quello di dimostrare l’assenza o l’esistenza di un’affezione osteo-articolare, così come l’eventuale presenza di una patologia extra-articolare responsabile del coinvolgimento dell’apparato scheletrico (ad esempio: la cosiddetta spalla dolorosa, le entesiti inserzionali, le sindromi algo-distrofiche).
La Radiografia deve essere utilizzata, in diverse patologie muscolo-scheletriche, come prima indagine valutativa strumentale.
Ne sono un esempio: la già citata spalla dolorosa; le patologie della colonna vertebrale, del bacino, dell’anca, del ginocchio, delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi (prima fra tutte la patologia artrosica).
Non bisogna dimenticare che, per effettuare una diagnosi specifica, nelle fasi precoci bisogna associare alle indagini radiografiche, se ritenuto necessario dal medico, esami laboratoristici (ematici) da associare all’imprescindibile valutazione clinica.
Nell’artrosi, la radiografia tradizionale permette di porre correttamente la diagnosi, evidenziando lo stadio evolutivo della malattia (cioè: presenza di restringimento dell’inter-linea articolare per progressiva distruzione della cartilagine articolare; addensamento osseo subcondrale – o sottocartilagineo – dovuto al tentativo dell’osso di effettuare un rimodellamento riparativo; presenza di osteofiti nel tentativo di distribuire il carico articolare ai margini dell’articolazione stessa; presenza di geodi ossei o pseodo-cisti, che si formano per necrosi dell’osso sottocartilagineo e conseguente penetrazione del liquido articolare/sinoviale nell’osso stesso).
La Radiografia ha un importante significato nelle lussazioni articolari e nel riconoscimento della patologia ossea fratturativa, anche micro-traumatica da stress ripetuto (ad esempio, in chi cammina o corre per tempi prolungati su superfici dure con calzature non idonee: cedimento da fatica) o su base patologica (ad esempio in presenza di osteoporosi, tessuto tumorale o pseudo-tumorale nel contesto dell’osso stesso). Così come ha importanza nell’evidenziare eventuali distacchi osteo-cartilaginei parcellari, nelle forme spesso di natura traumatica a livello articolare.
E’ importante per valutare il grado di riparazione di una frattura o di una guarigione ritardata o incompleta (pseudo-artrosi) conseguente a un’immobilizzazione inadeguata, ad una fusione ossea distrettuale insufficiente oppure ad un’infezione sovrapposta.
Bisogna tuttavia ricordare che, per un’approfondita e completa valutazione della cartilagine articolare, la Risonanza Magnetica (RM) permette di riconoscere quella componente cartilaginea non evidenziabile con altre metodiche. Essa precede la valutazione artroscopica, che costituisce il “gold standard” (ossia la tecnica di riferimento),
anche per la sua possibilità di azione chirurgica diretta sulla superficie articolare (cartilaginea) valutata.
Concludendo, la diagnostica per immagini, in primis le indagini radiografiche, deve arrivare quanto più possibile a una diagnosi di certezza, anche per escludere eventuali lesioni ossee tumorali benigne o maligne, suggerendo/indicando il percorso diagnostico-terapeutico conseguente.

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